22 marzo: L’esperienza abitativa di Via Siusi non finisce con uno sgombero
24 marzo: Al fianco di Alfredo e Vincenzo
L’ “Assemblea cittadina contro 41 bis e ergastolo” chiama ad un’ iniziativa sotto il Tribunale di Milano in Corso di Porta Vittoria dalle ore 9:30
a sostegno – in solidarietà – al fianco di Alfredo e Vincenzo
16 – 19 marzo: NELLA NOTTE CI GUIDANO LE STELLE
Sabato 18 marzo in Piazzale Loreto ore 14:30 partecipiamo al corteo nazionale “Antifascismo è anticapitalismo” per ricordare Dax, Fausto e Iaio …….
Riportiamo l’intervento fatto all’assemblea antifascista internazionale del venerdi 17 marzo al tavolo sulla repressione:
Come opera la Repressione!
La Repressione è sempre attiva e rinnova le sue pratiche per rendere il controllo sociale e politico sempre più totale:
-nei confronti di ogni espressione e manifestazione di dissenso;
-per moderare il conflitto sociale e renderlo compatibile con l’ordine esistente.
Per svuotarlo dei contenuti di trasformazione sociale;
-per imporre ai movimenti rivendicazioni compatibili con l’ordine capitalistico
esistente;
-per individuare le “classi pericolose” e i soggetti che operano per un
cambiamento sociale.
Ragionare sulla lotta alla Repressione vuol dire affrontare un tema importante della lotta politica. La Repressione non è un fatto esclusivamente giudiziario, prima di tutto è un fatto politico. La sua azione si sposta verso l’individuazione delle “finalità” del tuo agire, non tanto del “fatto” che hai compiuto.
La repressione è da contestualizzare all’interno dello scontro di classe in atto.
Gli Stati adottano dispositivi repressivi per controllare e prevenire le istanze di lotta e organizzazione che si sviluppano. Il piano giuridico/legislativo è lo strumento strategico delle politiche di ristrutturazione in un lungo periodo di crisi aggravata oggi ancor di più dalla guerra in atto.
Esiste un progressivo inasprimento delle politiche repressive sia in Italia che a livello internazionale. Questo è un elemento strutturale.
E’ un processo che si sviluppa per “emergenze” e “campagne mediatiche” che ha avuto una accelerazione a partire dagli USA dopo l’11 settembre del 2001, ma la cui genesi ha inizio a metà anni ’70 con l’istituzione dei circuiti differenziati (art.90) e le carceri speciali per indurre al pentitismo e alla dissociazione le formazioni combattenti, sulle quali si abbatterono una sommatoria di ergastoli (16 compagni sono ancora in AS2 dopo 41 anni) e , dal ’96 con l’istituzione a carattere “temporaneo” del regime 41 bis per far fronte all’emergenza mafia ed allargato, successivamente, anche a fatti di “terrorismo” (da 20 anni 3 prigionieri delle Br-Pcc sono sottoposti a tale regime).
La crisi e la guerra permanente creano un contesto che permette la restrizione di spazi di libertà. Il livello della “repressione” è espressione di un rapporto di potere. Una serie di norme che vengono predisposte, che costituiscono un’armamentario che è a disposizione da utilizzare contro le lotte dei lavoratori sino alle lotte dei prigionieri. Il loro utilizzo dipenderà dai rapporti di forza che si creano a livello sociale. L’utilizzo della strumentazione legislativa, giudiziaria e repressiva può venire determinato dalla capacità di resistenza e di attacco da parte di chi è oggetto di questa repressione.
La repressione viene ideologicamente giustificata dalla “emergenza”: emergenza come paradigma per legittimare normative e atti che poi rimangono la regola, la “normalità”.
La tendenza all’autoritarismo non più strisciante oggi rappresentato dal governo
Meloni in Italia non è una prerogativa solo delle forze politiche del post-fascismo, ma una linea che iniziando dai Ministri dell’Interno Minniti fino a Piantedosi ha distinto le politiche repressive espresse da tutti i governi in modo bipartisan negli ultimi anni. Questo quadro generale di norme e leggi richiama alla “legalità della paura”. Un concetto che non riguarda solo l’Italia ma si può estendere al mondo occidentale.
