1 MAGGIO 2025 A MILANO
“IL MOTORE DELLA STORIA E’ LA LOTTA DI CLASSE”
ORE 14:30 VIA PADOVA ANGOLO VIA GIACOSA
Corteo contro guerre imperialiste, riarmo, sfruttamento, caro vita e repressione
Come in Palestina….Resistere per vincere!

1 MAGGIO 2025 A MILANO
“IL MOTORE DELLA STORIA E’ LA LOTTA DI CLASSE”
ORE 14:30 VIA PADOVA ANGOLO VIA GIACOSA
Corteo contro guerre imperialiste, riarmo, sfruttamento, caro vita e repressione
Come in Palestina….Resistere per vincere!
Sabato 26 aprile Assemblea pubblica alle ore 17 alla nuova occupazione in Viale Brenta 41
Di fronte a noi c’è un mondo sempre più in guerra e in crisi.
Per questo motivo è evidente la volontà di stanziare sempre più fondi al riarmo, sottraendoli alle politiche sociali (sanità, casa, istruzione). L’Italia, in quanto paese capitalista, deve necessariamente egemonizzare e sfruttare dentro e fuori i propri confini al fine di mantenere il proprio potere e la sua posizione globale; deve assicurarsi di poter continuare a sottomettere altre aree del mondo e garantire flussi in ingresso di risorse naturali, di capitale e di forza lavoro a basso costo.
Gli effetti di queste politiche capitaliste e imperialiste si esprimono oggi internamente tramite la tendenza ad un’economia di guerra, ad uno stato di polizia e una graduale modifica della società in tal senso. I flussi migratori continuano a mantenere una centralità negli interessi capitalisti in quanto fondamentali all’inasprimento sempre maggiore dello sfruttamento sulle classi lavoratrici. La miseria in cui versano costringe lavoratori e lavoratrici a dover accettare qualsiasi condizione lavorativa; inoltre, chi ha già un posto di lavoro deve vivere nel rischio di essere sostituito: la precarietà in cui è violentemente costretta una componente della popolazione trascina con sé quella di tutte le classi oppresse. Il capitalismo ha bisogno quindi di un controllo serrato sulla popolazione, finalizzato al suo disciplinamento, in maniera particolare su quella migrante. Ciò avviene tramite strumenti di differenziazione e individualizzazione del trattamento attraverso una logica premiale: vediamo, ad esempio, l’attuazione di questa politica nelle strutture dell’accoglienza/espulsione (dormitori, Cas, Cpr). Queste strutture inoltre non sono altro che un costo per lo stato, per cui vige la tendenza a cederle a privati, soprattutto a grosse multinazionali (come per esempio Medi hospes, cooperativa alla quale è stato affidato il bando di gestione di casa Jannacci, inserito in un quadro di crescente monopolio sull’amministrazione della migrazione che l’ Italia porta avanti a fianco delle direttive emanate dall’Unione Europea e non solo: ad essa erano stati affidati infatti gli hotspot in Albania). In questo modo il servizio cambia da essere un costo a essere motivo di profitto: ogni persona “accolta” in più significa più guadagno. A questo stesso processo di privatizzazione si affianca l’innalzamento dei prezzi degli affitti e delle case e un mirato smantellamento dell’edilizia sociale, in una città che espelle e ghettizza le fasce popolari, che rimarranno comunque legate alla città dai vincoli lavorativi. Di fronte alla crisi e a potenziali forme di dissenso popolare la risposta statale non può che manifestarsi in misure repressive sempre più autoritarie , quali il Decreto Legge che in via emergenziale è appena approvato, o le zone rosse, di recente estese. Il Decreto appena citato (ex1660) è l’ultima di una serie di misure che da anni i governi utilizzano per impedire l’azione di chi si pone in opposizione a questo sistema. In tal modo vengono criminalizzate esplicitamente le pratiche e gli strumenti di lotta e si inaspriscono le pene: ciò è funzionale alla creazione di uno stato di terrore e ridefinizione della categoria del nemico interno.
