Gli unici muri indistruttibili sono quelli nella nostra mente

Riportiamo l’intervento di introduzione alla serata di solidarietà con la Palestina con la presenza del regista palestinese Mohamed Alatar da parte di “Campagna contro l’intitolazione a Ben Gurion del ponte di Crescenzago”:

Nel manifesto di indizione di questa serata abbiamo citato una riflessione, che Mohammed ha espresso in una sua intervista:

Gli unici muri indistruttibili sono quelli nella nostra mente”.

Ecco, crediamo che questa riflessione sia una lente con cui leggere le ragioni e motivazioni di quanto successo il 7 ottobre.

La lotta del popolo palestinese, ci sta insegnando che quel muro, una prigione a cielo aperto, eretto per espropriare terre, acqua, libertà di movimento, lavoro e dignità ad un popolo che, da oltre 75 anni, è sotto il dominio coloniale di Israele che lo vorrebbe cancellare non solo dalla cartina geografica, ma dalla storia, può essere distrutto anche quando di fronte c’è l’esercito più moderno, sofisticato e tecnologico del mondo e l’appoggio gridato o silenzioso della maggioranza dei governi e delle cosiddette democrazie.

Il 7 ottobre non è stato un inizio, ma una tappa, più feroce e cruenta di un progetto di pulizia etnica iniziata e pianificata già nella prima guerra del ’48 dai vertici del sionismo e dell’haganhà, con la cacciata manu militari di 700/800mila palestinesi dalla loro terra (1/2 della popolazione) e venduta massmediaticamente da Israele, in un tentativo di distruzione della memoria storica, come esodo volontario dei palestinesi.

Pulizia etnica continuata nel ’67 con l’occupazione di Gaza e della Cisgiordania, in cui furono cacciati sempre con la forza militare 300.000 palestinesi dai loro territori… altra tappa di un processo che non si è mai fermato in questi 75 anni, ma che ha seguito il piano di priorità che Israele si dava

e che ha significato non solo cacciare i palestinesi distruggendo villaggi, coltivazioni, collegamenti, espropriando terre, ma una penetrazione continua, militare, di insediamenti di coloni, di avamposti, chek point, muri dell’apartheid, oltre a forte repressione e omicidi sistematici.

Da settembre 2000 al 6 ottobre 2023, giorno prima dell’attacco, solo a Gaza sono stati uccisi 7.783 palestinesi, e in tutti i territori occupati, compresa Gerusalemme, sono stati 10.655 i palestinesi ammazzati dall’esercito ma anche dai coloni.

Se si guarda poi la situazione dei detenuti i dati sono esorbitanti: l’ ultimo dato risalente a fine gennaio di quest’anno, parlano di 4.336 palestinesi arrestati nelle prigioni, di 416 nelle mani dell’esercito, di 986 detenuti in via amministrativa, e 292 sempre nelle mani dell’esercito perché entrati illegalmente in Israele per lavorare.

Si può dire, senza essere smentiti, che le uccisioni e le detenzioni sono un’altra forma di pulizia etnica che la politica coloniale sionista utilizza e non dal 7 ottobre.

Cade così il mantra massmediatico del “diritto alla difesa” tanto sbandierato da Israele e fatto proprio da tutte le “democrazie” occidentali e USA, che tenta di capovolgere la realtà trasformando Israele da oppressore in oppresso, da predatore in depredato, da aggressore in aggredito.

Ma quello che Israele sta continuando a mettere in pratica è una guerra di sterminio, utilizzando, in questa fase, l’attacco del 7 ottobre ad opera della resistenza palestinese, come se fosse l’atto primo di uno scontro circoscritto ad un unico soggetto, Hamas, e non espressione della lotta di un popolo, che va avanti da circa un secolo, contro il regime coloniale sionista con chiare connotazioni razziste e classiste, costruito, da accordi a tavolino, dai paesi europei a controllo e salvaguardia degli interessi capitalisti ed imperialisti nell’area medio-orientale.

Dietro l’obiettivo militare dichiarato di far fuori Hamas, sta il vero obiettivo strategico: colpire e terrorizzare la popolazione civile, applicare un terrorismo di Stato per spingere la popolazione ad andarsene, e, come affermato nel 2014 da politici e i membri dell’establishment della sicurezza, marchiare a fuoco la coscienza palestinese”, affinché ogni palestinese ricordi esattamente chi comanda e non osi opporre resistenza. Si continua ad utilizzare la cosiddetta “Dottrina Dahiya” elaborata dall’esercito israeliano nel 2006 in Libano e utilizzata nelle operazioni successive, che si basa su attacchi sproporzionati anche contro strutture e infrastrutture civili.

I 14.000 palestinesi uccisi, i 2000 dispersi e i 35.000 feriti dal 7 ottobre ad oggi, di cui la maggioranza bambini e giovani (8.176), sono la prova evidente del genocidio che si sta commettendo in terra palestinese.