Oggi parliamo di antifascismo, sono trascorsi quasi 80 anni dalla “liberazione” dal fascismo e dalla instaurazione della “repubblica democratica” in Italia; eppure in questo paese esistono ancora norme fasciste, o le stesse sono state la base giuridica di successive leggi che ne hanno allargato i soggetti sanzionabili e aumentato le pene.
Il codice fascista entrato in vigore il 1° luglio 1931, a firma del ministro della giustizia di allora Alfredo Rocco e di Benito Mussolini, contiene norme fasciste, ancora in vigore, come quelle sui reati associativi, sulla “pericolosità sociale”, quelle su “devastazione e saccheggio”, e tante altre, alcune perfino peggiorate di molto dalle leggi Cossiga della fine degli anni Settanta. Ma non finisce qui: sono tuttora in vigore le leggi che offrono pieni poteri alle forze dell’ordine: il Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (Tulps- Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773), norme in piena violazione dei principi costituzionali, ma che permettono alla repressione di agire contro i soggetti impegnati nel conflitto
sociale e in azioni di protesta.
Due vicende a noi molto vicine, in cui si evincono i richiami del fascismo, sono quelle che mostrano l’esistenza di norme di carattere generale, nate in contesti emergenziali e quindi di natura temporanea, che assumono poi nel tempo valenza ordinaria sono quelle di Vincenzo Vecchi e di Alfredo Cospito. Vincenzo è uno dei 10 compagni condannati per la lotta contro il G8 a Genova nel 2001 per il quale e stato rispolverato l’articolo relativo a “devastazione e saccheggio”, successivamente largamente utilizzato per contrastare la lotta di strada ma anche per le rivolte nei Centri di detenzione per immigrati. Decine di anni di
carcere anche solo per “concorso” e imposizione dell’utilizzo nei paesi dell’Unione Europea del MAE (Mandato di arresto Europeo).
Alfredo, in sciopero della fame contro il regime carcerario del 41bis e contro l’ergastolo, è stato accusato di “strage politica” che non è mai stata utilizzata nemmeno contro gli stragisti della stazione di Bologna o di piazza della Loggia a Brescia o per piazza Fontana a Milano. Un reato introdotto nel periodo fascista, varato per la difesa dell’istituto statale. Il regime detentivo in 41bis aggrava la condizione carceraria estremamente feroce nel negare ogni rapporto con l’esterno partendo dai libri sino alla negazione di avere incontri con i propri cari, e rompendo i legami solidali tra detenuti.
Sempre pescando dal Codice Rocco e da tutto l’apparato repressivo in atto assistiamo all’applicazione di norme che aumentano il numero di reati che sino ad alcuni anni fa erano del tutto impensabili (esempio reato di solidarietà utilizzato a Ventimiglia contro il movimento No Borders e imposto alle ONG ed ai solidali che si battono contro il razzismo); reati che prevedono numerosi anni di reclusione.
Oltre a ciò si utilizza anche l’aspetto economico ed amministrativo sotto forme di
multe (largamente usate, soprattutto in periodo di Lockdawn, contro le manifestazioni di piazza), obbligo di firma, fogli di via, sorveglianza speciale.
Ricordiamo che un compagno di DAX, a seguito della notte nera del marzo 2003, è tutt’ora sottoposto al pignoramento del quinto dello stipendio , definibile come “ergastolo pecuniario”.
Anche in assenza di un conflitto sociale realmente di massa i meccanismi della repressione allargano le proprie maglie: provvedimenti coercitivi come fogli di via e divieti di dimora, sanzioni economiche spropositate, licenziamenti da posti di lavoro pubblici o privati, intimidazioni e schedature anche solo per avere partecipato ad assemblee ed iniziative.
Da questo quadro normativo e repressivo si ha una inevitabile ricaduta sulle lotte sociali che subiscono una forte criminalizzazione fomentata anche dai media e dalle comunicazioni social. Alcuni esempi:
– Val Susa – movimento No Tav contro il quale le forze dell’ordine e la
Procura da anni si scagliano con estrema ferocia
– Lotte sul lavoro – facchini e logistica, con contrasto alle diverse forme di
lotta: come scioperi, picchetti e blocchi stradali, colpendo anche i singoli
sindacalisti,
– Lotte per la casa, esempio l’operazione repressiva con conseguenti
condanne al Comitato casa Giambellino-Lorenteggio
– Antifascisti
– Studenti
– Leggi contro le ONG per rendere sempre più difficili i soccorsi in mare
– Immigrazione-dai pacchetti sicurezza sino alle detenzioni amministrative
nei CPR
– Ambientalisti di Ultima Generazione: criminalizzazione della disubbidienza
civile e richiesta della sorveglianza speciale per un loro attivista.