Se le intenzioni dello stato appaiono chiare anche nel tentativo di estendere la sensazione di impotenza difronte alla violenza strutturale sempre più evidente, da parte nostra rispondiamo volgendo lo sguardo alla resistenza palestinese che ci fa da esempio. La resistenza segna la strada, a fronte di uno dei massacri più abominevoli di questa opera storica, ed è oggi la bandiera di tutte le lotte decoloniali.
E’ in questo quadro che oggi la lotta di ci siamo si inserisce. Da quasi dieci anni questa esperienza dà voce e difende gli interessi della classe lavoratrice immigrata e lavora affinché vengano spezzati i meccanismi di discriminazione che vogliono tenerla separata dall’intera classe proletaria. Questi interessi riguardano il bisogno di avere una casa , di non essere confinati nei ghetti periferici, di non sottostare a condizioni lavorative con contratti, turni e carichi di lavoro che rasentano il lavoro schiavile. E alimentato da un sistema razzista e ricattatorio dei documenti che rappresenta una minaccia per tutta la classe proletaria. Oggi questa componente vuole rappresentare un ponte con i propri paesi di provenienza, impoveriti e spogliati dalle politiche neocoloniali.
Quindi, perché occupiamo?
– Rifiutiamo il processo di espulsione dalla città delle classi oppresse. L’occupazione serve quindi a esplicitare la necessità di avere un alloggio sicuro e dignitoso per tutte e tutti.
– Rifiutiamo il sistema d’accoglienza che lascia in condizioni precarie e disumanizzanti le persone: emancipazione significa liberarsi dai ruoli imposti dal capitale; sia che questi siano di genere o di classe, dagli innumerevoli ricatti imposti da un sistema che ci divide in base al tipo di documento o contratto lavorativo.
– L’occupazione è il luogo di incontro e organizzazione tra le persone per l’avanzamento delle lotte.
– Per contribuire all’organizzazione di un fronte contro guerra, imperialismo e razzismo di stato, in appoggio alla resistenza palestinese.
– Di fronte ai decreti repressivi crediamo lottare sia possibile e doveroso, difendendo quelle pratiche di lotta, che da sempre appartengono alla storia dei movimenti e che hanno dimostrato la loro incisività.
Oggi i lavoratori e lavoratrici immigrate, gli studenti e le studentesse, i solidali a questa lotta vogliono lanciare un messaggio a tutta la classe sfruttata , a tutt/e quelli/e che faticano e soffrono davanti al sempre maggiore impoverimento e a cui viene impedita la possibilità di parola.
Di fronte a noi c’è un mondo che va conquistato!
Nell’anniversario delle liberazione dal nazi-fascismo continuiamo la mobilitazione al fianco della Resistenza Palestinese e dei popoli che ancora lottano contro il colonialismo e le guerre imperialiste. Sosteniamo il fronte di Resistenza bloccando la guerra qui nei paesi dove si produce e organizziamoci insieme contro la crisi ed un sistema sempre più autoritario e repressivo. Facciamo nostro l’appello delle organizzazioni palestinesi scendendo in strada il 25 aprile. La Resistenza continua.
