22 dicembre: a sostegno della Resistenza Palestinese – davanti al Carrefour 2

Oggi VENERDì 22 DICEMBRE 2023 davanti al CARREFOUR di Via Grossich – MM2 Lambrate – dalle ore 18,00 c’è stato un secondo momento di denuncia contro una delle forme di collaborazione con il colonialismo che avviene attraverso accordi commerciali e di sostegno con l’entità sionista e per rivendicare la fine immediata del genocidio a Gaza.

Nella striscia di Gaza, quasi 27.000 tra uccisi e dispersi tra i palestinesi, di cui 10.000 bambini, 6.200 donne, personale sanitario, della protezione civile, giornalisti, 1.8milioni di sfollati, senza contare un numero esorbitante di scuole, università, moschee, chiese, ed unità abitative e ospedali distrutti. Prova evidente del genocidio che si sta commettendo in terra palestinese.

Quello che Israele sta bombardando e vuole nascondere al mondo è che un popolo sfruttato, umiliato, espropriato della propria terra e di un futuro, trovi nella lotta per la propria liberazione l’unica forma di vita possibile. E lo fa consapevole che quello che sta succedendo non è circoscritto a Gaza, ma a tutta l’area medio-orientale e che gli sviluppi ridefiniranno nuovi assetti geopolitici a livello internazionale.

Israele sta continuando a mettere in pratica una guerra di sterminio, contro la Resistenza palestinese, la lotta di un popolo, che va avanti da circa un secolo contro il regime coloniale sionista con chiare connotazioni razziste e classiste, costruito, da accordi a tavolino, dai paesi europei a controllo e salvaguardia degli interessi capitalisti ed imperialisti nell’area medio-orientale.

Questo spiega la strenua difesa o il silenzio da parte dei governi occidentali, Usa, quale testa di ponte dell’imperialismo occidentale per la stabilità e la sicurezza degli interessi e del dominio egemonico europeo, e l’appoggio diretto ed indiretto degli USA e dei paesi europei, Italia in testa, con accordi commerciali, di ricerca ed economici (soprattutto di forniture e vendita di armi).

Ecco, perché eravamo davanti a CARREFOUR:

* Perché inceppare i meccanismi di relazione economica e commerciale tra l’occupante israeliano e una delle più grandi catene di supermercati d’Europa, rappresenta uno dei modi possibili per sostenere la resistenza del popolo palestinese.
*Perché
 Carrefour commercia con le imprese che hanno sede nei territori occupati da Israele, invia gratuitamente pacchi di alimenti all’esercito israeliano, mentre questo distrugge scuole, ospedali, case, bombarda i profughi, rastrella i civili in Cisgiordania.

* Perché sostiene da sempre il sionismo e le sue politiche criminali. Da anni il movimento di boicottaggio, nato in Palestina, denuncia tutti gli accordi economici e commerciali che legano l’entità razzista di Israele ai grandi marchi occidentali e chiede di rompere ogni tipo di complicità.

* Perché occorre dare continuità ad ogni pratica di sostegno al popolo palestinese affinché la solidarietà con la sua lotta che dura da più di 75 anni passa anche attraverso gesti concreti.

Quello di cui Israele non ha tenuto in conto è la risposta delle piazze che hanno detto no alla propaganda imperialista che avrebbe voluto, così come successo per la guerra USA/Ucraina-Russia, generare uno schieramento a favore dei “valori” atlantici, nel gioco del divide et impera, all’interno di uno scontro di civiltà islamofobico.

Risposte che ogni giorno esprimono con atti concreti di boicottaggio, di controinformazione e all’interno delle manifestazioni da che parte stare: dalla parte di chi lotta contro la miseria, lo sfruttamento, la prepotenza e l’assoggettamento coloniale e imperialista, dalla parte e a fianco del popolo palestinese.

Oggi, davanti al Carrefour, abbiamo raccolto la solidarietà  di molti passanti e fruitori del supermercato, consapevoli che il sostegno al popolo palestinese, passa anche attraverso atti concreti come quello di boicottare gli interessi di un’ azienda che sta sostenendo israele nel suo progetto di annientamento del popolo palestinese.

Per discutere ed organizzare altre iniziative  a sostegno della Palestina, ci troviamo Martedì 9 gennaio 2024  in Panetteria Occupata – Via Conte Rosso 20 alle ore 18.00

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Sosteniamo la Palestina – Boicottiamo Carrefour

COSA C’ENTRA CARREFOUR CON LA PALESTINA ?