A questo quadro si accompagna anche lo specifico inasprimento della
repressione carceraria: sovraffollamento, mancanza di condizioni igienico
sanitarie, alto numero di suicidi, ma anche la quotidiana repressione culminata
con i tredici morti del marzo 2020 nelle carceri di Modena e di Rieti.
Discutere questi temi, queste analisi e metterle in pratica è il compito che
abbiamo per costruire un terreno di resistenza alla repressione.
Il radicamento e la forza costruita a partire dai territori è l’unico argine per
contrastare la repressione!
Le lotte sociali per il diritto alla casa, alla salute, all’istruzione, alla salubrità
dell’ambiente, contro le violenze squadriste che fomentano diseguaglianze e
discriminazioni, necessitano di grande unità che va creata sui territori, nelle
strade anche attraverso reti di comitati, collettivi e reti di solidarietà.
Sostenere in modo incondizionato chi viene colpito dalla repressione. La
solidarietà internazionalista è un’arma!
Panetteria Occupata – Milano 17 marzo 2023
18 marzo: Presidio al Pio Albergo Trivulzio
Sabato 18 marzo la Rete Tanta Salute a Tutti organizza un presidio davanti al Pio Albergo Trivulzio dalle ore 10 alle 12:30
A TRE ANNI DAL 18 MARZO 2020 – Nel ricordo degli operatori e delle operatrici sanitarie vittime del “Covid-19”
PER RENDERE GIUSTIZIA ALLE VITTIME DELLA MALASANITÀ,
ALLE MORTI SUL LAVORO E DA LAVORO.
Durante la pandemia, l’assenza di investimenti adeguati nella sanità, ha determinato il contagio di migliaia di operatori e operatrici del settore. Tantissime le vite spezzate tra operatori sanitari e popolazione, vittime provocate da una politica che, nel corso di decenni, ha determinato il depotenziamento del servizio sanitario pubblico e della
L.833/78, strappata con le lotte e le mobilitazioni.
Dopo anni di ristrutturazioni e privatizzazioni sono stati ridotti posti letto, unità di terapia intensiva, servizi ambulatoriali, è stato bloccato il turn-over del personale con una diminuzione media in Italia del 7% nei 20 anni che andavano dal 1997 al 2017 e del 12% in
Lombardia nello stesso periodo. All’introduzione dei ticket non si è avuto un miglioramento delle prestazioni ma un tale aumento, costantemente in crescita, delle liste d’attesa, da costringere utenti e pazienti a rivolgersi al privato per avere le cure in tempi accettabili.
Scelte che hanno sempre avuto come obiettivo la privatizzazione della sanità che, da servizio solidaristico e universale, è stata trasformata a sistema basato su assicurazioni e ospedali privati.
Una politica irresponsabile e scellerata opposta a risposte adeguate alla gravita’ della situazione pandemica. Il 40% dei decessi è avvenuto nelle Rsa (Residenze sanitarie assistenziali), nelle Residenze per disabili confermando che queste strutture sono, oramai, enti di profitto e di interessi politici ed elettorali. Dopo la fase di ‘eroi ed eroine, i
lavoratori che hanno denunciato queste gravi mancanze sono stati pesantemente ripagati, grazie ad un presunto ‘dovere di fedelta’ all’azienda, attraverso richiami, multe, sospensioni, licenziamenti.
Ma ora è sempre più palese l’emergenza in termini di mancanza di personale. Lavoratori e lavoratrici cronicamente sottoposti a carichi di lavoro eccessivi per il taglio del personale, a minacce e soprusi, a continui trasferimenti, a precarietà, non possono garantire livelli di
qualità se non a proprio spese.
L’iniziativa di oggi è volta in primo luogo a salvaguardare la memoria, smascherando scelte politiche dove tutto viene sacrificato in nome del profitto, dove istituzioni e partiti a chiacchiere mostrano di indignarsi, ma nei fatti perseguono la politica di smantellamento e privatizzazione della sanità.
