14 ottobre: Manifestazione per la Palestina

sabato 14 ottobre 2023 migliaia di persone, con determinazione rabbia e gioia, hanno attraversato le vie di Milano in una imponente manifestazione a sostegno della Resistenza del popolo Palestinese, contro l’aggressione di Gaza, per la fine dell’occupazione sionista… a fianco della Resistenza!

riportiamo l’intervento della Panetteria:

In occasione dell’operazione “MARGINE DI PROTEZIONE”, iniziata nel luglio 2014, il
presidente del parlamento sionista Feiglin, scriveva a Netanyahu:
“Definizione dei compiti: Conquista di tutta la Striscia di Gaza e annientamento di tutte le
forze combattenti e dei loro sostenitori.
“Definizione dell’obiettivo strategico”: Per trasformare Gaza in Jaffa, una città israeliana
fiorente, con un numero minimo di civili ostili.
“Definizione di etica di guerra”:
Israele deve effettuare le seguenti operazioni:
l’IDF (esercito israeliano) designa alcune aree aperte al confine del Sinai, adiacente al
mare, in cui la popolazione civile sarà concentrata, lontano dai centri abitati che vengono
utilizzati per i lanci e i bombardamenti. In queste aree saranno stabiliti accampamenti di
tende, come rilevanti destinazioni di emigrazione. – La fornitura di energia elettrica e di
acqua per le zone già popolate verrà disconnessa………ecc. Coloro che insistono sul
soggiorno, se possono dimostrare di non avere alcuna affiliazione con Hamas, saranno
tenuti a sottoscrivere pubblicamente una dichiarazione di fedeltà ad Israele e ricevere una
carta d’identità blu simile a quella degli arabi di Gerusalemme est. Quando il
combattimento finirà, la legge israeliana sarà estesa all’intera Striscia di Gaza, gli abitanti
sfrattati dal Gush Katif saranno invitati a tornare ai loro insediamenti e la città di Gaza ed
i suoi sobborghi, sarà ricostruita come una vera città israeliana turistica e
commerciale…….ecc.”.
Piano che 9 anni fa ebbe come conseguenza per i Palestinesi 2.300 morti dei quali più di
500 bambini, oltre a 11.000 feriti, un’operazione definita dai sionisti “falciare il prato” e
nessuno degli ipocriti Paesi Occidentali ha mai espresso una minima preoccupazione
come quella che riempie le colonne dei giornali, le bocche dei politici, attualmente. Già,
perché la grande sofferenza del popolo palestinese poteva essere liquidata con la frase:
“si tratta di una rappresaglia israeliana” provocata dalla violenza dei “terroristi”
palestinesi.
L’ipocrisia dell’Occidente è anche ben rappresentata dalla Comunità Europea che dopo il
7 ottobre ha subito deciso di congelare e tagliare tutti gli aiuti ai palestinesi, aiuti garantiti
a suo tempo come impegno per implementare gli accordi di Oslo: 689milioni di euro,
nonché tutti i finanziamenti per i progetti della cooperazione. Solo la Spagna si è
pronunciata contro.
Decisione che fa il paio con la dichiarazione dei cinque governi di Gran Bretagna, Francia,
Usa, Germania e in coda, come sempre, quello italiano, di assumere un impegno di
sostegno e appoggio all’entità sionista che riguarda tutti gli ambiti: politico, economico e
bellico.
Ma quello che vediamo oggi arriva da lontano, dagli accordi segreti di Sykes-Picot del
1916 quando Francia ed Inghilterra frammentano e si spartiscono le province arabe del
Machrek e nel 1917, con gli accordi di Balfeur e l’ occupazione inglese della Palestina
appare chiaro lo scopo: garantire la nascita di un “focolare nazionale per il popolo
ebraico.