Da marzo 2022 Carrefour è complice e beneficiario della colonizzazione della Palestina e del sistema di apartheid imposto da Israele. Attraverso accordi stipulati con la società Electra Consumers Products e la sua filiale Yenot Bitan, coinvolta nella colonizzazione, Carrefour trae profitto dall’occupazione.
La filiale israeliana della Carrefour ha donato migliaia di razioni alimentari ai soldati
dell’ IDF (Forze di difesa israeliane) contribuendo, con il suo apporto logistico, al massacro in corso di migliaia di abitanti di Gaza.
Carrefour fornisce tonnellate di cibo e materiale vario all’esercito israeliano mentre è in atto un genocidio in terra palestinese, con migliaia di morti (18.000, in maggioranza bambini), uccisi dai bombardamenti di case, ospedali, scuole, ma anche dalla fame, dalla mancanza d’ acqua e dall’impossibilità di curarsi.

Mentre il popolo Palestinese resiste da più di 75 anni è possibile, anche qui in Italia, SOSTENERE la sua Resistenza DENUNCIANDO le complicità e gli appoggi al regime di
occupazione e di apartheid israeliano che le multinazionali occidentali e i governi
dell’Unione Europea e degli Usa, attraverso cooperazioni e accordi, mantengono in vita.
TOGLIENDO il sostegno all’entità sionista che attraverso l’occupazione, il razzismo,
l’espulsione della popolazione araba palestinese dalla propria terra, porta avanti un vero
e proprio genocidio.
SMASCHERANDO la propaganda dei media occidentali che continuano ad omettere le
ragioni che hanno portato alla formazione dell’entità sionista di Israele: la creazione di un
avamposto a difesa degli interessi delle multinazionali e dei paesi imperialisti per dividere la popolazione araba, controllare le risorse energetiche, imporre un controllo militare.
Una forma di colonizzazione che attraverso l’occupazione e l’espulsione della popolazione araba produce continuamente miseria e massacri.
In questa situazione la Resistenza Palestinese ci ha dimostrato che è possibile ribellarsi e ci ha dato l’esempio. A livello internazionale si stanno moltiplicando le mobilitazioni a sostegno della lotta di liberazione della Palestina dall’occupazione sionista.
Grandi manifestazioni, campagne di boicottaggio, scioperi, blocchi nei porti delle navi
israeliane e di quelle che caricano armi, azioni combattenti in Yemen, Iraq, Libano ecc…
creano un’ unità di popolo contro un comune nemico: il sionismo e l’imperialismo
delle multinazionali.

Anche per questo, boicottare una multinazionale come Carrefour o partecipare alle
manifestazioni, come quelle che tutti i sabato pomeriggio attraversano le vie di Milano, sono atti che rafforzano e sostengono sia la Resistenza in Palestina che la lotta  per un cambiamento anche nei nostri paesi.

Continuiamo insieme questa lotta!

PANETTERIA OCCUPATA

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14 dicembre: a sostegno della Resistenza Palestinese: davanti al Carrefour

GIOVEDI 14 DICEMBRE 2023 DALLE ORE 17:00 DAVANTI AL CARREFOUR DI VIA SPINOZA (PIOLA) MILANO
Per le sue attività commerciali nelle colonie illegali israeliane Carrefour è complice dell’occupazione e dell’apartheid in Palestina.

Contro ogni forma di collaborazione con il colonialismo sionista. Nessun accordo militare, politico, economico e di ricerca scientifica con l’entità razzista e criminale di Israele.
Con la Resistenza Palestinese, per la fine immediata del genocidio a Gaza!

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10 dicembre: presidio al carcere di Opera

DOMENICA 10 DICEMBRE PRESIDIO AL CARCERE DI OPERA

ore 14:30 davanti all’ingresso del carcere

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7 dicembre: presidio *La casa è un bisogno. Basta guerre, lusso e capitalismo*