L’assunzione di personale è fondamentale per una sanità pubblica, universalistica e solidale, su tutto il territorio nazionale.
Questa iniziativa si svolge in contemporanea con quelle dei lavoratori, familiari, operatori del Comitato Sanità Pubblica Versilia-Massa Carrara e del Comitato Non Ci Sto Firenze
A FIANCO DI CHI HA LOTTATO IN QUESTI ANNI PER LA PREVENZIONE, LA CURA, LA DIGNITÀ! SOLIDARIETÀ AI FAMILIARI DELLE VITTIME DA COVID-19
PER RIBADIRE CHE, OGGI COME IERI, LA SALUTE NON SI SVENDE, NON SI MONETIZZA, NON SI DELEGA!!!
RETE TANTA SALUTE A TUTTI – Milano
mail: tantasalute@inventati.org
12 marzo: COME LE UNIVERSITA’ ITALIANE SI FANNO COMPLICI DELL’APARTHEID IN PALESTINA
Domenica 12 marzo dalle ore 18 presso Arci Turro in Via Rovetta 14 a Milano un incontro su “COME LE UNIVERSITA’ ITALIANE SI FANNO COMPLICI DELL’APARTHEID IN PALESTINA”
Intervengono gli studenti e le studentesse di:
Cambiare Rotta Milano
Giovani palestinesi d’Italia – GPI
l’iniziativa è organizzata da “Campagna NO al Ponte Ben Gurion”
11 marzo: presentazione libro UFO 78 di WU MING
2 Marzo: Stato assassino – presidio
Pubblichiamo il testo preparato dall’Assemblea cittadina milane se contro carcere, 41 bis, ergastolo per il presidio di Giovedi 2 marzo sotto la sede di Fratelli d’Italia in solidarietà con Alfredo in sciopero della fame contro il 41 bis e l’ergastolo.
TUTTA COLPA DI ALFREDO?
Dicono che è colpa nostra se ancora una volta sono morti i nostri figli in mare, non dovevamo farli salire sulla barca e rischiare un lungo viaggio in condizioni precarie. Che importa se sarebbero morti di miseria, malattia o di guerra lì dov’erano in Mali, Guinea, Palestina, Afghanistan, Iraq, Pakistan, Sri Lanka…
E’ colpa nostra se in tredici siamo morti in carcere perché ci siamo imbottiti di metadone durante una rivolta causata dal terrore del contagio da Covid nel marzo 2020. Che importa se i cadaveri avevano i denti spezzati e le ossa rotte, cremati in tutta fretta perché potenzialmente contagiosi e le indagini sono state subito archiviate.
E’ colpa nostra se abbiamo usato il nostro corpo come un'arma e dopo quattro mesi di digiuno ora possiamo solo morire. Ma non é anch’essa una lenta morte quella vissuta nei loculi del 41 bis totalmente isolati dal mondo esterno? Dobbiamo viverla ad ogni costo magari curati e alimentati a forza, sedati e legati al letto mentre nelle carceri gli altri muoiono proprio per mancanza di igiene, cure mediche, uccisi dalle botte e dall’indifferenza?
E’ colpa nostra se non abbiamo creduto che sarebbe andato tutto bene se ci iniettavamo tre o quattro dosi di “vaccino” solo per poter andare a lavorare muniti di lasciapassare sanitario. Intanto siamo morti nelle residenze per anziani e negli ospedali, pubblici e non quelli privati finanziati con i soldi pubblici, isolati dai nostri affetti più cari. No, non è andato tutto bene e non è di certo finita visto che la produzione di sieri geneticamente modificati procede a ritmi serrati.
Ancora nostra é la colpa se da cinque mesi non abbiamo più uno stipendio perché abbiamo rifiutato la cassa integrazione e continuato ad occupare la fabbrica pretendendo il rilancio dell'attività produttiva per noi e per il territorio in cui viviamo. Dovevamo invece credere alle bugie che ci raccontavano e fare un passo indietro?
Colpa nostra se siamo morti schiacciati da un camion, non avremmo dovuto tentare di bloccarlo ai cancelli del magazzino. Ma potevamo continuare ad accettare turni di lavoro massacranti, infortuni, contratti di lavoro a 1 mese, continue rapine sulle buste paga già da fame?