IL 25 APRILE SCENDIAMO IN PIAZZA PER LA PALESTINA ORE 12:00 | CONCENTRAMENTO A PALESTRO (M1) Il 25 aprile è una giornata che deve appartenere al popolo, alla memoria della Resistenza, a chi ancora oggi si batte contro l’oppressione, l’occupazione e l’imperialismo. Per questo scenderemo in piazza a Milano, a fianco dei partigiani e nel solco della lotta che loro hanno tracciato. Ma oggi più che mai, riteniamo inaccettabile che nel corteo antifascista trovino spazio anche figure e gruppi che rappresentano il sionismo, il colonialismo e la guerra. Non può esserci spazio, in una giornata come questa, per chi sostiene l’oppressione del popolo palestinese, per chi legittima bombardamenti, genocidio e occupazione. Non può esserci spazio per i guerrafondai, per chi usa la parola “Resistenza” solo quando fa comodo e la calpesta ogni giorno nella realtà. È inaccettabile che mentre in piazza si parla di libertà e giustizia, un partigiano palestinese come Anan Yaeesh sia detenuto da oltre un anno nel carcere di Terni, sotto processo da parte dello Stato italiano per aver partecipato alla Resistenza di Tulkarem, in Cisgiordania, territorio occupato militarmente dall’entità sionista dal 1967. Questo è il paradosso di un antifascismo a senso unico, che dimentica chi oggi vive sulla propria pelle la stessa lotta di liberazione che l’Italia ha vissuto 80 anni fa. Per noi, oggi, la resistenza palestinese è l’erede e l’incarnazione più autentica dello spirito partigiano. Il nostro è un popolo che si batte da decenni per la propria libertà, contro l’occupazione militare, contro il colonialismo sionista, contro la pulizia etnica. Come i partigiani italiani combatterono contro il nazifascismo, oggi i palestinesi combattono contro un’oppressione che ha nomi, alleati e armi ben riconoscibili. È tempo di restituire al 25 aprile il suo significato politico, radicale, popolare. Per questo rivendichiamo con forza di aprire il corteo, insieme ai partigiani e a chi porta avanti oggi la loro memoria. La nostra presenza alla testa del corteo non è una richiesta simbolica, ma una presa di posizione politica precisa: vogliamo e dobbiamo stare davanti, come espressione viva e attuale della Resistenza, perché quella lotta non è finita e oggi continua anche in Palestina. Qualsiasi altra collocazione sarebbe un tentativo di silenziare il senso vero di questa giornata. INVITIAMO TUTTE E TUTTI AL CONCENTRAMENTO ALLE ORE 12:00 A PALESTRO (M1)Chiediamo a tutti gli antifascisti, gli antisionisti e ai solidali con la lotta del nostro popolo di portare con sè bandiere palestinesi, kufiye, cartelli, striscioni e simboli della Resistenza palestinese. Facciamo sentire forte la voce dell’antifascismo vero, che non si piega ai diktat della politica istituzionale e non accetta di vedere la memoria della Resistenza svuotata e cooptata per fini di parte. IL 25 APRILE NON È UNA RICORRENZA ORA E OVUNQUE RESISTENZA! DALL’ITALIA ALLA PALESTINA LA GUERRA SI FERMA CON LA RESISTENZA
Giovani Palestinesi d’Italia Unione Democratica Arabo Palestinese Comunità Palestinese della Lombardia
Un breve saluto di Dimitris Koufontinas dal carcere speciale di Domokos, per la presentazione del suo libro “L’ Organizzazione Rivoluzionaria 17 Novembre. 13 Risposte dal Carcere” a Milano [Panetteria Occupata, 17/04/2025]
Sono molto felice che oggi mi trovo con la mente insieme a voi a Milano, per la presentazione del libro “13 risposte”, tradotto dal compagno Leonidas.
Quest’anno coincide con il cοmpimento di 50 anni dalla prima azione armata dell’ Organizzazione Rivoluzionaria 17 Novembre, il Dicembre del 1975 contro il capo della CIA in Grecia. Questο è un ulteriore motivo per una discussione piu’ ampia, con la distanza del tempo, per il movimento di contro-violenza armata nei nostri paesi e in tutto il mondo.
In questo piccolo libro non si fa un semplice racconto dei fatti della versione greca di questo movimento. Se vogliamo avvicinarsi alla verità non possiamo isolarla dalle sue radici storiche, non possiamo escluderla dalla totalità del processo storico, dal percorso dell’ evoluzione sociale, dalla congiuntura internazionale e dalla geostrategia del movimento di tutto il mondo.
17N considerava sempre sè stessa come parte della corrente di resistenza che trascorre la storia della nostra terra, e come parte della corrente piu’ ampia della resistenza dei popoli. Le risposte che ha dato come anche il suo percorso evolutivo, si assomigliano con le risposte che sono state date in altre terre e con il percorso evolutivo di altri movimenti in altri paesi.
Secondo me, oltre all’ ammonimento del fatto che il debole può far tremare il potente, il contributo piu’ importante della 17N era la sua adesione alla guerra ideologica, nel tentativo d’interpretazione della realtà dai socialmente attivi, dinanzi alla menzogna dominante e della sua riproduzione organizzata. Nel tentativo di non far riscrivere la Storia.
