12 luglio: Pride è rivolta

PRIDE È RIVOLTA 

 Ci vediamo sabato 12 luglio in Panetteria Occupata, per una presentazione e discussione della fanzine sul rainbow washing realizzate da Futura.

 A partire da una panoramica storica sui moti di Stonewall, passando per un’analisi politica del movimento queer e trans*, fino al rilancio di una prospettiva rivoluzionaria.

 L’assemblea sarà seguita da un live di @siamocyborganafem e @yungpaninaru con il loro ultimo progetto “QUEERINALE”.

 Il progetto musicale “QUEERINALE” nasce dalla collaborazione tra due artistx queer e trans*, Anafem e yung paninaru. Spaziando tra generi e confini, lx due rapper esprimono rabbia, euforia, e determinazione nella prospettiva di sganciare la musica trap dal machismo imperante all’interno della scena. L’album è un percorso tortuoso, che culmina nell’immaginazione di un futuro utopico in cui il sistema cis-etero-patriarcale è ormai acqua passata, e ognunx ha la libertà di autodeterminarsi, al di fuori delle logiche capitalistiche di produzione e riproduzione.
Il progetto è segnato, inoltre, da una forte sperimentazione a livello sonoro, attraverso la combinazione di elementi e sonorità proprie di diversi generi musicali (rap, trap, techno, hyperpop, drum&bass…).

 SABATO 12 LUGLIO H. 21:00

 

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Interventi alla manifestazione per il diritto alla casa e alla città

Alla manifestazione per il diritto alla casa e alla città a Milano del 3 luglio 2025 Ci Siamo – Rete solidale ha preso parola. Questi alcuni degli interventi durante il corteo:

Il 26 aprile abbiamo occupato questo stabile (Via Brenta 41). Un posto chiuso da tempo, riaperto durante l’ emergenza COVID e poi lasciato di nuovo all’ abbandono. Le famiglie che ora vivono qui hanno conosciuto la strada e ora questo posto é casa, dove anche le famiglie che vengono separate dal sistema dell’ accoglienza posso incontrarsi. Qui vivono lavoratori e lavoratrici che producono la ricchezza di questa città: operai, magazzinieri, facchini, badanti. Sfruttati, con contratti precari e paghe basse. Inoltre il ricatto dei documenti é sempre costante, nei processi infiniti dai processi da seguire per un pezzo di carte, le code, le attese, la precarietà. Qui vivono persone utili a questo sistema e a cui non viene riconosciuta neanche la dignità di avere una casa. 14.000 mila case vuote sono un insulto per noi e per migliaia di lavoratori che vivono le stesse condizioni insieme alle loro famiglie. Siamo qui perché abbiamo bisogno di una casa ma anche perché questa lotta, questa unione ci rafforza e ci toglie da una condizione di assoggettamento. Vogliamo risposte chiare, non vogliamo promesse! Ci uniamo perché vogliamo un cambiamento, perché vogliamo emanciparci da questa miseria . Ci uniamo per lottare. Per mettere al centro le nostre necessità e i nostri desideri, perché non vogliamo essere carne per i profitti dei padroni. Vogliamo infine una vita degna per noi e per i nostri figli.


Conosciamo questo posto (Casa Jannacci in Via Ortles), é un dormitorio in cui vivono quasi 500 persone. Alcune di queste persone le conosciamo, ci incontriamo e discutiamo di ciò che si vive lì dentro. Sappiamo che le famiglie vengono divise, che la responsabilità dei figli é solo sulle spalle della madre mentre i padri vengono lasciati in strada. Le persone vengono continuamente controllate, dai loro oggetti alle loro stanze. Le persone si trovano davanti il ricatto e il disciplinamento. Gli orari di entrata e di uscita non coincidono con i ritmi di vita, di lavoro e della scuola. Vivere lì dentro: é dura! Anche per i bambini non é un luogo adatto. Il garante dell infanzia ha dichiarato che per nessuno bambino é sano passare in questo luogo. Per tutti questi motivi pensiamo che sia necessario continuare a denunciare quello che accade lì dentro e smascherare i responsabili, perché questo luogo non é la risposta ad una necessità, come quella abitativa. Noi la domenica ci incontriamo all’occupazione di via Brenta 41 alle 16.30 . Discutiamo e lottiamo assieme.