Quando Israele colpisce ospedali, scuole, abitazioni, infrastrutture, quando impedisce l’approvvigionamento di cibo, acqua, medicinali, sa quello che sta facendo: continua il suo progetto di eliminazione del popolo palestinese, della Palestina stessa, nella speranza di togliere la terra sotto i piedi alla Resistenza ed annientare la lotta di questo popolo.

Quello che Israele sta bombardando e vuole nascondere al mondo è che un popolo sfruttato, umiliato, espropriato della propria terra e di un futuro, trovi nella lotta per la propria liberazione l’unica forma di vita possibile. E lo fa consapevole che quello che sta succedendo non è circoscritto a Gaza, ma a tutta l’area medio-orientale e che gli sviluppi ridefiniranno nuovi assetti geopolitici a livello internazionale.

Questo spiega la strenua difesa del ruolo di Israele, quale testa di ponte dell’imperialismo occidentale per la stabilità e la sicurezza degli interessi e del dominio egemonico europeo, e l’appoggio diretto ed indiretto degli USA e dei paesi europei, Italia in testa, con accordi commerciali ed economici soprattutto di forniture e vendita di armi, la presenza nell’area di circa 1300 soldati, di due fregate a seguito della flotta Usa nel Mediterraneo, di una nave-ospedale da cui possono partire spedizioni lagunari o truppe d’assalto, delle basi (Sigonella) e del Mous, da cui partono droni, aerei da ricognizione e da bombardamento americani.

Quanto avvenuto il 7 ottobre non è stato solo un umiliante smacco al più grande apparato di guerra e, di riflesso, a tutto l’Occidente, ma anche un messaggio ai vicini paesi arabi e al mondo intero. Messaggio che dice che di fronte alla determinazione, all’organizzazione, alla volontà di un popolo, anche l’apparato più spaventoso al mondo può essere travolto e un dominio può essere messo in discussione.

La resistenza palestinese, ha costretto il mondo, rompendo un clima di normalizzazione, a un’attenzione che solo la forza di questa sollevazione poteva generare, e provocato sfidando anche i divieti e la repressione messa in atto dai governi, (Francia, Germania..) una forte ondata solidaristica unita, a volte, a un sentimento anticoloniale, che si è espressa, in molti Paesi ( Marocco, Pakistan, Gran Bretagna, Stati Uniti….), con manifestazioni oceaniche e azioni dimostrative contro gli interessi israeliani e capitalisti (blocco della strada delle armi nei porti di Genova, Salerno,Oakland, California, Barcellona, Tacoma, Soidney, azioni di protesta nei confronti delle multinazionali McDonald’s, Burger king, Carrefou ….)

Al tempo stesso ha generato una forte paura nei governi arabi e occidentali, perché consapevoli che la solidarietà espressa dai proletari nel mondo, potrebbe trasformarsi in opposizione interna contro i propri governi e regimi e ogni prospettiva di fine oppressione, di fine del sionismo e del colonialismo in quell’area, così come in altre parti del pianeta, rappresenterebbe un ostacolo al modello capitalista e al suo dominio.

Del resto, il protagonismo di un proletariato giovanile, per la maggior parte di seconda e terza generazione, estremamente eterogeneo (palestinese, egiziano, marocchino, algerino, libanese, italiano…), proveniente dalle periferie o dai quartieri meno abbienti, che vivono quotidianamente condizioni di sfruttamento, emarginazione, repressione e controllo nei loro territori, che hanno difficoltà a intravedere un futuro, problemi a trovare una casa e ad avere un documento che gli permetta di circolare o essere riconosciuti come cittadini, hanno catalizzato e caratterizzato le piazze con vitalità e forza, lasciando riemergere contraddizioni e speranze in un movimento a venire.

Piazze che hanno risposto no alla propaganda imperialista che avrebbe voluto, così come successo per la guerra USA/Ucraina-Russia, generare uno schieramento a favore dei “valori” atlantici, nel gioco del divide et impera, all’interno di uno scontro di civiltà islamofobico.

Per concludere:

La scelta cosciente e di non ritorno, fatta dalla Resistenza Palestinese pagando un prezzo altissimo in vite umane, è una scelta contro una morte quotidiana. Una scelta, l’unica possibile per ridare dignità alla loro esistenza e a quella di tutti gli oppressi.

Sta a noi, ora e qui, raccogliere questa possibilità che si è aperta e contribuire ad inceppare questo modello predatorio, di sfruttamento dell’uomo e della natura, di emarginazione e discriminazione che è il capitalismo.

La situazione di crisi e propensione alla guerra del capitale stanno sempre più sottoponendoci, come proletari, a condizioni di miseria e sfruttamento maggiori, mettendoci nell’ impossibilità di soddisfare bisogni primari ed essenziali quali la casa, la cura, l’istruzione. Sempre più il controllo diventa capillare e le risposte, contro ogni forma di critica e lotta che rompa lo status delle cose, di tipo repressivo (basti vedere gli ultimi decreti sicurezza e gli attacchi alla libertà di sciopero).