Pure colpa nostra le botte, le multe, le denunce, i processi, la galera perché non capiamo l’utilità delle grandi opere come il TAV che fa arrivare una arancia sulla nostra tavola in tempo zero dopo aver girato per tre continenti e distrutto e avvelenato irrimediabilmente territori ed economie di prossimità.
Anche colpa nostra se, con tutta la propaganda che c’é, proprio non riusciamo a convincerci che le ragioni della guerra si possano spiegare con la minaccia del “cattivo” di turno (Saddam, Bin Laden, Milosevich, Gheddafi, Assad e ora Putin) e che stare con la NATO ovvero con gli USA rappresenti indiscutibilmente lo stare dalla parte dei “buoni”. Così come non possiamo credere che le decennali politiche di sicurezza che hanno edificato una società sempre più militarizzata e privatizzata sull'emergenza di turno (mafia, terrorismo islamico, black block, ultras, immigrazione, negazionisti e ravers) ci abbiano reso la vita migliore e più sicura.
Queste colpe non ce le sentiamo ma è nostra di certo la responsabilità di riuscire costruire le forze per affrontare la guerra che questo Stato corrotto e assassino ci sta muovendo contro per difendere un sistema di privilegi e di miseria che sta portando velocemente tutti alla catastrofe.
Tanto abbiamo fatto in questi anni per resistere mantenendo viva la lotta e la solidarietà di classe ma occorre uno sforzo ben maggiore per ricomporre in una prospettiva potenzialmente rivoluzionaria un panorama di lotte così frammentato. Questa unità delle lotte va cercata, costruita e difesa, giorno per giorno.
Non sarà oggi e forse nemmeno domani ma con questo spirito parteciperemo alle prossime scadenze di lotta che necessitano, per la rilevanza acquisita, della presenza, dell’impegno, dell’intelligenza e del coraggio di tutti e di ciascuno.
Sabato 4 marzo saremo a Torino (P.za Solferino, ore 16) in sostegno alla lotta di Alfredo Cospito, per continuare la difficilissima opera di demolizione del regime di tortura del 41 bis e dell’ergastolo e con essa della legittimità di uno Stato sempre più militarizzato e guerrafondaio. Un percorso che troverà anche nella giornata di mobilitazione di domenica 12 marzo a Modena (P.zle 1° maggio, ore 14), a tre anni dalla strage nel carcere di Sant'Anna, un'altra imprescindibile tappa.
Giovedì 2 marzo, dalle 18, saremo in presidio davanti alla sede milanese di Fratelli d’Italia (C.so Buenos Aires, 15) che è oggi il primo responsabile per la condanna a morte di Alfredo.
Assemblea cittadina milanese contro carcere, 41 bis, ergastolo
41 BIS E LOTTA DI CLASSE
Pubblichiamo il testo distribuito sabato 24 febbraio alle manifestazioni contro la guerra. Essendo stato preparato in anticipo non si riporta la scelta di mantenere Alfredo Cospito sotto il regime carcerario del 41 Bis che i giudici della Corte di Cassazione hanno riconfermato Venerdi 23 febbraio sancendo in definitiva una condanna a morte.
41 BIS E LOTTA DI CLASSE
Il 41 bis è un trattamento penitenziario introdotto in via eccezionale nel 1992, nel quadro
della lotta alla mafia per impedire i collegamenti tra il detenuto e l’organizzazione di
riferimento. Nato con una durata limitata è diventato norma (così come tutte le
emergenze nate come speciali e temporanee di questi ultimi decenni), allargato ad altre
tipologie di reato e categorie sociali e ad oggi sono 750 le persone sottoposte a questo
regime, così come sono aumentati di pari passo il numero dei detenuti all’ergastolo negli
ultimi decenni.
La vicenda di Alfredo Cospito, il compagno anarchico detenuto al 41 bis, in sciopero della
fame dal 20 ottobre scorso, contro questo sistema carcerario e l’ergastolo, ha svelato la
vera natura di questo trattamento: attraverso la tortura dell’isolamento totale protratto
nel tempo si punta a colpire non tanto l’atto in sé – il reato – quanto le idee – il soggetto.