In questa fase del capitalismo la città deve essere imprenditrice di sé stessa. Così Milano è diventata la città degli eventi, la città che deve attrarre capitale, la città della finanza. In questo scenario la speculazione edilizia svolge il suo ruolo permettendo la creazione di ricchezza per chi può permettersi questi grandi investimenti. 

Come si raggiunge questo obbiettivo? Bisogna lasciare grande libertà agli investitori privati. E’ necessario lasciare migliaia di appartamenti vuoti. Bisogna permettere che gli affitti aumentino senza controllo e che le classi svantaggiate lascino il posto a chi può permettersi di pagare di più e consumare di più. 

Qual è il destino degli sfrattati che non possono permettersi una nuova casa in periferia? Qual è il destino dei nuclei familiari proletari che non trovano più posto in questa città? Qual è il destino dei migranti minori non accompagnati che in fuga dalla disperazione si ritrovano a Milano senza niente e senza nessuno? Spesso può succedere che chi si trova in una situazione di emergenza come queste finisca in dormitorio, perché le graduatorie delle case popolari sono bloccate così come i servizi abitativi emergenziali del comune.

Questo luogo ha una storia infame. Da quasi un secolo questo dormitorio è un passaggio praticamente sicuro dei senza casa di Milano, sia autoctoni che immigrati. 

Vediamo come la storia inevitabilmente si ripete. Cambiano le epoche, gli enti gestori, mentre spazi come quello di viale Ortles 69 continuano a svolgere il loro ruolo che sempre si è rivelato e sempre sarà un fallimento. Questo ce lo dicono le testimonianze dei proletari immigrati italiani degli anni 60, che giungevano a Milano e proprio in queste mura erano costretti ad una vita da internati, fatta di controllo poliziesco e di cibo scadente. Questo ce lo dicono le persone che oggi, nella Milano del 2025, vivono questo spazio e ci raccontano cose paurosamente simili.

E’ fondamentale sottolineare che tante persone che vivono o sono passate per Casa Jannacci servono alla città di Milano. Mandano avanti gli alberghi, puliscono gli uffici, lavorano nei ristoranti… La Milano che conosciamo non ha posto per queste persone eppure le attrae a sé e campa serenamente sul loro sfruttamento; Milano ha bisogno di queste figure lavorative ma si rifiuta di dare loro e alle loro famiglie un’abitazione dignitosa 

Questo intervento non è un attacco personale a chi in viale Ortles ci lavora e lo manda avanti giorno per giorno ma anzi una richiesta di confronto, perché quando lo stato si appoggia ad enti privati come Medihospes, che gestisce casa Jannacci ma anche l’hotspot e il CPR in Albania voluti dall’attuale governo, sempre le esigenze di bilancio verranno prima dei diritti sia dell’utenza che di chi qui lavora. 

Rispondere alla questione abitativa (questione e non emergenza, visto che la mancanza di case è un fenomeno perenne e figlio sano di questo sistema economico) con il dormitorio significa non voler risolvere il problema, ma solo tamponarne i suoi effetti più drammatici. Un passo in avanti verso la risoluzione della questione abitativa si fa con la requisizione dei circa 80k sfitti privati, con una revisione strutturale delle politiche abitative e nuovi piani di costruzione di case a canone sociale, non con un uso miope e generalista di un’assistenza sociale snaturata.

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3 luglio: Corteo per la casa

GIOVEDI 3 LUGLIO PIAZZALE LODI (MM3) MILANO ORE 18:30

MANIFESTAZIONE PER IL DIRITTO ALLA CASA E ALLA CITTA’

partecipiamo alla manifestazione

per difendere e rafforzare le occupazioni abitative e sociali

contro sfratti e sgomberi

contro speculazione e privatizzazioni

organizziamoci a partire dai nostri quartieri!