Ma al tempo stesso, più forti e generalizzate sono diventate le contraddizioni che questo sistema genera e, anche se ancora troppo deboli e isolate, sempre più voci, qui come nel resto mondo, si stanno levando contro la miseria, la prepotenza e l’assoggettamento coloniale e imperialista (l’Africa lo sta urlando da tempo).

Sta a noi imparare ad ascoltarle e a leggerle, a raccoglierle per farle diventare una forza collettiva in grado di mettere mille granelli di sabbia negli ingranaggi del capitalismo, così come successo in altri periodi storici.

Campagna contro l’intitolazione a Ben Gurion del ponte di Crescenzago

Milano, 24 novembre 2023

Pubblicato in Generale, Internazionalismo | Commenti disabilitati su Gli unici muri indistruttibili sono quelli nella nostra mente

24 novembre: Incontro con il regista palestinese Mohamed Alatar

Venerdì 24 novembre alle ore 19

Incontro con il regista palestinese Mohamed Alatar

A seguire proiezione del film “Broken” -sottotitoli in italiano-


Contro il genocidio del popolo palestinese e
ogni forma di colonialismo e sfruttamento, a sostegno della resistenza

c/o Panetteria Occupata- via conte Rosso, 20

Campagna contro l’intitolazione a Ben Gurion del ponte di Crescenzago

Pubblicato in Generale, Internazionalismo, Tempo di guerra | Commenti disabilitati su 24 novembre: Incontro con il regista palestinese Mohamed Alatar

4 novembre: corteo palestina

Un breve aggiornamento sulla situazione in Medio Oriente ed a Gaza in particolare, in vista del corteo di Sabato 4 novembre da Porta Venezia – ore 15,00

Il conteggio dei morti fra la popolazione Palestinese ha ormai raggiunto cifre vertiginose: 8.525 tra cui 3.542 bambini, ma non è certo che comprenda anche quelli del bombardamento del 31/10 sui campi profughi di Jabalya e di Nseirat. Jabalya tra l’altro è uno dei luoghi con la più alta concentrazione di abitanti per chilometro quadrato e dove un intero quartiere è stato raso al suolo insieme ai suoi abitanti, ma è anche il territorio dove, nonostante le stragi di civili, il 70% della popolazione ha rifiutato di sfollare ed è rimasta sfidando la macchina della morte sionista e yankee … già perché le sei bombe da una tonnellata l’una sono di fabbricazione americana.

Da alcuni paesi del Sudamerica, oltre alla condanna, ci sono state importanti reazioni: la Bolivia ha interrotto le relazioni diplomatiche, mentre Cile e Colombia hanno richiamato i propri ambasciatori a Tel Aviv.

L’entità sionista con l’arroganza e la violenza che ha contraddistinto questi 75 anni d’occupazione della Terra di Palestina, non solo ha respinto tutti gli appelli internazionali per un cessate il fuoco, ma continua come espressione della sua politica coloniale ad attaccare i campi in Cisgiordania e a lasciare mano libera ai coloni assassini, nel tentativo continuo di espulsione della popolazione autoctona palestinese.

Come Panetteria Occupata saremo presenti al corteo per ribadire che siamo:

* Al fianco della resistenza palestinese

* per la cancellazione degli accordi economici, militari e accademici con chi massacra

* per rompere il sostegno da parte del governo italiano all’operazione militare sionista di genocidio della popolazione palestinese, ma anche il silenzio complice di chi in realtà ha già scelto da che parte stare: con la NATO, con le guerre imperialiste e con gli interessi dei capitalisti.

Pubblicato in Generale, Internazionalismo | Commenti disabilitati su 4 novembre: corteo palestina

28 ottobre: Roma manifestazione nazionale a fianco del popolo Palestinese

Sosteniamo e rafforziamo la solidarietà internazionalista al popolo palestinese Sabato 28 ottobre a Roma manifestazione nazionale

questo il volantino della Panetteria Occupata distribuito nei nostri quartieri:

Quello che vediamo oggi in Palestina arriva da lontano, basta ricordare anche una sola delle tante “operazioni” portate avanti dallo Stato sionista israeliano con un numero di morti palestinesi che variava dai 2.000 ai 2.500 per volta ed alla quale veniva attribuito un simpatico aggettivo: falciare il prato.
Niente a che vedere con l’attuale aggressione a Gaza che sta causando un numero di vittime superiore alle 6.000, in maggioranza bambini e donne, con distruzione di ospedali, scuole, luoghi di culto oltre che di interi quartieri. Gaza è una prigione a cielo aperto dove in questo momento l’accerchiamento da parte delle truppe israeliane impedisce il rifornimento di tutti i beni di prima necessità oltre alla possibilità di provvedere alla cura delle migliaia di persone ferite.
Perché dunque proviamo stupore se i Palestinesi da 75 anni adottano ogni forma di resistenza oppressi da questa entità, nata nel 1948 da accordi coloniali europei e che oltre alla rapina delle terre, dell’acqua, delle risorse, ha pianificato l’espulsione della popolazione autoctona impedendone il ritorno?
Israele è uno “Stato” sionista su base confessionale che si basa cioè su principi come la
purezza del sangue, del popolo eletto, della terra promessa. Questo si traduce nell’esclusione e negazione di chiunque non sia, per discendenza diretta, di origine ebraica, in razzismo all’interno dello stesso “Stato” israeliano (cittadini di serie A e B), così come verso altre etnie (arabi).
La religione viene usata, strumentalmente, a giustificazione e fondamento per una politica
coloniale e razzista, discriminatoria e disumanizzante, di separazione/segregazione legale,
fisica e spaziale, di sfruttamento e de-sviluppo economico, di soppressione brutale di ogni forma di resistenza.
Non si può quindi associare l’antisionismo, la critica ad una politica coloniale di annientamento e bollare di anti-ebraismo chi la contesta.
L’ipocrisia dei paesi Occidentali è oggi sotto gli occhi di tutti con il suo silenzio di fronte alle violenze che la popolazione palestinese ha subito in questi anni di occupazione, pulizia etnica e apartheid.
Eppure l’esperienza della Resistenza in Italia dovrebbe aver insegnato che non è possibile
accettare acriticamente tutto quello che il nemico interno ed esterno dice, come quando un
tempo venivano etichettati gli eccidi di massa come “reazione/rappresaglia” alle operazioni partigiane, oppure quando appendevano ai corpi dei partigiani impiccati cartelli con scritto “Actung banditen”. Per questo dobbiamo cercare di analizzare e contestualizzare sempre le situazioni, ponendoci la domanda verso chi e cosa è esercitata una reazione? Che radici ha?
Nessuno può gioire davanti alla brutalità della guerra, ma è ipocrisia non riconoscere che di queste morti sono diretti responsabili i paesi occidentali, il capitalismo USA e quello dell’Unione Europea che accorre prontamente in difesa del suo alleato sionista. Responsabile è anche il nostro governo Italiano che sostiene senza nessuna critica l’operazione militare sionista di genocidio della popolazione palestinese nella striscia di Gaza e la continua repressione nei territori occupati di Palestina.
Il popolo palestinese ha il diritto alla difesa, ha il diritto alla Resistenza e le bandiere della
Palestina che sventolano oggi in tutto il mondo sono simbolo di resistenza e di lotta, messaggio di speranza per tutti gli oppressi. La lotta del popolo Palestinese chiama tutti noi ad intensificare la mobilitazione contro le guerre imperialiste ed insieme ad imporre la fine dell’aggressione di Gaza e la fine dell’occupazione sionista.
* A FIANCO DELLA RESISTENZA PALESTINESE
* SOLIDARIETA’ ALLA PALESTINA CHE SI RIBELLA ALL’OPPRESSORE PER
RICONQUISTARSI LA VITA E LA LIBERTA’

IMG-20231023-WA0013.jpg

immagini da Lambrate…Ortica ….

Pubblicato in Generale, Internazionalismo | Commenti disabilitati su 28 ottobre: Roma manifestazione nazionale a fianco del popolo Palestinese