_Giovedì 7 dicembre 2023_
*La casa è un bisogno. Basta guerre, lusso e  capitalismo*
_Ore 16:00 – Presidio Piazza della Scala – Milano_
Ogni anno, il 7 dicembre, si assiste alla trionfale passerella per la prima della Scala che apre la nuova stagione teatrale. Le telecamere si accendono su questo mondo per pochi, i padroni di sempre, l’élite politica ed economica che si finge compassionevole, ma che in realtà è responsabile delle condizioni di precarietà e povertà, ed è complice delle guerre in atto.
Mostrando la sua vera natura, questa amministrazione comunale, proprio in piazza della Scala, ha esposto per giorni, senza vergogna, la bandiera israeliana, quella degli oppressori, allineandosi con gli interessi europei e dell’imperialismo Statunitense.
Questa è un’amministrazione che ha come principale obiettivo quello di trasformare Milano da città dei lavoratori e dei cittadini, in città per ricchi e turisti, gentrificata ed escludente. Una città dove interi quartieri popolari vengono dati in mano a fondi di investimento speculativi, nazionali e internazionali, i cui progetti determinano l’espulsione dei proletari dalla città.
La città viene ridisegnata ad uso e consumo del profitto, attraverso mega progetti come l’Expo del 2015, le Olimpiadi del 2026 o le grandi opere, provocando grandi devastazioni ambientali, un’accelerazione dei processi di svendita del patrimonio pubblico e speculazione privata.
Nulla viene fatto per tutelare il diritto all’abitare, anzi. Chi si oppone e si organizza contro questi interventi di urbanizzazione capitalista viene prontamente colpito da provvedimenti repressivi sempre più severi e classisti. Gli sfratti e gli sgomberi sono all’ordine del giorno, ma sappiamo che negare il diritto all’abitare significa negare la possibilità di lavorare, curarsi, istruirsi, e di organizzarsi e lottare per condizioni di vita più dignitose.
In questi giorni guardando il popolo palestinese che lotta per la propria esistenza, per difendere la propria terra, le proprie case e la propria identità, dovremmo avere il coraggio e la consapevolezza di consolidare anche le nostre battaglie locali e nazionali. Dovremmo avere il coraggio di affermare la necessità di una solidarietà internazionalista in difesa dell’autodeterminazione dei popoli e di tutti gli sfruttati, a partire da noi.
Siamo a fianco alla Resistenza del popolo palestinese per una Palestina libera dall’occupazione coloniale di cui USA ed Europa (Italia in testa) sono responsabili ideologicamente, sdoganando la politica sionista di Israele, economicamente  attraverso accordi commerciali e progetti di ricerca e militarmente, grazie  all’ ingente supporto bellico messo a disposizione  per compiere il genocidio che si sta consumando in terra palestinese,
Contro l’investimento bellico che anche in Italia consuma una fetta consistente della spesa pubblica sottraendo risorse al sostegno delle classi sociali piu deboli,
lottiamo per:
•Bloccare immediatamente sfratti e sgomberi in assenza di una soluzione abitativa adeguata.
•Fermare la vendita delle case popolari e imporre l’ assegnazione di tutte quelle esistenti.
•Garantire che vengano effettuati piani di investimento per l’edilizia pubblica e opere di ristrutturazione e ammodernamento a basso impatto ambientale e risparmio energetico per ridurre le spese alle famiglie.
•Fissare un tetto agli affitti sia pubblici che privati e porre dei limiti agli affitti brevi.
•Ottenere una sanatoria delle occupazioni pubbliche.
•Fermare la criminalizzazione delle occupazioni e degli abitanti; riconoscere la residenza e reintrodurre l’allaccio delle utenze (luce, gas, acqua) agli occupanti di stabili sia pubblici che privati; spezzare il circolo vizioso che alimenta illegalità, criminalizzazione, discriminazione.
•Assicurare il diritto allo studio attraverso l’assegnazione di alloggi agli studenti fuori sede e realizzazione di studentati pubblici a prezzi realmente accessibili.
•Garantire che gli stabili privati, vuoti e inutilizzati da anni siano destinarti a scopo sociale e abitativo a canoni di edilizia sociali.
•Pretendere trasparenza dei dati sull’edilizia pubblica e residenziale, sugli alloggi disponibili e sulle assegnazioni; sulle ingiunzioni di sfratto pubbliche e private.
Profitto, privatizzazioni, speculazioni significano per noi sfruttamento ed esclusione. Vogliamo una vita degna: affitti più bassi, salari più alti, documenti per tutti e tutte.
Rete per il Diritto all’Abitare
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1 dicembre: cena di autofinanziamento per la Consultoria Autogestita

VENERDI 1 DICEMBRE DALLE 19:00

CENA DI AUTOFINANZIAMENTO PER LA CONSULTORIA AUTOGESTITA

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Gli unici muri indistruttibili sono quelli nella nostra mente

Riportiamo l’intervento di introduzione alla serata di solidarietà con la Palestina con la presenza del regista palestinese Mohamed Alatar da parte di “Campagna contro l’intitolazione a Ben Gurion del ponte di Crescenzago”:

Nel manifesto di indizione di questa serata abbiamo citato una riflessione, che Mohammed ha espresso in una sua intervista:

Gli unici muri indistruttibili sono quelli nella nostra mente”.