UNIT* SI VINCE

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10 giugno: Presidio al Tribunale di Milano

MARTEDI 10 GIUGNO ALLE ORE 11 PRESIDIO AL TRIBUNALE DI MILANO IN SOLIDARIETÀ AGLI E ALLE IMPUTATE DEL CORTEO DELL’11 FEBBRAIO IN SOLIDARIETÀ ALLO SCIOPERO DELLA FAME DI ALFREDO COSPITO.

Lo scorso 29 maggio da parte dei PM del tribunale di Milano sono state formulate le richieste di condanna nei confronti di compagn* per la manifestazione dell’11 febbraio 2023, un corteo in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito, contro il 41 bis e l’ergastolo. Richieste di pene che vanno dai sei mesi ai sei anni per differenti reati come resistenza aggravata in concorso, lancio di oggetti, travisamento e concorso morale in danneggiamento… a seguito delle quali, martedì 10 giugno, avrà luogo la sentenza di primo grado presso Il tribunale di Milano. Oltre ad esprimere solidarietà agli e alle imputate in questo processo, tutti compagn* interni a quel movimento che si è espresso, mobilitato e lottato a sostegno della lotta di Alfredo e contro il sistema carcerario, durante e dopo il suo sciopero della fame, vogliamo spendere alcune parole in più su quella lotta animata e partecipata da molti. Il corteo del’11febbraio è stata una fra le molte e differenti iniziative che si sono susseguite a Milano e in altre città d’Italia. Sin dall’inizio della mobilitazione si sono formate assemblee in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito con l’obiettivo di sostenere la lotta contro il 41 bis e l’ergastolo e fare emergere il carattere strettamente politico di tali misure e la necessità di allargare la comprensione e la partecipazione alle lotte a sempre più ampi settori sociali; prerogativa che ancora oggi riteniamo necessaria. La determinazione della lotta di Alfredo e il suo ribadire che non si trattava di una battaglia personale, erano riusciti a rompere il silenzio attorno alla tortura “democratica”, legalizzata ed istituzionalizza che, attraverso l’applicazione del 41 bis, ovvero il regime di detenzione più drastico e punitivo applicato nel circuito carcerario, lo Stato esercita nei confronti dei prigionieri, sottoponendoli all’isolamento pressoché totale, negando anche qualsivoglia “garanzia” borghese e di diritto. Un sistema carcerario il cui scopo, in realtà, è l’annullamento fisico e mentale del prigioniero, la distruzione della sua identità e dignità al fine di indurlo, con la coercizione dell’isolamento assoluto, a collaborare, a pentirsi, a denunciare qualcun altro con cui barattare il proprio posto. Il carcere, come il sistema giudiziario, è cristallizzatore di una società sempre più frammentata e diseguale volta a reprimere tutti coloro che non vogliono o possono allinearsi: un trattamento che viene riservato a chi è incompatibile con un sistema basato sullo sfruttamento. Un sistema che punta all’eliminazione, confinamento e contenimento degli attriti più forti generati dalla contraddizione capitale-lavoro. Il carcere accomuna proletari e sottoproletari, resistenti e rivoluzionari, un’alleanza pericolosa per il capitale, che ne aveva assaporato la forza tra la fine degli anni 60’ e ‘70, quando detenuti proletari e politici si erano “contaminati”, supportati dalla situazione esterna e dal momento sociale generale. La forza che i sei mesi di sciopero della fame ha mostrato, è stata, potenzialmente, la possibilità di una rottura, di scalfire questa frammentazione e divisione tra un dentro e un fuori. Oggi lo Stato rinchiude quelle lotte nelle aule di tribunale mentre le condizioni per cui Alfredo e un ampio movimento ha lottato rimangono: il 41 bis, il fine pena mai, le sezioni di AS dove da più di 40 anni decine di compagni sono sottoposti all’ergastolo, il sovraffollamento, la mancanza di cure, i suicidi e pestaggi nelle carceri. Condizioni carcerarie e aumento delle carcerazioni che peggiorano e peggioreranno contemporaneamente alle condizioni di vita e di disagio sociale, alle lotte sul lavoro, nei territori, contro il razzismo e le disuguaglianze, la guerra imperialista e a cui lo Stato e il capitale, risponde, nel clima di crisi e di guerra che ha generato, in modo sempre più autoritario e repressivo aumentando le pene già esistenti ed allargando le tipologie di reato. Così come sta già accadendo, ma sempre più, i reati contestati, siano questi per un’ occupazione di casa o suolo pubblico contro il riarmo o le fabbriche di morte, un picchetto davanti ad una fabbrica per migliori condizioni di lavoro e salariali, o un atto di disobbedienza a sostegno della resistenza palestinese, saranno reati giudicati per il loro carattere politico, per il contenuto di critica anticapitalista e/o progettualità di cambiamento che esprimono. Quello che verrà processato e la condanna ad Alfredo aveva già messo in luce, non sarà il fatto in sé, ma l’idea che lo muove, il pensiero che lo sorregge, la critica allo stato di cose esistenti. La vicenda di Anan, Alì e Mansour lo mette in luce chiaramente, il processo che si sta svolgendo all’ Aquila, è contro la messa in discussione degli interessi imperialisti, capitalisti (Italia in testa), coloniali e sionisti e con essi il sostegno alla Resistenza e lotta di liberazione del popolo palestinese. È un processo contro l’idea di un progetto di cambiamento politico-sociale- economico in Palestina, ma, potenzialmente, in tutti i paesi capitalisti. Sostenere e solidarizzare con Anan, Mansour, Alì, così come con i prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane dove continuano a resistere, nonostante la tortura e la morte scandiscano la quotidianità e siano costretti a vivere in condizioni disumane, significa contribuire alla loro e nostra resistenza e liberazione dal giogo capitalista. Sostenere oggi i compagni* sotto processo significa mantenere vive le lotte passate e guardare a quelle future. Continuare a rompere questo silenzio, lottare contro questo stato di cose, organizzarsi di fronte alle condizioni e alla natura violenta e strutturale del carcere tutto, allo sfruttamento nei luoghi di lavoro, alle guerre imperialiste e al razzismo di Stato è necessario, è giusto.