19 ottobre: La casa è un bisogno basta speculazione

19 Ottobre ore 17:30 in Piazza della Scala a Milano manifestazione:
appuntamento metropolitano all’interno della mobilitazione nazionale sul diritto all’abitare!
LE NOSTRE RIVENDICAZIONI, LE NOSTRE PROPOSTELa casa è un bisogno fondamentale e non deve essere oggetto di speculazione: vogliamo soluzioni abitative dignitose per tutte le persone senza discriminazione di status (sociale, etnico, anagrafico…).Le speculazioni immobiliari private, in accordo con le amministrazioni pubbliche e i soggetti del terzo settore, stanno trasformando le città in base alle proprie esigenze di profitto, accerchiando i quartieri popolari, espellendone gli abitanti, devastando e saccheggiando anche dal punto di vista ambientale interi territori.Circa 200.000 lavoratori immigrati presenti nell’area metropolitana milanese, che nella maggioranza dei casi, lavorano con contratti brevi, a tempo determinato, e retribuzioni inadeguate non hanno accesso ad una casa dignitosa, non possono accedere a contratti d’affitto a causa dei costi troppo elevati e delle garanzie che vengono richieste (contratto di lavoro indeterminato e salario 3 volte superiore all’affitto).Tanti abitanti si scontrano con il razzismo di molti proprietari che non affittano a stranieri, anche in presenza delle garanzie.Lottiamo per:     • Bloccare immediatamente sfratti e sgomberi in assenza di una soluzione abitativa adeguata.     • Fermare la vendita delle case popolari e imporre l’ assegnazione di tutte quelle esistenti.     • Imporre che vengano effettuati piani di investimento per l’edilizia pubblica e opere di ristrutturazione e ammodernamento a basso impatto ambientale e  risparmio energetico per ridurre le spese alle famiglie.     • Fissare un tetto agli affitti sia pubblici che privati e porre dei limite agli affitti brevi.     • Ottenere una sanatoria delle occupazioni pubbliche.     •  Fermare la criminalizzazione delle occupazioni e degli abitanti; riconoscere la residenza e reintrodurre l’allaccio delle utenze (luce, gas, acqua) agli occupanti di stabili sia pubblici che privati; spezzare il circolo vizioso che alimenta illegalità, criminalizzazione, discriminazione.     • Assicurare il diritto allo studio attraverso l’assegnazione di alloggi agli studenti fuori sede e realizzazione di studentati pubblici a prezzi realmente accessibili.     • Garantire che   gli stabili privati, vuoti e inutilizzati da anni siano requisiti e destinarti  a scopo sociale e abitativo a canoni di edilizia sociali.     • Pretendere trasparenza dei dati sull’edilizia pubblica e residenziale, sugli alloggi disponibili e sulle assegnazioni; sulle ingiunzioni di sfratto pubbliche e private.     • Questa piattaforma segna un punto di convergenza tra diverse realtà ed è in continuo aggiornamento. Un appello alla lotta e all’organizzazione da subito.Profitto, privatizzazioni, speculazioni significano per noi sfruttamento ed esclusione. Vogliamo una vita degna: affitti più bassi, salari più alti, documenti per tutti.Rete per il Diritto all’Abitarereteperildirittoallabitare@gmail.com@rete_dirittoabitaremi
Pubblicato in Casa e territorio, Generale | Commenti disabilitati su 19 ottobre: La casa è un bisogno basta speculazione

14 ottobre: Manifestazione per la Palestina

sabato 14 ottobre 2023 migliaia di persone, con determinazione rabbia e gioia, hanno attraversato le vie di Milano in una imponente manifestazione a sostegno della Resistenza del popolo Palestinese, contro l’aggressione di Gaza, per la fine dell’occupazione sionista… a fianco della Resistenza!

riportiamo l’intervento della Panetteria:

In occasione dell’operazione “MARGINE DI PROTEZIONE”, iniziata nel luglio 2014, il
presidente del parlamento sionista Feiglin, scriveva a Netanyahu:
“Definizione dei compiti: Conquista di tutta la Striscia di Gaza e annientamento di tutte le
forze combattenti e dei loro sostenitori.
“Definizione dell’obiettivo strategico”: Per trasformare Gaza in Jaffa, una città israeliana
fiorente, con un numero minimo di civili ostili.
“Definizione di etica di guerra”:
Israele deve effettuare le seguenti operazioni:
l’IDF (esercito israeliano) designa alcune aree aperte al confine del Sinai, adiacente al
mare, in cui la popolazione civile sarà concentrata, lontano dai centri abitati che vengono
utilizzati per i lanci e i bombardamenti. In queste aree saranno stabiliti accampamenti di
tende, come rilevanti destinazioni di emigrazione. – La fornitura di energia elettrica e di
acqua per le zone già popolate verrà disconnessa………ecc. Coloro che insistono sul
soggiorno, se possono dimostrare di non avere alcuna affiliazione con Hamas, saranno
tenuti a sottoscrivere pubblicamente una dichiarazione di fedeltà ad Israele e ricevere una
carta d’identità blu simile a quella degli arabi di Gerusalemme est. Quando il
combattimento finirà, la legge israeliana sarà estesa all’intera Striscia di Gaza, gli abitanti
sfrattati dal Gush Katif saranno invitati a tornare ai loro insediamenti e la città di Gaza ed
i suoi sobborghi, sarà ricostruita come una vera città israeliana turistica e
commerciale…….ecc.”.
Piano che 9 anni fa ebbe come conseguenza per i Palestinesi 2.300 morti dei quali più di
500 bambini, oltre a 11.000 feriti, un’operazione definita dai sionisti “falciare il prato” e
nessuno degli ipocriti Paesi Occidentali ha mai espresso una minima preoccupazione
come quella che riempie le colonne dei giornali, le bocche dei politici, attualmente. Già,
perché la grande sofferenza del popolo palestinese poteva essere liquidata con la frase:
“si tratta di una rappresaglia israeliana” provocata dalla violenza dei “terroristi”
palestinesi.
L’ipocrisia dell’Occidente è anche ben rappresentata dalla Comunità Europea che dopo il
7 ottobre ha subito deciso di congelare e tagliare tutti gli aiuti ai palestinesi, aiuti garantiti
a suo tempo come impegno per implementare gli accordi di Oslo: 689milioni di euro,
nonché tutti i finanziamenti per i progetti della cooperazione. Solo la Spagna si è
pronunciata contro.
Decisione che fa il paio con la dichiarazione dei cinque governi di Gran Bretagna, Francia,
Usa, Germania e in coda, come sempre, quello italiano, di assumere un impegno di
sostegno e appoggio all’entità sionista che riguarda tutti gli ambiti: politico, economico e
bellico.
Ma quello che vediamo oggi arriva da lontano, dagli accordi segreti di Sykes-Picot del
1916 quando Francia ed Inghilterra frammentano e si spartiscono le province arabe del
Machrek e nel 1917, con gli accordi di Balfeur e l’ occupazione inglese della Palestina
appare chiaro lo scopo: garantire la nascita di un “focolare nazionale per il popolo
ebraico.