Ecco, crediamo che questa riflessione sia una lente con cui leggere le ragioni e motivazioni di quanto successo il 7 ottobre.

La lotta del popolo palestinese, ci sta insegnando che quel muro, una prigione a cielo aperto, eretto per espropriare terre, acqua, libertà di movimento, lavoro e dignità ad un popolo che, da oltre 75 anni, è sotto il dominio coloniale di Israele che lo vorrebbe cancellare non solo dalla cartina geografica, ma dalla storia, può essere distrutto anche quando di fronte c’è l’esercito più moderno, sofisticato e tecnologico del mondo e l’appoggio gridato o silenzioso della maggioranza dei governi e delle cosiddette democrazie.

Il 7 ottobre non è stato un inizio, ma una tappa, più feroce e cruenta di un progetto di pulizia etnica iniziata e pianificata già nella prima guerra del ’48 dai vertici del sionismo e dell’haganhà, con la cacciata manu militari di 700/800mila palestinesi dalla loro terra (1/2 della popolazione) e venduta massmediaticamente da Israele, in un tentativo di distruzione della memoria storica, come esodo volontario dei palestinesi.

Pulizia etnica continuata nel ’67 con l’occupazione di Gaza e della Cisgiordania, in cui furono cacciati sempre con la forza militare 300.000 palestinesi dai loro territori… altra tappa di un processo che non si è mai fermato in questi 75 anni, ma che ha seguito il piano di priorità che Israele si dava

e che ha significato non solo cacciare i palestinesi distruggendo villaggi, coltivazioni, collegamenti, espropriando terre, ma una penetrazione continua, militare, di insediamenti di coloni, di avamposti, chek point, muri dell’apartheid, oltre a forte repressione e omicidi sistematici.

Da settembre 2000 al 6 ottobre 2023, giorno prima dell’attacco, solo a Gaza sono stati uccisi 7.783 palestinesi, e in tutti i territori occupati, compresa Gerusalemme, sono stati 10.655 i palestinesi ammazzati dall’esercito ma anche dai coloni.

Se si guarda poi la situazione dei detenuti i dati sono esorbitanti: l’ ultimo dato risalente a fine gennaio di quest’anno, parlano di 4.336 palestinesi arrestati nelle prigioni, di 416 nelle mani dell’esercito, di 986 detenuti in via amministrativa, e 292 sempre nelle mani dell’esercito perché entrati illegalmente in Israele per lavorare.

Si può dire, senza essere smentiti, che le uccisioni e le detenzioni sono un’altra forma di pulizia etnica che la politica coloniale sionista utilizza e non dal 7 ottobre.

Cade così il mantra massmediatico del “diritto alla difesa” tanto sbandierato da Israele e fatto proprio da tutte le “democrazie” occidentali e USA, che tenta di capovolgere la realtà trasformando Israele da oppressore in oppresso, da predatore in depredato, da aggressore in aggredito.

Ma quello che Israele sta continuando a mettere in pratica è una guerra di sterminio, utilizzando, in questa fase, l’attacco del 7 ottobre ad opera della resistenza palestinese, come se fosse l’atto primo di uno scontro circoscritto ad un unico soggetto, Hamas, e non espressione della lotta di un popolo, che va avanti da circa un secolo, contro il regime coloniale sionista con chiare connotazioni razziste e classiste, costruito, da accordi a tavolino, dai paesi europei a controllo e salvaguardia degli interessi capitalisti ed imperialisti nell’area medio-orientale.

Dietro l’obiettivo militare dichiarato di far fuori Hamas, sta il vero obiettivo strategico: colpire e terrorizzare la popolazione civile, applicare un terrorismo di Stato per spingere la popolazione ad andarsene, e, come affermato nel 2014 da politici e i membri dell’establishment della sicurezza, marchiare a fuoco la coscienza palestinese”, affinché ogni palestinese ricordi esattamente chi comanda e non osi opporre resistenza. Si continua ad utilizzare la cosiddetta “Dottrina Dahiya” elaborata dall’esercito israeliano nel 2006 in Libano e utilizzata nelle operazioni successive, che si basa su attacchi sproporzionati anche contro strutture e infrastrutture civili.