PANETTERIA OCCUPATA

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6 giugno: presidio in Piazza della Scala di solidarietà

Venerdi 6 giugno partecipiamo al presidio in Piazza della Scala ORE 16:45 in solidarietà alla lavoratrice licenziata per aver gridato PALESTINA LIBERA!

Tutta la nostra vicinanza e solidarietà alla lavoratrice del Teatro alla Scala che con

coraggio ha rotto il muro di silenzio in quello che dovrebbe essere il tempio della

cultura, della libertà e dei diritti, rivendicando la libertà per il popolo palestinese.

Una giovane coraggiosa ancor più perché l’ha gridato in faccia a chi è complice* del

genocidio in corso per mano dell’entità coloniale sionista israeliana, a chi ha la

responsabilità degli accordi e degli affari commerciali, soprattutto forniture e

vendite di armi, di cooperazione nella ricerca di tecnologie dell’informazione e

della comunicazione, comunicazioni di dati, software e cybersicurezza con

l’entità sionista e contemporaneamente aumenta le spese militari e toglie

finanziamenti alle scuole, agli ospedali, all’assistenza, alle case popolari… e

reprime, con nuove norme e pene, ogni forma di critica, di dissenso e lotta

anche pacifica attraverso il nuovo pacchetto sicurezza diventato legge.

L’azienda la licenzia perché “ha tradito la fiducia disobbedendo a ordini di

servizio”.