L’edizione di questo libro, come anche il dibattito di oggi, fanno parte dell’ ambito di questa lotta ideologica continua, come un tentativo di tornare utile per quelli che cercano le loro strade per la liberazione sociale.
GIOVEDI 17 APRILE 2025 ORE 18:30 presentazione del libro “L’ORGANIZZAZIONE RIVOLUZIONARIA 17 NOVEMBRE – 13 risposte dal carcere” di DIMITRIS KOUFONTINAS
con Manolo Morlacchi di Pgreco Edizioni e in collegamento da Atene Leon Vlassis curatore della traduzione
Dimitris Koufontinas in questa intervista dal carcere ci parla della sua esperienza nella 17 Novembre, una delle organizzazioni rivoluzionarie più importanti in Europa negli anni ’70 attiva fino agli arresti del 2002. Ci parla del senso della militanza rivoluzionaria, delle varie forme di lotta, delle lezioni acquisite dalle esperienze rivoluzionarie, della continuità dei processi rivoluzionari. Alcuni spunti attuali su cui dobbiamo riflettere tutti noi che lottiamo contro lo sfruttamento e le guerre e sogniamo di vivere in una società fondata sull’uguaglianza sociale, sulla solidarietà e sulla libertà.
Venerdi 11 aprile SCIOPERO GENERALE e
Sabato 12 aprile, Milano, ore 14.30 in Piazza Duca d’Aosta
MANIFESTAZIONE NAZIONALE
Fermiamo la macchina bellica! Palestina libera!
NO al genocidio e alla deportazione del popolo palestinese
PER un cessate il fuoco immediato e duraturo
PER la ricostruzione di Gaza e l’invio di aiuti umanitari
CONTRO il governo italiano e il suo sostegno a israele
FERMIAMO la corsa al riarmo e la repressione
A FIANCO del popolo palestinese e della sua resistenza!
S.O. FUTURA organizza:
RIVOLUZIONE QUEER ★
Dall’evoluzione della concezione di “genere” al consolidamento del binarismo sessuale, fino ad arrivare alle prime forme di attivismo e organizzazione queer.
Vi invitiamo questo sabato 5 aprile, in occasione dell’anniversario della manifestazione considerata la “Stonewall italiana” (5 aprile 1972), durante la quale decine di militanti del FUORI! -e altri collettivi- hanno sfidato e contestato le posizioni patologizzanti nei confronti della queerness espresse in un convegno di medici e psichiatri a Sanremo.
✦ Storia, analisi e prospettive future: la lotta queer tra repressione, patologizzazione, sfruttamento e le prospettive assimilazioniste della sinistra borghese.
➝ Sabato 5 aprile h. 17:00
➝ Panetteria Occupata (Milano, Via Conte Rosso 20, zona Lambrate)
29 Marzo, ore 14:30
📍 Biblioteca Affori – Viale Affori 21, 20161 Milano
📣 Incontro pubblico: “RITORNO AL FUTURO”
Il Sistema Sanitario Pubblico che Vogliamo
LA SANITÀ PUBBLICA È UN DIRITTO.
DIFENDIAMOLA INSIEME!
Non possiamo restare in silenzio mentre il Servizio Sanitario Nazionale viene smantellato sotto i nostri occhi. Non possiamo accettare che curarsi diventi un lusso per pochi, mentre le risorse pubbliche vengono dirottate altrove.
🏥 La salute è un diritto, non un privilegio. Eppure, oggi sempre più persone si trovano costrette a rinunciare a visite ed esami perché i tempi di attesa nel pubblico si allungano,
mentre nel privato—PAGANDO—tutto diventa immediato.
Questo non è un caso: è una scelta politica.
🏥 La medicina territoriale sta scomparendo. I medici di base, un tempo pilastro della sanità pubblica, oggi sono sommersi dalla burocrazia e costretti a seguire fino a 2000 pazienti. Risultato? Un sistema che non riesce più a garantire cure tempestive e di qualità.
🏢 Il pubblico si indebolisce, il privato si rafforza. In Lombardia da anni assistiamo a un processo chiaro: sempre più fondi vanno alle strutture private, mentre gli ospedali pubblici vengono ridotti a freddi ingranaggi di un sistema aziendalistico
basato sul profitto più che sulla salute delle persone.