Privando l’individuo non solo della libertà, come se questa non fosse già una punizione-
limite, ma isolandolo 24 ore su 24 da qualsiasi forma di relazione, affettività, bisogno
primario di socialità e di conoscenza (letture, informazione), si cerca di piegarne l’identità,
di costringere il prigioniero al pentitismo e/o a denunciare altri da mandare al proprio
posto. È una forma di tortura legalizzata ed istituzionalizza di “messa a morte in vita”,
così come si prefigura, nella sua essenza, anche l’ergastolo.
Lo Stato italiano è in guerra.
Non solo perché presente in 54 missioni militari, molte di esse strettamente legate agli
interessi economici e neocoloniali della multinazionale ENI, ma anche perché dalle basi
militari USA e NATO presenti sui nostri territori partono le missioni di guerra verso
l’Oriente e l’Africa e per il controllo del Mediterraneo, perché sostiene ed arma il conflitto
imperialista tra NATO-Ucraina contro la Russia;
Lo Stato italiano è in guerra perché, stanziando una parte cospicua delle sue finanze
sottraendole alle spese per sanità, scuola, edilizia pubblica, ambiente, sostegno al reddito.
È in guerra contro i lavoratori, i proletari, gli immigrati, le donne e gli studenti che
devono pagare scelte utili solo a mantenere in vita gli interessi del capitale, dei padroni in
questa fase di profonda crisi a livello mondiale.
Lo Stato italiano è in guerra e lo si riscontra anche dal linguaggio bellicista e militare
adottato già nel periodo della pandemia: amico/nemico, difesa dello Stato, attacco allo
Stato, le armi contro il virus, e altre amenità del genere, in cui si afferma un pensiero
unico, si addita di tradimento e disfattismo ogni pensiero critico e in nemico chi se ne fa
portatore.
Si militarizzano le idee e le risposte sono sempre più autoritarie con un aumento del
controllo sociale e repressivo che si abbatte sulle lotte.
Fioccano le denunce per associazione sovversiva, a delinquere, devastazione e saccheggio,
i fogli di via, i daspo, le misure cautelari, sorveglianze speciali e avvisi orali… si rispolvera
un armamentario giuridico di guerra contro le lotte che mettono in discussione lo
sfruttamento, la precarietà, la devastazione ambientale, la privatizzazione ed
aziendalizzazione della sanità e della scuola; è sotto attacco chiunque lotti per un
permesso di soggiorno e per la residenza, chi lotta per sopravvivere…
Oggi come ieri, il controllo e la repressione sono necessità che ha lo Stato per poter
silenziare qualsiasi dissenso o idea di trasformazione sociale, per annullare qualsiasi
conflitto e legame solidale espresso in forme e modi differenti.
Questo è il fronte di una guerra interna, il prodotto di un sistema basato sull’esproprio e
lo sfruttamento, che si rivolge contro chi non può o non vuole essere complice dello
stato di cose presenti.
La storia ce lo insegna e le misure degli ultimi decenni ce lo confermano: l’ “eccezionalità”
diventa norma e serve a poter essere utilizzata ed ampliata, a seconda del periodo storico, ad
altre categorie e soggetti sociali, con il chiaro scopo di spezzare le lotte, recidere legami di
solidarietà, lasciare cadere nell’oblio la memoria storica e il contributo, quanto meno ideale,
della storia delle diverse espressioni del movimento di classe, così come sta accadendo per 16
prigionieri appartenenti alle formazioni guerrigliere, da 41 anni reclusi nelle prigioni e
sottoposti all’ergastolo, fine pena mai, a meno che non svendano la loro identità.
Non si tratta di condividere le scelte e l’ideologia di questa o quell’altra organizzazione ma
di comprendere che la lotta di Alfredo contro la tortura del 41 bis e dell’ergastolo è parte
della lotta, la stessa, condotta perché si aumentino i salari, vengano eliminate le norme
che consentono l’utilizzo dei contratti di lavoro precari e flessibili attraverso anche le
Agenzie interinali o il sistema delle false cooperative o l’obbligo del lavoro autonomo,
contro la TAV, il MOUS, la devastazione ambientale e climatica, le politiche razziste e
coloniali nei confronti dei proletari immigrati, per l’accoglienza e per i documenti, per una
scuola non classista e fautrice di precarietà, per una sanità gratuita ed universale, per il
soddisfacimento del bisogno di una casa, per un cambiamento sociale ed economico.