Di cosa ci stupiamo se i Palestinesi da 75 anni adottano ogni forma di resistenza,
compresa quella armata, vessati da entità, proclamata Stato, rigidamente strutturato,
nato, a tavolino, da accordi coloniali europei nel 1948 che possiamo definire un
colonialismo d’insediamento, che oltre alla rapina delle terre, dell’acqua, delle risorse ha
pianificato l’espulsione della popolazione autoctona impedendone il ritorno?
Ogni popolo ha diritto di decidere forme e modi in cui lottare, dobbiamo liberarci dalla
convinzione impregnata e frutto di una cultura coloniale, che crede di poter giudicare e
stabilire fino a che punto “i dannati della terra” possono osare liberarsi, solidarizzando
fintanto che lanciano pietre mentre i soldati gli sparano e le bombe gli cadono in testa e
criminalizzandoli se non, addirittura, prendendo le difese dell’occupante e il suo “diritto
alla difesa”- quando, oltre alle pietre, rispondono all’enorme armamentario di morte
utilizzato quotidianamente contro di loro, con strumenti offensivi e più potenti delle
pietre.
Ma, a quale diritto alla difesa di Israele ci si appella?
Lo stesso utilizzato per l’operazione piombo fuso, quello che ha permesso i massacri di
Sabra e Chatila o che giustifica le detenzioni amministrative, le carcerazioni di minorenni,
la stella di David impressa con uno strumento tagliente sul volto di un detenuto
palestinese sotto interrogatorio, le violenze sulle donne, i 53 minorenni uccisi
dall’esercito in Cisgiordania dall’inizio dell’anno, la distruzione degli ulivi, degli alberi da
frutta, delle case, i chekpoint, i giornalisti feriti o uccisi, le continue aggressioni dei
coloni, il lager a cielo aperto di Gaza, l’utilizzo del fosforo bianco, l’umiliazione quotidiana
a cui i palestinesi devono sottostare?
Ma abbiamo forse bisogno di ulteriori immagini per sentirci in pace con la coscienza,
oppure di precisare che siamo contro ogni violenza dimenticando quella che
quotidianamente si vive per mano dei padroni, dell’imperialismo, del capitalismo anche
nei nostri territori?
L’esperienza della Resistenza in Italia dovrebbe aver insegnato che non è possibile
accettare acriticamente tutto quello che il nemico interno ed esterno dice, come quando
venivano etichettati gli eccidi di massa come “reazione/rappresaglia” alle operazioni
partigiane, oppure quando appendevano ai corpi dei partigiani impiccati cartelli con
scritto “Actung banditen”. Per questo dobbiamo cercare di analizzare e contestualizzare
sempre le situazioni, ponendoci la domanda verso chi e cosa è esercitata una reazione,
che radici ha, quale lo scopo.
Non si può essere equidistanti di fronte ad una violenza coloniale che ha oppresso un
popolo che resiste da più di mezzo secolo ad ogni tipo di vessazione, criminalizzazione,
sopruso e distruzione, che ha visto togliersi la terra, il lavoro, il futuro, di cui si vorrebbe
negare la stessa esistenza.
Non si possono utilizzare due metri e due misure: scandalizzarsi e usare strumentalmente
i morti di una parte, quella dell’oppressore, quando quei morti sono la conseguenza della
rabbia, della violenza, delle morti, delle carcerazioni, delle lacrime versate e delle umiliazioni subite per anni ed anni da un popolo… grazie anche all’indifferenza di chi oggi
si indigna.
Nessuno gioisce davanti alla brutalità della guerra, ma è ipocrisia non riconoscere che di
queste morti sono diretti responsabili i paesi occidentali, il capitalismo USA che accorre
prontamente in difesa del suo alleato sionista, perché sulla pelle dei palestinesi, si gioca,
nello scenario geo-politico di guerra tra blocchi, il dominio nell’area medio-orientale e i
palestinesi rappresentano un problema, perché ancora non domati, una spina nel fianco
da eliminare.
Responsabilità che vivono nello sdoganamento di Israele, come “Stato democratico”, con
cui fare affari, accordi economici di cooperazione per progetti di milioni di euro con istituti
di ricerca o universitari, imprese industriali, per sistemi di produzione energetica innovativi ad alta efficienza; tecnologie dell’informazione e della comunicazione, comunicazioni di dati, software e cybersicurezza; spazio e osservazione della terra… i cui scopi, spacciati per miglioramenti in campo civile, sono in realtà largamente utilizzati per rafforzare l’armamentario militare e di controllo.
Quello che oggi possiamo fare, è lottare, qua, contro il capitalismo nostrano
riprendendoci tutto quello che è stato tolto (scuola, sanità, dignità, case e lavoro), lottare
contro un’ideologia che mistifica e avvelena la verità, portando con noi anche la bandiera
della Palestina, quale simbolo di resistenza e di lotta, messaggio di speranza per tutti gli
oppressi, per dare un segno chiaro su cosa intendiamo per “internazionalismo”.
In questo inizio di ottobre si è creato uno spartiacque ed è necessario capire da che parte
stare … per noi sicuramente non alla tavola del sionismo, dell’imperialismo e del
capitalismo, fieri e solidali con un popolo che, ancora una volta, si ribella all’oppressore
per riconquistarsi la vita e la libertà … Per loro stessi e per tutti noi.