💰 Meno fondi per cure e ospedali, più miliardi per carri armati e caccia militari: le priorità sono chiare, ma non sono le nostre!
💡 Ma c’è un’alternativa. La sanità pubblica può essere ricreata e rilanciata, tornando ai suoi principi fondanti: universalità, solidarietà, accesso equo alle cure per tutti.
Per questo il Gruppo di Studio per la Salute del Futuro ha elaborato un nuovo progetto del SSN, pensato da chi lavora ogni giorno nella sanità e vuole ricostruire un sistema che risponda ai bisogni reali della popolazione. A questa iniziativa partecipa e collabora la Rete Tanta Salute a Tutti.
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NON C’È PIÙ TEMPO: MOBILITIAMOCI!
I mutamenti nei processi produttivi hanno determinato effetti considerevoli nel mondo del lavoro in termini di accrescimento di povertà e sfruttamento, esasperazione del controllo sociale e utilizzo del razzismo tra la classe dei lavoratori.
Flessibilità e precarietà lavorativa, privatizzazioni, chiusure aziendali, bassi salari e lavoro povero, progressiva riduzione dello stato sociale stanno determinando un peggioramento delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione. Stiamo vivendo una profonda crisi economica che sta determinando un aumento dell’utilizzo della guerra come risoluzione dei problemi per gli Stati ed il padronato.
Crisi e discesa in guerra dell’Italia, dell’UE, rendono, anche per il Governo italiano, necessario applicare sempre nuove forme di militarizzazione e controllo sociale per avere un retroterra pacificato e disponibile ai sacrifici al fine di preservare e garantire gli interessi del padronato (e del Governo). Occorre difendere la politica coloniale nell’Est d’Europa, in Africa, nel Medio Oriente, per avere accesso alle materie prime tanto
utili alle economie occidentali per conservare l’egemonia tanto utile alle economie occidentali per conservare la propria egemonia nel mondo; così si arriva a legittimare e sostenere il genocidio del popolo Palestinese da parte dei sionisti israeliani o a continuare a rifornire armi a paesi come l’Ucraina.
In questo scenario il 18 settembre 2024 viene approvato alla Camera dei Deputati il DDL 1660, ennesimo “decreto sicurezza” come tentativo di creare una società caserma, uno stato di polizia necessario allo stato di guerra. Un sistema sempre più adatto allo spirito della guerra.
Questo disegno di legge, è stato promosso dai Ministri Piantedosi (interno=repressione) Nordio (in/giustizia) Crosetto (difesa = guerra e vendita armi), in pratica da tutte le forze politiche del Governo Meloni che si caratterizza per essere una compagine governativa con una matrice autoritaria/poliziesca e sicuramente con un carattere razzista e classista. Con questo Disegno di legge lo Stato sociale muore e si trasforma in Stato penale e lo strumento repressivo (per le classi popolari) diventa tecnica di governo. Il DDL 1660 allarga la sfera di applicazione del diritto penale, istituisce nuove fattispecie di reato e diverse aggravanti comuni o speciali (aumento delle pene e delle sanzioni) e per le persone rinchiuse nelle carceri pone limiti alla concessione di misure alternative alla detenzione. Persegue la volontà di sterilizzare gli ambiti di conflittualità sociale che in questi anni sono stati tra i più attivi. Tutti i soggetti che esprimono critica e conflittualità sono considerati “nemici” e nel DDL vengono perseguiti.
Si colpisce il movimento sindacale che, soprattutto, in alcuni settori conduce numerose lotte e scioperi come quello nella logistica e nei trasporti; il movimento ambientalista e le loro pratiche di lotta; gli occupanti di case o gli inquilini morosi; le persone detenute in carcere e ristrette nei Cpr; i movimenti di protesta contro le grandi opere come la TAV; i giovani dei quartieri ed i poveri e quei fenomeni considerati di “marginalità sociale” (con l’ampliamento del Daspo Urbano). Così come, mira a colpire e reprimere quei movimenti di solidarietà che negli anni si sono mobilitati a sostegno dei detenuti nelle carceri e nei Cpr, della lotta per il bisogno della casa ed a difesa degli sfratti verso una parte sempre più ampia della popolazione che è impossibilitata a pagare un canone di locazione a costi di mercato o è costretta ad una condizione di morosità per disoccupazione e/o salari bassi.