L’obbedienza a cui fa riferimento la direzione della Scala è quella cieca, acritica, della

paura, del silenzio e della complicità; frutto dell’ipocrisia di chi si spende a

profusione ad organizzare eventi in solidarietà e raccolta fondi per l’Ucraina e

davanti ad un genocidio di un popolo in maggioranza bambini , giovani e donne,

chiude gli occhi e criminalizza, per non dispiacere i potenti, chi ha la coscienza e il

dovere morale e politico di denunciarlo.

L’obbedienza a cui fa riferimento la lettera di licenziamento fa ritornare in mente

uno dei periodi storici più neri e la propaganda che sui manifesti infestava i muri

“credere, combattere, obbedire”

È evidente che una sanzione così grave, esagerata, può essere giustificata e letta

solo come una punizione esemplare che serva da esempio per chiunque non si

pieghi all’”obbedienza”; è un monito e un deterrente perfettamente in linea con il

clima di guerra che si sta vivendo e le risposte repressive messe in atto

quotidianamente a colpi di fogli di via, denunce, anni di galera, contro ogni forma di

dissenso sociale, lavorativo, ogni lotta contro il razzismo, lo sfruttamento, il

colonialismo, il progetto di sterminio sionista del popolo palestinese.

Ci uniamo ai 700 lavoratori della Scala e a tutti quelli che hanno e continuano a

manifestare solidarietà nei tuoi confronti, cara giovane lavoratrice.

Non sei sola, continueremo a sostenerti perché la tua battaglia è la nostra ,è la

stessa per la difesa della libertà di critica, di pensiero, per la costruzione di una

società libera dal razzismo, dalla povertà, dall’ingiustizia, dall’oppressione.

PANETTERIA OCCUPATA

*Alla serata del 4 maggio organizzato dall’Asian Development Bank (Adb), dal Ministero

dell’Economia e delle Finanze e dalla Banca d’Italia erano presenti il presidente del

consiglio Meloni, il ministro Georgetti, il governatore della Banca d’Italia.

Tra i membri del consiglio di amministrazione della Banca Asiatica di Sviluppo

c’è il ministro Bezalel Smotrich, figura nota per le sue posizioni estremiste,

razziste (definisce i palestinesi degli animali ) e per il sostegno attivo

all’occupazione militare..

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24 maggio: Porpora – documentario

S.O. FUTURA presenta “PORPORA”: documentario sulla vita e militanza politica di Porpora Marcasciano, figura chiave nel movimento di liberazione queer e trans* degli anni ’70.

H. 19 – ritrovo

H. 19.30 – cena vegana a offerta libera

H. 20 – proiezione documentario

H. 21 – dibattito su lotta queer e trans*: militanza, associazionismo e prospettive future

  in seguito: momento di socialità

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23 maggio: presentazione “Le radici storiche colonialiste e imperialiste del sionismo”

Venerdi 23 maggio 2025 dalle ore 20:30 il Collettivo per la Palestina presenta l’opuscolo

“Le radici storiche colonialiste e imperialiste del sionismo” Capire la natura del sionismo per capire cosa avviene oggi in Medio Oriente

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16 maggio: Corteo Dalle periferie alla Palestina – Libertà per Anan Yaeesh