intervento_14ottobre

Pubblicato in Generale, Internazionalismo | Commenti disabilitati su 14 ottobre: Manifestazione per la Palestina

Stand up! E’ tempo di lottare – sulle prossime mobilitazioni

Pubblicato in Generale | Commenti disabilitati su Stand up! E’ tempo di lottare – sulle prossime mobilitazioni

I popoli in rivolta scrivono la storia. Intifada fino alla vittoria!

Siamo vicini e sosteniamo la lotta del popolo palestinese, la sua eroica Resistenza. Questa lotta è anche la nostra lotta. Partecipiamo alle iniziative  di sostegno e solidarietà che in questi giorni si stanno organizzando nelle diverse città italiane tra cui anche Milano. Rompiamo il muro della disinformazione.

Pubblichiamo il comunicato prodotto dai Giovani Palestinesi d’Italia sull’insurrezione popolare del 7 ottobre:

I POPOLI IN RIVOLTA SCRIVONO LA STORIA. INTIFADA FINO ALLA VITTORIA!

Il 7 Ottobre 2023 la Resistenza da Gaza ha scritto una nuova pagina della storia palestinese. L’operazione “alluvione di Al Aqsa” che ha portato alla distruzione del muro di filo spinato che imprigiona Gaza da 17 anni, alla presa di decine di colonie sioniste, al sequestro di più di 50 soldati, al sequestro di armamenti nemici e alla distruzione di carri armati e mitragliatrici, si inserisce in un quadro di lotta di liberazione e decolonizzazione della Palestina.
L’umiliazione inflitta all’esercito sionista israeliano dalla Resistenza palestinese è stata ieri e sarà ancora l’umiliazione di tutti gli eserciti imperialisti e colonialisti del mondo. Oggi siamo un passo più vicini alla completa liberazione della nostra terra, e nessuna risposta violenta da parte del colonialismo sionista potrà schiacciare la nostra volontà. Una volontà così poderosa che, nonostante 75 anni di pulizia etnica in cui il nostro popolo è stato imprigionato, umiliato, brutalizzato, ucciso e privato di ogni risorsa necessaria alla vita umana, la Resistenza palestinese ha aggirato con sbalorditivo successo uno dei servizi di intelligence più avanzati al mondo, obbligando alla ritirata una potenza nucleare su cui l’imperialismo nord-atlantico investe miliardi di dollari annualmente da tre quarti di secolo. La speranza e la fede nella vittoria che la Resistenza unita in tutta la Palestina infonde in noi, ha portato nelle piazze e nelle strade migliaia di persone nella Palestina occupata, così come in Yemen, in Giordania, in Tunisia e in moltissime città dentro e fuori il mondo arabo.
Oggi più che mai, sollevarci al fianco della Resistenza delle nostre sorelle e fratelli Gazawi, che hanno reso l’apertura di questa nuova pagina storica possibile e che ne stanno subendo le peggiori conseguenze, è un dovere morale. E infatti, il messaggio che ci arriva dalle piazze è chiaro e forte: i popoli che amano la libertà, stanno al fianco della Palestina.
Dal cuore economico e ideologico del sionismo in cui viviamo, il mondo occidentale, è necessario assumerci la responsabilità del ruolo che ricopriamo sullo scenario della Resistenza palestinese, come sullo scenario della resistenza internazionale contro l’imperialismo, il colonialismo e il razzismo. Oggi, come sempre, ci solleviamo senza paura, perché anche dentro ai canoni ingiusti di una fetta di mondo che con arroganza millanta di essere la culla di tutti i diritti, la nostra lotta è sacrosanta: è, infatti, la Convenzione di Ginevra del 1949 e il diritto internazionale scritto dai nostri colonizzatori a sancire che la lotta armata per la liberazione è un diritto protetto ed essenziale delle popolazioni occupate ovunque.
Mentre istituzioni statali e regionali, mezzi di informazione, e personaggi pubblici e politici fanno la corsa alla difesa del regime coloniale sionista, noi, come atto di resistenza, facciamo la presente chiamata a una settimana di mobilitazione contro l’occupazione e contro gli attacchi su Gaza, Jenin e la Palestina tutta. La lotta, dentro e fuori la Palestina, sul fronte armato, politico, mediatico, culturale ed economico, non si fermerà fino alla liberazione totale.