Per questo lo sciopero di Alfredo contro il 41 bis e l’ergastolo ci riguarda, perché
repressione/carcere e condizioni di vita sono le due facce dello Stato e del capitale, ed è
per questo che non possiamo tacere.
Sul nostro silenzio la repressione si rafforza, i nostri bisogni vengono calpestati e la
possibilità di una società senza sfruttamento dell’uomo e dell’ambiente, libera da
diseguaglianze e discriminazioni di qualunque genere e provenienza diventa sempre più
lontana.
Alla Guerra – Precarietà – Devastazione ambientale e sociale
contrapponiamo la partecipazione e la lotta
come motore di emancipazione per milioni di lavoratori e disoccupati
SOLIDALI CON ALFREDO – NO AL 41 BIS – NO ALL’ERGASTOLO
“GUERRA ALLE GUERRE È UNA GUERRA DA ANDARE
LOTTA DI CLASSE È LA GUERRA DA FARE” (E. Sanguineti)
“Assemblea Cittadina Milanese” contro il 41 bis e l’ergastolo
25 febbraio: manifestiamo contro la guerra
- Sabato 25 febbraio giornata internazionale di mobilitazione contro la guerra. A Milano partecipiamo alla manifestazione con concentramento in Piazzale Loreto alle ore 15 contro Guerra Carovita e Governo.
- Partecipiamo allo spezzone in solidarietà ad Alfredo Cospito in lotta contro il 41 bis e l’ergastolo. Uno spezzone sarà presente anche al corteo di Genova “Abbassate le armi, alzate i salari” contro guerra, traffico di armi e morti sul lavoro.
- Partecipiamo a Milano insieme alla rete solidale Ci Siamo: MANIFESTAZIONE CONTRO GUERRA, DISCRIMINAZIONE E REPRESSIONE
SABATO 25 FEBBRAIO dalle 15.00 in PIAZZALE LORETO
Ai nostri fratelli e sorelle allontanate/i dalle loro terre e dalle loro famiglie dal disastroso saccheggio colonialista. A nostri fratelli e sorelle della diaspora che qui svolgono i lavori più duri e peggio pagati e che vivono in condizioni inumane.
Il ricatto dei documenti ci costringe, più di altri, a questa vita miserabile dove solo i padroni ci guadagnano. Ci usano e ci gettano a loro piacimento.
Siamo lavoratori e lavoratrici, mandiamo avanti i cantieri e i magazzini, siamo riders e facchini, puliamo uffici e hotel, mandiamo avanti le cucine, accudiamo bambini ed anziani e ci spezziamo la schiena in campagna. È ora di unirci, di far sentire la nostra voce che è la stessa di tutte/i le lavoratrici e lavoratori
sfruttate/i, di mettere fine alle discriminazioni e ai ricatti.
Le nostre rivendicazioni sono chiare:
• permesso di soggiorno incondizionato per tutte/i, non legato né al contratto di lavoro né alla residenza;
• cittadinanza per tutte/i le/i bambine/i nate/i in Italia;
• abolizione di tutti i decreti sicurezza;
• fine degli abusi e dei lunghi tempi di attesa nelle questure;
• azzeramento dei costi dei permessi;
• chiusura dei centri di detenzione (CPR) e fine dei rimpatri;
• permesso di soggiorno valido in tutta l’Unione Europea.
La voracità e l’insaziabilità di questo sistema getta nella miseria e nella guerra milioni di persone in tutto il mondo, per questo la nostra lotta e anche contro la guerra e contro l’aumento delle spese militari. Vogliamo salari più alti, protezione sanitaria e abitazioni dignitose. Siamo contro tutte le forme di tortura e vessazione per questo siamo per la chiusura dei lagher chiamati C.P.R. e l’abolizione del 41 bis.
CiSiamo vuole essere un punto di forza sul territorio per costruire lotta e organizzazione con al centro gli interessi di tutti gli sfruttati.Ti aspettiamo tutti i giovedì alle 19.30 in via Esterle e le domeniche alle 11.30 in via Siusimail: cisiamoretemilano@gmail.com – fb: Ci Siamo rete Solidale
20 febbraio: Assemblea a Cologno per difendere il diritto ad abitare
Partecipiamo Lunedì 20 febbraio, ore 18 – davanti al CPA di via Mozart, 28 a Cologno Monzese all’assemblea pubblica per difendere le famigli che abitano presso il CPA e per trovare insieme la soluzione per avere una casa dove vivere.