I 14.000 palestinesi uccisi, i 2000 dispersi e i 35.000 feriti dal 7 ottobre ad oggi, di cui la maggioranza bambini e giovani (8.176), sono la prova evidente del genocidio che si sta commettendo in terra palestinese.

Quando Israele colpisce ospedali, scuole, abitazioni, infrastrutture, quando impedisce l’approvvigionamento di cibo, acqua, medicinali, sa quello che sta facendo: continua il suo progetto di eliminazione del popolo palestinese, della Palestina stessa, nella speranza di togliere la terra sotto i piedi alla Resistenza ed annientare la lotta di questo popolo.

Quello che Israele sta bombardando e vuole nascondere al mondo è che un popolo sfruttato, umiliato, espropriato della propria terra e di un futuro, trovi nella lotta per la propria liberazione l’unica forma di vita possibile. E lo fa consapevole che quello che sta succedendo non è circoscritto a Gaza, ma a tutta l’area medio-orientale e che gli sviluppi ridefiniranno nuovi assetti geopolitici a livello internazionale.

Questo spiega la strenua difesa del ruolo di Israele, quale testa di ponte dell’imperialismo occidentale per la stabilità e la sicurezza degli interessi e del dominio egemonico europeo, e l’appoggio diretto ed indiretto degli USA e dei paesi europei, Italia in testa, con accordi commerciali ed economici soprattutto di forniture e vendita di armi, la presenza nell’area di circa 1300 soldati, di due fregate a seguito della flotta Usa nel Mediterraneo, di una nave-ospedale da cui possono partire spedizioni lagunari o truppe d’assalto, delle basi (Sigonella) e del Mous, da cui partono droni, aerei da ricognizione e da bombardamento americani.

Quanto avvenuto il 7 ottobre non è stato solo un umiliante smacco al più grande apparato di guerra e, di riflesso, a tutto l’Occidente, ma anche un messaggio ai vicini paesi arabi e al mondo intero. Messaggio che dice che di fronte alla determinazione, all’organizzazione, alla volontà di un popolo, anche l’apparato più spaventoso al mondo può essere travolto e un dominio può essere messo in discussione.

La resistenza palestinese, ha costretto il mondo, rompendo un clima di normalizzazione, a un’attenzione che solo la forza di questa sollevazione poteva generare, e provocato sfidando anche i divieti e la repressione messa in atto dai governi, (Francia, Germania..) una forte ondata solidaristica unita, a volte, a un sentimento anticoloniale, che si è espressa, in molti Paesi ( Marocco, Pakistan, Gran Bretagna, Stati Uniti….), con manifestazioni oceaniche e azioni dimostrative contro gli interessi israeliani e capitalisti (blocco della strada delle armi nei porti di Genova, Salerno,Oakland, California, Barcellona, Tacoma, Soidney, azioni di protesta nei confronti delle multinazionali McDonald’s, Burger king, Carrefou ….)

Al tempo stesso ha generato una forte paura nei governi arabi e occidentali, perché consapevoli che la solidarietà espressa dai proletari nel mondo, potrebbe trasformarsi in opposizione interna contro i propri governi e regimi e ogni prospettiva di fine oppressione, di fine del sionismo e del colonialismo in quell’area, così come in altre parti del pianeta, rappresenterebbe un ostacolo al modello capitalista e al suo dominio.

Del resto, il protagonismo di un proletariato giovanile, per la maggior parte di seconda e terza generazione, estremamente eterogeneo (palestinese, egiziano, marocchino, algerino, libanese, italiano…), proveniente dalle periferie o dai quartieri meno abbienti, che vivono quotidianamente condizioni di sfruttamento, emarginazione, repressione e controllo nei loro territori, che hanno difficoltà a intravedere un futuro, problemi a trovare una casa e ad avere un documento che gli permetta di circolare o essere riconosciuti come cittadini, hanno catalizzato e caratterizzato le piazze con vitalità e forza, lasciando riemergere contraddizioni e speranze in un movimento a venire.