Di cosa ci stupiamo se i Palestinesi da 75 anni adottano ogni forma di resistenza,
compresa quella armata, vessati da entità, proclamata Stato, rigidamente strutturato,
nato, a tavolino, da accordi coloniali europei nel 1948 che possiamo definire un
colonialismo d’insediamento, che oltre alla rapina delle terre, dell’acqua, delle risorse ha
pianificato l’espulsione della popolazione autoctona impedendone il ritorno?
Ogni popolo ha diritto di decidere forme e modi in cui lottare, dobbiamo liberarci dalla
convinzione impregnata e frutto di una cultura coloniale, che crede di poter giudicare e
stabilire fino a che punto “i dannati della terra” possono osare liberarsi, solidarizzando
fintanto che lanciano pietre mentre i soldati gli sparano e le bombe gli cadono in testa e
criminalizzandoli se non, addirittura, prendendo le difese dell’occupante e il suo “diritto
alla difesa”- quando, oltre alle pietre, rispondono all’enorme armamentario di morte
utilizzato quotidianamente contro di loro, con strumenti offensivi e più potenti delle
pietre.
Ma, a quale diritto alla difesa di Israele ci si appella?
Lo stesso utilizzato per l’operazione piombo fuso, quello che ha permesso i massacri di
Sabra e Chatila o che giustifica le detenzioni amministrative, le carcerazioni di minorenni,
la stella di David impressa con uno strumento tagliente sul volto di un detenuto
palestinese sotto interrogatorio, le violenze sulle donne, i 53 minorenni uccisi
dall’esercito in Cisgiordania dall’inizio dell’anno, la distruzione degli ulivi, degli alberi da
frutta, delle case, i chekpoint, i giornalisti feriti o uccisi, le continue aggressioni dei
coloni, il lager a cielo aperto di Gaza, l’utilizzo del fosforo bianco, l’umiliazione quotidiana
a cui i palestinesi devono sottostare?
Ma abbiamo forse bisogno di ulteriori immagini per sentirci in pace con la coscienza,
oppure di precisare che siamo contro ogni violenza dimenticando quella che
quotidianamente si vive per mano dei padroni, dell’imperialismo, del capitalismo anche
nei nostri territori?
L’esperienza della Resistenza in Italia dovrebbe aver insegnato che non è possibile
accettare acriticamente tutto quello che il nemico interno ed esterno dice, come quando
venivano etichettati gli eccidi di massa come “reazione/rappresaglia” alle operazioni
partigiane, oppure quando appendevano ai corpi dei partigiani impiccati cartelli con
scritto “Actung banditen”. Per questo dobbiamo cercare di analizzare e contestualizzare
sempre le situazioni, ponendoci la domanda verso chi e cosa è esercitata una reazione,
che radici ha, quale lo scopo.
Non si può essere equidistanti di fronte ad una violenza coloniale che ha oppresso un
popolo che resiste da più di mezzo secolo ad ogni tipo di vessazione, criminalizzazione,
sopruso e distruzione, che ha visto togliersi la terra, il lavoro, il futuro, di cui si vorrebbe
negare la stessa esistenza.
Non si possono utilizzare due metri e due misure: scandalizzarsi e usare strumentalmente
i morti di una parte, quella dell’oppressore, quando quei morti sono la conseguenza della
rabbia, della violenza, delle morti, delle carcerazioni, delle lacrime versate e delle umiliazioni subite per anni ed anni da un popolo… grazie anche all’indifferenza di chi oggi
si indigna.
Nessuno gioisce davanti alla brutalità della guerra, ma è ipocrisia non riconoscere che di
queste morti sono diretti responsabili i paesi occidentali, il capitalismo USA che accorre
prontamente in difesa del suo alleato sionista, perché sulla pelle dei palestinesi, si gioca,
nello scenario geo-politico di guerra tra blocchi, il dominio nell’area medio-orientale e i
palestinesi rappresentano un problema, perché ancora non domati, una spina nel fianco
da eliminare.
Responsabilità che vivono nello sdoganamento di Israele, come “Stato democratico”, con
cui fare affari, accordi economici di cooperazione per progetti di milioni di euro con istituti
di ricerca o universitari, imprese industriali, per sistemi di produzione energetica innovativi ad alta efficienza; tecnologie dell’informazione e della comunicazione, comunicazioni di dati, software e cybersicurezza; spazio e osservazione della terra… i cui scopi, spacciati per miglioramenti in campo civile, sono in realtà largamente utilizzati per rafforzare l’armamentario militare e di controllo.
Quello che oggi possiamo fare, è lottare, qua, contro il capitalismo nostrano
riprendendoci tutto quello che è stato tolto (scuola, sanità, dignità, case e lavoro), lottare
contro un’ideologia che mistifica e avvelena la verità, portando con noi anche la bandiera
della Palestina, quale simbolo di resistenza e di lotta, messaggio di speranza per tutti gli
oppressi, per dare un segno chiaro su cosa intendiamo per “internazionalismo”.
In questo inizio di ottobre si è creato uno spartiacque ed è necessario capire da che parte
stare … per noi sicuramente non alla tavola del sionismo, dell’imperialismo e del
capitalismo, fieri e solidali con un popolo che, ancora una volta, si ribella all’oppressore
per riconquistarsi la vita e la libertà … Per loro stessi e per tutti noi.

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