Il 16 maggio alle ore 19.00 scenderemo nelle piazze di Corvetto per esprimere il
nostro pieno sostegno al compagno Anan Yaeesh, processato dallo Stato italiano per
il suo legittimo ruolo all’interno della Resistenza palestinese di Tulkarem, nella lotta
contro il sionismo e la sua violenza. La mobilitazione è anche un’occasione per
lanciare la manifestazione del 21 maggio a L’Aquila, in vista dell’udienza che
potrebbe risultare decisiva per le sorti dei compagni Anan, Ali, Mansour.
Il 26 gennaio 2024 segna l’inizio di un nuovo capitolo nel calvario di Anan Yaeesh, Ali
Irar e Mansour Doghmosh. Lo Stato italiano, infatti, ha avviato una vera e propria
campagna di criminalizzazione e repressione nei confronti dei compagni palestinesi,
con un processo politico orchestrato ad hoc, mirato non solo a criminalizzare le
azioni individuali, ma soprattutto a colpire la Resistenza stessa in Italia. Un processo
che è parte di una strategia più ampia, volta a soffocare ogni forma di opposizione al
sistema dominante, sia dentro i confini italiani che al di là del Mediterraneo, in
Palestina.
Dalle periferie d’Italia fino alla Palestina, le nostre rivendicazioni sono chiare e
indivisibili: la Resistenza non si processa! Anan Yaeesh libero ora! La lotta di
liberazione palestinese, come quella dei popoli oppressi in ogni angolo del mondo, è
una causa comune contro l’imperialismo, il razzismo e l’oppressione di tutte e tutti
noi. Uniti in questa battaglia, non lasceremo che il compagno Anan venga sacrificato
sull’altare dell’imperialismo e della guerra preventiva contro ogni forma di dissenso.
La nostra lotta per la liberazione, la giustizia e la dignità è indivisibile. Non possiamo
separare le oppressioni che colpiscono i popoli del mondo da quelle che
marginalizzano gli immigrati, le masse impoverite e gli oppositori all’interno dei
confini dell’impero. Ogni ingiustizia è parte di un progetto globale che sfrutta e
divide, ma noi rispondiamo con la solidarietà internazionale e reale e la
determinazione della lotta nelle piazze, di massa, unita e decisa, che dalle Periferie
passa per L’Aquila e arriva in Palestina.
Lo Stato italiano che perseguita i compagni della Resistenza palestinese, sotto
mandato sionista, è lo stesso che opprime gli sfruttati, i lavoratori, chiunque sia
considerato “altro”, “straniero”, parte di una classe impoverita e socialmente
marginalizzata, ma funzionale all’economia. Il razzismo di Stato, che si manifesta
attraverso pratiche discriminatorie e sistemi sociali e giuridici che escludono e
perseguitano, trova il suo corollario nella difficoltà sempre maggiore ad avere un
documento, una casa, a curarsi; nel soffocante quotidiano controllo e nella violenza
dello Stato esercitata per mano delle forze dell’ ordine; nella detenzione
amministrativa nei Cpr, nei Cas, nei dormitori dove rigide regole, basate su un
rapporto di subordinazione e dipendenza, infantilizzano gli individui, ledono le
libertà e la dignità delle persone.
L’obiettivo è di alienarci, tra noi e nella lotta, inibire ogni idea, desiderio di
cambiamento: perché i popoli pacificati non possono rappresentare minaccia per le
politiche fasciste, guerrafondaie; perché i popoli pacificati non possano
rappresentare ed esprimere una reale alternativa alle politiche imperialiste che
massacrano i fratelli e le sorelle palestinesi, mentre il capitalismo sfrenato semina
morti sul lavoro, morti di razzismo, morti di Stato. Lo sfruttamento è la risultante di

politiche che non solo non riconoscono dignità alle persone, ma le riducono a corpi
invisibili e subalterni, condannati a una vita di paura e precarietà.
Questo ciclo di esclusione non si può spezzare senza un cambiamento radicale, senza
mettere in discussione un sistema economico e sociale che si fonda sulla
disuguaglianza e sulla repressione.
La lotta di Anan Yaeesh e dei suoi compagni, in Palestina come in Italia, è una
battaglia che non si può scindere dalla lotta portata avanti contro un sistema che
arricchisce pochi a spese di milioni di persone incatenate dalla sete di profitto del
capitale. Un sistema che, dalle demolizioni di case a Tulkarem fino agli sfratti nelle
periferie italiane, cerca di spegnere ogni scintilla di resistenza e cambiamento reale,
possibile solo attraverso la lotta congiunta.
Per Anan, per Ali, per Mansour, per tutte le vittime della repressione e
dell’oppressione del capitale e dell’imperialismo, scendiamo in piazza il 16 maggio e
ci prepariamo a intensificare la mobilitazione del 21 maggio a L’Aquila. Perché la
Resistenza non si processa e le lotte per la giustizia non si arrestano fino alla
liberazione della Palestina – dal fiume fino al mare, fino al diritto al ritorno di ogni
profugo palestinese – fino a che tutte e tutti avranno casa, pane e dignità.
Io voglio anche la felicità, come diceva Sankara!
Anan Yaeesh libero ora! La Resistenza non si processa!
Dalle Periferie alla Palestina: Anan libero!
Ora e sempre resistenza!