Piazze che hanno risposto no alla propaganda imperialista che avrebbe voluto, così come successo per la guerra USA/Ucraina-Russia, generare uno schieramento a favore dei “valori” atlantici, nel gioco del divide et impera, all’interno di uno scontro di civiltà islamofobico.

Per concludere:

La scelta cosciente e di non ritorno, fatta dalla Resistenza Palestinese pagando un prezzo altissimo in vite umane, è una scelta contro una morte quotidiana. Una scelta, l’unica possibile per ridare dignità alla loro esistenza e a quella di tutti gli oppressi.

Sta a noi, ora e qui, raccogliere questa possibilità che si è aperta e contribuire ad inceppare questo modello predatorio, di sfruttamento dell’uomo e della natura, di emarginazione e discriminazione che è il capitalismo.

La situazione di crisi e propensione alla guerra del capitale stanno sempre più sottoponendoci, come proletari, a condizioni di miseria e sfruttamento maggiori, mettendoci nell’ impossibilità di soddisfare bisogni primari ed essenziali quali la casa, la cura, l’istruzione. Sempre più il controllo diventa capillare e le risposte, contro ogni forma di critica e lotta che rompa lo status delle cose, di tipo repressivo (basti vedere gli ultimi decreti sicurezza e gli attacchi alla libertà di sciopero).

Ma al tempo stesso, più forti e generalizzate sono diventate le contraddizioni che questo sistema genera e, anche se ancora troppo deboli e isolate, sempre più voci, qui come nel resto mondo, si stanno levando contro la miseria, la prepotenza e l’assoggettamento coloniale e imperialista (l’Africa lo sta urlando da tempo).

Sta a noi imparare ad ascoltarle e a leggerle, a raccoglierle per farle diventare una forza collettiva in grado di mettere mille granelli di sabbia negli ingranaggi del capitalismo, così come successo in altri periodi storici.

Campagna contro l’intitolazione a Ben Gurion del ponte di Crescenzago

Milano, 24 novembre 2023

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24 novembre: Incontro con il regista palestinese Mohamed Alatar

Venerdì 24 novembre alle ore 19

Incontro con il regista palestinese Mohamed Alatar

A seguire proiezione del film “Broken” -sottotitoli in italiano-


Contro il genocidio del popolo palestinese e
ogni forma di colonialismo e sfruttamento, a sostegno della resistenza

c/o Panetteria Occupata- via conte Rosso, 20

Campagna contro l’intitolazione a Ben Gurion del ponte di Crescenzago

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4 novembre: corteo palestina

Un breve aggiornamento sulla situazione in Medio Oriente ed a Gaza in particolare, in vista del corteo di Sabato 4 novembre da Porta Venezia – ore 15,00

Il conteggio dei morti fra la popolazione Palestinese ha ormai raggiunto cifre vertiginose: 8.525 tra cui 3.542 bambini, ma non è certo che comprenda anche quelli del bombardamento del 31/10 sui campi profughi di Jabalya e di Nseirat. Jabalya tra l’altro è uno dei luoghi con la più alta concentrazione di abitanti per chilometro quadrato e dove un intero quartiere è stato raso al suolo insieme ai suoi abitanti, ma è anche il territorio dove, nonostante le stragi di civili, il 70% della popolazione ha rifiutato di sfollare ed è rimasta sfidando la macchina della morte sionista e yankee … già perché le sei bombe da una tonnellata l’una sono di fabbricazione americana.

Da alcuni paesi del Sudamerica, oltre alla condanna, ci sono state importanti reazioni: la Bolivia ha interrotto le relazioni diplomatiche, mentre Cile e Colombia hanno richiamato i propri ambasciatori a Tel Aviv.

L’entità sionista con l’arroganza e la violenza che ha contraddistinto questi 75 anni d’occupazione della Terra di Palestina, non solo ha respinto tutti gli appelli internazionali per un cessate il fuoco, ma continua come espressione della sua politica coloniale ad attaccare i campi in Cisgiordania e a lasciare mano libera ai coloni assassini, nel tentativo continuo di espulsione della popolazione autoctona palestinese.

Come Panetteria Occupata saremo presenti al corteo per ribadire che siamo:

* Al fianco della resistenza palestinese

* per la cancellazione degli accordi economici, militari e accademici con chi massacra

* per rompere il sostegno da parte del governo italiano all’operazione militare sionista di genocidio della popolazione palestinese, ma anche il silenzio complice di chi in realtà ha già scelto da che parte stare: con la NATO, con le guerre imperialiste e con gli interessi dei capitalisti.