 

Pubblicato in Generale, Internazionalismo | Commenti disabilitati su I popoli in rivolta scrivono la storia. Intifada fino alla vittoria!

2 ottobre: presidio per la liberazione di Khaled El Qaisi

LUNEDI 2 OTTOBRE SOTTO LA SEDE RAI DI CORSO SEMPIONE A MILANO DALLE ORE 18

LIBERIAMO KHALED!

Il 31 agosto scorso Khaled El Qaisi – cittadino italiano e palestinese, studente presso l’università Sapienza di Roma e traduttore appassionato di documenti storici palestinesi – è stato arrestato dalle autorità israeliane al valico di Allenby, tra Cisgiordania occupata e Giordania, senza che gli fosse contestato alcun reato, né tanto meno fosse formulata alcuna accusa.
Khaled si trovava ad attraversare detto valico in compagnia della moglie (italiana di professione insegnante) e del loro figlio di 4 anni.
Khaled è cresciuto neibterritori palestinesi fin dalla nascita e per tutta l’adolescenza, successivamente trasferendosi in Italia con la madre e il fratello, qualche anno dopo il decesso per malattia di suo padre Kamal El Qaisi, stimato sindacalista palestinese che ha contribuito per decenni alla crescita consapevole di una Palestina libera.
Dall’arresto del 31 agosto scorso Khaled è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Petah Tikwa e sottoposto a continui interrogatori, in assenza totale di accuse formali, senza il sostegno legale di un difensore che potesse e possa affiancarlo, in spregio dei più elementari diritti alla difesa della persona. Uniche eccezioni al regime di totale isolamento (sofferto per le prime due settimane) e all’assenza di contatti con l’esterno (compresi i familiari più stretti) che perdura da circa un mese, sono rappresentate da due visite concesse al Console italiano presso il Consolato di Tel Aviv, e da due soli e brevi incontri con il proprio legale arabo-israeliano. Incontri dai quali, tra l’altro, i familiari e l’avvocato italiano di Khaled non hanno potuto apprendere nessuna informazione rilevante. Il legale arabo-palestinese, infatti, (così come tutta la stampa israeliana) è vincolato da un gag order, ossia da un ordine di bavaglio, che impedisce la divulgazione anche di quanto accade in sede di udienza. La detenzione è già stata prorogata tre volte e la prossima udienza è fissata per il primo ottobre all’esito della quale entro 48 al massimo 72 ore dovrebbe esserci una decisione delle autorita’ sui motivi del provvedimento del 31 agosto.
In Israele ci sono 967 palestinesi detenuti senza accuse formali. La reclusione è prorogabile di sei mesi in sei mesi per anni, è questa la detenzione amministrativa. Migliaia sono invece i giovani, le donne e gli uomini palestinesi detenuti nelle carceri dell’entità sionista. Sulla detenzione di Khaled è stato steso un velo di silenzio da parte dei mezzi di informazione italiana (giornali e tv etc…) mentre il governo italiano è sempre più allineato con quelli dell’occupante sionista israeliano e legittima questo arresto di un cittadino italo-palestinese. Per portare il nostro sostegno a Khaled, per rompere il muro di silenzio, per ottenere la sua immediata liberazione si stanno organizzando diverse iniziative. In particolare a Roma per Sabato 30 settembre alla sede Rai è stato indetto un presidio mentre qui a Milano un iniziativa simile viene organizzata per lunedi 2 ottobre.
Invitiamo tutt@ a diffondere e partecipare al presidio presso la sede RAi di Milano in Corso Sempione a Milano dalle ore 18

QUI TROVATE IL DOSSIER PRODOTTO DAL COMITATO PER LA LIBERAZIONE DI KHALED EL QAISI – un primo materiale utile per conoscere la situazione di Khaled e per organizzare iniziative di sostegno e solidarietà

Dossier

Pubblicato in Generale, Internazionalismo, Repressione | Commenti disabilitati su 2 ottobre: presidio per la liberazione di Khaled El Qaisi

29 agosto: MOBILITAZIONE IN RISPOSTA ALLO SGOMBERO DI VIA ESTERLE 15

MOBILITAZIONE IN RISPOSTA ALLO SGOMBERO DI VIA ESTERLE 15

MARTEDI 29 AGOSTO DALLE ORE 18:30

APPUNTAMENTO ALLA  ROTONDA DI VIA GIACOSA/VIA PADOVA

Rete per il Diritto  all’Abitare – Milano

Pubblicato in Casa e territorio, Generale, Repressione | Commenti disabilitati su 29 agosto: MOBILITAZIONE IN RISPOSTA ALLO SGOMBERO DI VIA ESTERLE 15