NON SI PUÒ BUTTARE FUORI CASA LE PERSONE
SENZA UN’ALTERNATIVA ABITATIVA
Assemblea pubblica Lunedì 20 febbraio, ore 18 – davanti al CPA di via Mozart, 28 a Cologno
Diverse famiglie abitanti presso il Centro di Prima Accoglienza in via Mozart 28 a Cologno, gestito dalla cooperativa Creare Primavera, da tempo stanno denunciando i continui tentativi di intimidazione volti a cacciarle dal centro senza alcuna alternativa abitativa.
Si tratta in maggioranza di famiglie con figli minori provenienti da Vimodrone, Parabiago, Bussero, Agrate, Gorgonzola, Cologno assegnate a tale struttura a seguito di procedure esecutive di sfratto avvenute in tali comuni.
Di seguito alcuni dei casi avvenuti in questi ultimi periodi.
Una donna africana, con una ragazza di 14 anni, è stata buttata fuori, le hanno messo i vestiti fuori sotto la pioggia, ha chiamato i carabinieri per trovare una sistemazione ma niente, è venuto il proprietario del posto e le ha detto che l’avrebbe denunciata se non fosse andata via subito.
Una ragazza marocchina, con 2 bambini e il marito con problemi per i documenti, è stata minacciata dall’assistente sociale perché le diceva che se non avesse lasciato questo uomo le avrebbero preso i figli, le avevano bloccato anche il Reddito di Cittadinanza.
Una signora italiana con 4 figli di cui uno disabile ha vissuto al centro per 3 anni, è stata portata con forza al centro di seconda accoglienza in una casa piccola 40 mq e paga 330 euro mensili.
Una signora marocchina con 2 figli, quando hanno saputo che lei era incinta da 5 mesi l’hanno buttata fuori.
Qualche mese fa c’era una famiglia pakistana con 4 figli e con la moglie incinta. Sono rimasti solo 3 mesi perché erano stati minacciati dall’assistente sociale che se non fossero andati via, avrebbero preso i figli insieme alla madre.
Una famiglia egiziana con un 2 figli, monolocale, dormono tutti insieme, lei è malata e sono stati qua per 3 anni, è stata portata in seconda accoglienza per poi essere buttata fuori e mandata da privati.
Ci sono molte persone uscite per gli stessi motivi, la cooperativa Creare Primavera ha accordi con vari comuni ma sopratutto con quello di Cologno Monzese; il contratto dura solo 6 mesi e ogni volta cercano di intimidirti per farti uscire. La struttura non è neanche tenuta bene, ci sono insetti, addirittura topi.
Attualmente, fra gli altri, c’è una donna egiziana con 4 figli, tra cui la prima ha soli 9 anni e l’ultimo ne ha 2, la casa è piccola, piena di muffa e l’appartamento si trova vicino a delle scale e infatti il bambino cade ogni volta.
Una famiglia marocchina, 2 figli, tra cui uno maggiorenne studente e quest’ultimo intimidito molte volte a lasciare gli studi per andare a lavorare. Una famiglia peruviana, con due figli minori, dovranno uscire marzo ma non hanno alcuna alternativa abitativa.
Una famiglia palestinese con 2 figli a carico reduce da un recente sfratto ad Agrate è stata pressata a lasciare il centro, dopo 1 mese di permanenza e un rinnovo di un altro mese, con l’ausilio di diverse pattuglie di carabinieri ma per il momento sono riuscite a restare.
Una donna africana con 4 figli che dovrebbe lasciare il centro a marzo.
Questa situazione è il risultato della legge regionale del 2016 che toglie punti agli sfrattati nella graduatoria per l’assegnazione delle case popolari e della riduzione del numero di alloggi assegnati a canone sociale
Invitiamo tutti/e a partecipare all’assemblea di lunedì per trovare soluzioni abitative per le famiglie abitanti nel centro che non siano quelle prospettate fin’ora ovvero dormire in macchina o in mezzoalla strada.
Abitanti del CPA di via Mozart, 28, Rete dei comitati per la casa, Ci siamo – rete solidale