Anan Yaeesh, partigiano palestinese, è detenuto dallo Stato italiano su volontà di “Israele”. È accusato di aver partecipato alla resistenza del suo popolo contro la guerra e lo sfruttamento che le potenze occidentali impongono al mondo arabo. La sua prigionia è l’ennesima dimostrazione del carattere coloniale, razzista e repressivo del sistema in cui viviamo. Colpire Anan significa colpire chiunque lotti contro le guerre, il genocidio del popolo palestinese, lo sfruttamento e l’emarginazione che viviamo ogni giorno nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle periferie. Il 21 maggio a L’Aquila si terrà una nuova udienza del processo nei suoi confronti e dei compagni, Ali Irar e Mansour Doghmosh. Come sfruttati di ogni parte del mondo, dobbiamo organizzarci e unirci per liberare Anan e sostenere la resistenza palestinese, perché è anche così che si combatte l’oppressione nelle strade, nei CPR, nei dormitori e nelle fabbriche. Per questo il 16 maggio alle 19 saremo in Piazzale Gabrio Rosa: portiamo insieme la nostra lotta con determinazione nelle strade di Corvetto, quartiere segnato ogni giorno da emarginazione e repressione.

ANAN LIBERO

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9 maggio: ricordiamo la vittoria sul nazi-fascismo

VENERDI 9 MAGGIO 2025 ORE 21:00

“IL RUOLO DELL’UNIONE SOVIETICA NELLA LOTTA AL NAZI-FASCISMO”

9 MAGGIO 1945 – 9 MAGGIO 2025  IERI COME OGGI CONTRO IL NAZI-FASCIMO

Interverrà Mario Pietri, responsabile del canale Telegram “Mondo Multipolare” e collaboratore di Radio Onda d’Urto

Alla Panetteria Occupata – Via Conte Rosso 20 Milano

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7 maggio: solidali con Anan, Ali e Mansour

7 MAGGIO | 19.30 Ci troviamo ad Archive – via Arquà 15 – Milano

#FREEANAN: PRESENTAZIONE PUBBLICA

CON AVVOCATI E COMITATO FREE ANAN

Il 7 maggio organizziamo, in via Arquà 15 a Milano, un momento di incontro con il Comitato Free Anan (@free_anan) per parlare della vicenda e della campagna di Anan Yaeesh, prigioniero politico palestinese detenuto nel carcere di Terni in quanto “accusato”, insieme ai compagni Ali Irar e Mansour Doghmosh, di sostenere la resistenza palestinese.

L’evento sarà un’occasione per rilanciare il presidio chiamato al tribunale de L’Aquila in concomitanza dell’udienza del 21 maggio, che sarà una data cruciale nel processo, in quanto potrebbe determinare le sorti dei tre “imputati” palestinesi.

Quello di Anan è un processo politico e un’evidenza diretta di come il diritto sia piegato ai legami diplomatici che l’Italia intrattiene con l’entità sionista, negando la libera autodeterminazione dei palestinesi e criminalizzandone la giusta lotta per la liberazione.

Il 7 sarà anche un’occasione per discutere insieme della repressione che stiamo subendo in Italia, che non agisce per eventi isolati, ma come piano strategico volto a reprimere le lotte che portiamo avanti, rafforzato con l’entrata in vigore del DL “Sicurezza”.

Ci troviamo ad Archive – via Arquà 15

Ore 19.30

ANAN LIBERO! ALI LIBERO! MANSOUR LIBERO!

TUTTX LIBERX!

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