25 aprile: RESISTENZA, SOLIDARIETA’ E PALESTINA

RESISTENZA, SOLIDARIETA’ E PALESTINA

La Resistenza italiana quella che tutti abbiamo imparato a conoscere più che dai libri di storia, dai racconti delle famiglie, dei nostri nonni/e, anticipata dai grandi scioperi operai di Torino e Milano del marzo 1943, si sviluppa a partire dall’estate 1943 ed ha un comune obiettivo: lotta contro il nazifascismo, per la liberazione del paese dal nemico straniero, ma anche da quello interno. Partecipano alla lotta militari e civili, persone di ogni età, sesso, religione, provenienza geografica e si oppongono con azioni di guerra, di guerriglia e sabotaggi, ad un nemico che si scaglia non solo contro i combattenti, ma anche contro la popolazione, che rappresenta un bersaglio più semplice: rappresaglie, torture ed eccidi sono il duro prezzo pagato.

L’azione e il fatto di resistere, il modo e i mezzi stessi con cui si attuano, nella memoria collettiva portano all’idea di due figure precise: l’occupante, colui che si impossessa della terra, delle risorse, dei mezzi di produzione e … colui che tutto questo subisce e si ribella.

Attualizzando tutto questo, il popolo che da più di settant’anni con un prezzo altissimo che ricorda rappresaglie, torture ed eccidi di cui si parlava prima ancora resiste, è quello palestinese che, nonostante tutte le azioni che mirano allo svuotamento della Terra di Palestina dalla presenza di popolazione autoctona, ed anche se circondato da un assordante silenzio: se non si scrive nulla, se non se parla, il problema non esiste.

Ecco perché il passaggio delle insegne di Israele durante tutti i cortei del 25 aprile a Milano, dal 2004 ad oggi, è stato accompagnato da immagini di bombardamenti, fotografie dei morti civili di Sabra e Chatila, bandiere palestinesi, slogan, fischi, ecc. a qualcuno potrà essere sembrato poco educato, ma domando: cosa c’è di educato in una occupazione che dura da 73 anni?

Cosa c’è di educato in un sistema, quello sionista, non solo come occupazione della Palestina, ma come presenza criminale in ogni stato dove riesce ad infilarsi, dall’Italia alla Grecia o nei paesi arabi e del Sud America? In questo caso gli esempi non sono solo odierni, ma spaziano dall’appoggio ed addestramento delle squadre della morte del Guatemala, dei Contras in Nicaragua, all’ingerenza legislativa negli stati europei dove cerca di far passare leggi anti-boicottaggio, spacciandole per interventi contro l’anti-semitismo.

Vediamo come anche in Italia la presenza sionista si consolida ed estende già da anni con le varie collaborazioni sul piano militare, securitario, tecnologico, universitario e scientifico ed anche in un periodo come l’attuale, caratterizzato dal Corona Virus, le cose si accentuano. Da un lato è evidente come il sionismo stia usando questo scenario di emergenza sanitaria per incrementare il suo attacco al popolo e alla resistenza palestinese. Oltre infatti alla situazione in Cisgiordania, sono peggiorate le condizioni che vivono in carcere i prigionieri palestinesi e sono continuati gli arresti, approfittando della quarantena, e poi il razzismo e l’apartheid nei territori del ’48, per non parlare delle condizioni di vita a Gaza.

Dall’altro, il tentativo è quello di farci accettare il sistema di occupazione delle terre palestinesi, il razzismo e l’apartheid israeliano, continuando a citare i risultati in campo medico, idrico, agricolo, tacendo il fatto che sono tutti prodotti dell’industria militare e testati direttamente sul campo, come a Gaza ad esempio. Con questi argomenti in tutto il mondo Israele collabora con tutti quei governi, incluso il nostro, che preferiscono spendere in repressione e controllo, piuttosto che in estensione dei diritti sociali.

Ma non è solo una questione di “affari” perché viene esaltata una visione del mondo che sta alla base della logica dell’oppressore, cioè lo sradicamento, l’occupazione, il contenimento di forme di dissenso.

A questa visione del mondo noi contrapponiamo quella della resistenza dei popoli e sosteniamo il popolo palestinese non solo per la tenacia, ma perché consapevoli di essere coinvolti insieme a loro, nella stessa dinamica globale di lotta contro i padroni, l’imperialismo e il sionismo.

E’ la “questione sionista” la causa, l’origine del dramma che si consuma in Palestina nel silenzio complice; il sionismo, questa parola che per decenni è stata un tabù e chiunque tenta una critica a questa ideologia sia in passato, che nel presente, era ed è attaccato, accusato di antisemitismo, di essere contro la democrazia, contro la pace o, nella migliore delle ipotesi, un sognatore amante delle utopie.

Il sionismo è una ideologia razzista, basata su un concetto etnico, che si rivolge ad una sola popolazione accumunata dalla religione, perché si basa su concetti sciagurati: la superiorità della razza, la terra promessa per il popolo eletto e sullo slogan “una terra senza popolo per un popolo senza terra”. Uno slogan che non solo non vede gli altri come abitanti viventi di un territorio, ma da subito agisce per la cacciata dei palestinesi dalle loro terre.

Ecco perché il nostro rapporto con il sionismo “non è educato!”, ma conflittuale e per due motivi precisi:

  • ci sentiamo veramente a fianco del popolo palestinese nella sua lotta
  • un preciso concetto di lotta comune visti i riflessi delle prassi israeliane sulla vita di tutti noi, dal punto di vista legislativo, economico e socio-culturale.

Ricordo che 7 GIUGNO 2021 al Tribunale di Milano ci sarà la terza udienza del processo per la contestazione della presenza delle bandiere dello Stato sionista alla manifestazione del 25 aprile 2018.  Un processo prettamente politico che si inserisce in un’ampia e articolata campagna internazionale, che ha come fine di indurre

forzatamente l’equiparazione dell’antisionismo all’antisemitismo e di colpire la solidarietà internazionalista alla resistenza del popolo palestinese.

 PANETTERIA OCCUPATA

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