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28 ottobre: Roma manifestazione nazionale a fianco del popolo Palestinese

Sosteniamo e rafforziamo la solidarietà internazionalista al popolo palestinese Sabato 28 ottobre a Roma manifestazione nazionale

questo il volantino della Panetteria Occupata distribuito nei nostri quartieri:

Quello che vediamo oggi in Palestina arriva da lontano, basta ricordare anche una sola delle tante “operazioni” portate avanti dallo Stato sionista israeliano con un numero di morti palestinesi che variava dai 2.000 ai 2.500 per volta ed alla quale veniva attribuito un simpatico aggettivo: falciare il prato.
Niente a che vedere con l’attuale aggressione a Gaza che sta causando un numero di vittime superiore alle 6.000, in maggioranza bambini e donne, con distruzione di ospedali, scuole, luoghi di culto oltre che di interi quartieri. Gaza è una prigione a cielo aperto dove in questo momento l’accerchiamento da parte delle truppe israeliane impedisce il rifornimento di tutti i beni di prima necessità oltre alla possibilità di provvedere alla cura delle migliaia di persone ferite.
Perché dunque proviamo stupore se i Palestinesi da 75 anni adottano ogni forma di resistenza oppressi da questa entità, nata nel 1948 da accordi coloniali europei e che oltre alla rapina delle terre, dell’acqua, delle risorse, ha pianificato l’espulsione della popolazione autoctona impedendone il ritorno?
Israele è uno “Stato” sionista su base confessionale che si basa cioè su principi come la
purezza del sangue, del popolo eletto, della terra promessa. Questo si traduce nell’esclusione e negazione di chiunque non sia, per discendenza diretta, di origine ebraica, in razzismo all’interno dello stesso “Stato” israeliano (cittadini di serie A e B), così come verso altre etnie (arabi).
La religione viene usata, strumentalmente, a giustificazione e fondamento per una politica
coloniale e razzista, discriminatoria e disumanizzante, di separazione/segregazione legale,
fisica e spaziale, di sfruttamento e de-sviluppo economico, di soppressione brutale di ogni forma di resistenza.
Non si può quindi associare l’antisionismo, la critica ad una politica coloniale di annientamento e bollare di anti-ebraismo chi la contesta.
L’ipocrisia dei paesi Occidentali è oggi sotto gli occhi di tutti con il suo silenzio di fronte alle violenze che la popolazione palestinese ha subito in questi anni di occupazione, pulizia etnica e apartheid.
Eppure l’esperienza della Resistenza in Italia dovrebbe aver insegnato che non è possibile
accettare acriticamente tutto quello che il nemico interno ed esterno dice, come quando un
tempo venivano etichettati gli eccidi di massa come “reazione/rappresaglia” alle operazioni partigiane, oppure quando appendevano ai corpi dei partigiani impiccati cartelli con scritto “Actung banditen”. Per questo dobbiamo cercare di analizzare e contestualizzare sempre le situazioni, ponendoci la domanda verso chi e cosa è esercitata una reazione? Che radici ha?
Nessuno può gioire davanti alla brutalità della guerra, ma è ipocrisia non riconoscere che di queste morti sono diretti responsabili i paesi occidentali, il capitalismo USA e quello dell’Unione Europea che accorre prontamente in difesa del suo alleato sionista. Responsabile è anche il nostro governo Italiano che sostiene senza nessuna critica l’operazione militare sionista di genocidio della popolazione palestinese nella striscia di Gaza e la continua repressione nei territori occupati di Palestina.
Il popolo palestinese ha il diritto alla difesa, ha il diritto alla Resistenza e le bandiere della
Palestina che sventolano oggi in tutto il mondo sono simbolo di resistenza e di lotta, messaggio di speranza per tutti gli oppressi. La lotta del popolo Palestinese chiama tutti noi ad intensificare la mobilitazione contro le guerre imperialiste ed insieme ad imporre la fine dell’aggressione di Gaza e la fine dell’occupazione sionista.
* A FIANCO DELLA RESISTENZA PALESTINESE
* SOLIDARIETA’ ALLA PALESTINA CHE SI RIBELLA ALL’OPPRESSORE PER
RICONQUISTARSI LA VITA E LA LIBERTA’

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immagini da Lambrate…Ortica ….

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