Il DDL, in sintesi, si propone di colpire, punire, criminalizzare quella maggioranza della popolazione che potenzialmente potrebbe mettere in discussione questo sistema sociale fondato sullo sfruttamento e le disuguaglianze. È un’operazione repressiva, di prevenzione e monito verso le lotte attuali e future. Si vuole imporre un disciplinamento sociale nei luoghi di lavoro, nelle strade, nelle scuole e nell’intera società. Allo stesso tempo tenta di creare un “diritto penale dell’amico” introducendo delle norme che allargano
l’impunità e discrezionalità alle Forze di Polizia e alle Forze Armate, per creare quel modello di democrazia autoritaria, oggi così necessario nella guerra globale di conquista di spazi di mercato e di egemonia del comando. Si concedono quindi privilegi a coloro che sono chiamati a far rispettare, accettare e reprimere le inique regole del mercato e della guerra.
Mentre il DDL 1660 (ora rinominato AS 1236) è attualmente in discussione al Senato per la sua definitiva approvazione dal 27 dicembre 2024, seguendo le direttive del Ministro degli Interni, i Prefetti hanno istituito in diverse città, tra cui Milano, le cosiddette “zone rosse”. Hanno individuato alcune aree, considerate più sensibili e assegnato alle Forze di Polizia una maggiore funzione di controllo e il mandato per espellere, in pieno arbitrio e discrezionalità (per colore della pelle, postura, abbigliamento?), tutti quei soggetti che
possano essere ritenuti potenzialmente disturbatori per le attività produttive o di svago. Un controllo capillare caratterizzato da una ferocia classista e razzista.
Anche attraverso le “zone rosse” al proletariato metropolitano si vuole imporre un nuovo modello di rapporto con la città, fondato sul disciplinamento sociale necessario a tutelare il Capitale e lo Stato facendo sì che le classi subalterne siano costrette ad accettare condizioni di vita insostenibili.
Il 3 marzo scorso, durante l’incontro del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica tenutosi in Prefettura a Milano, il ministro dell’Interno Piantedosi ha annunciato che a brevissimo inizierà a partire dalla zona di Via Padova un presidio fisso delle forze di polizia intorno al quale, usando le parole del ministro, ruoterà un sistema di alcune volanti che faranno il controllo del territorio. Oltre a questo viene confermato l’arrivo di risorse economiche per ulteriori sistemi di videosorveglianza. Con questa ulteriore
operazione di carattere solamente repressivo si vuole far passare le aree metropolitane proletarie come luoghi di in/sicurezza, mentre noi sappiamo che forti sono i rapporti di solidarietà e di comunità che vivono in queste zone e numerosi i momenti di lotta a partire da quelli per il bisogno della casa, per la fratellanza dei popoli, per la solidarietà con la Palestina.
In questi mesi si sono tenute in tutta Italia numerose iniziative, assemblee – manifestazioni – scioperi per bloccare il DDL 1660 e di critica alle “zone rosse”. Pensiamo sia necessario sostenere e rafforzare questa mobilitazione per impedire che il disegno di legge venga attuato. Un disegno legge che va respinto nella sua totalità, che non è riformabile.
Pensiamo che solo con l’unità e la solidarietà tra tutti gli sfruttati si possa avere la forza per lottare contro questa deriva autoritaria e contro i processi di guerra in atto. Che anche nei quartieri dove viviamo si possono organizzare momenti di lotta e di resistenza per contrastare, anche dopo la sua approvazione, il DDL 1660 e rendere inapplicabili le “zone rosse”, per fermare le guerre e contrapporre alle politiche governative gli interessi ed i bisogni, di noi lavoratori, di noi proletari.
Vi invitiamo a partecipare, per discutere insieme ed organizzarci, all’Assemblea Pubblica Sabato 22 marzo dalle ore 11 in viale Padova ang. via Giacosa.
Milano, marzo 2025 Panetteria Occupata