COSA C’ENTRIAMO NOI CON LO SCIOPERO DELLA FAME CONTRO IL 41 BIS DI ALFREDO COSPITO?

COSA C’ENTRIAMO NOI CON LO SCIOPERO DELLA FAME CONTRO IL 41 BIS DI ALFREDO COSPITO?

Alfredo Cospito è un compagno anarchico che dal 20 ottobre (85 giorni) è in sciopero della fame contro il cosiddetto 41 bis

Cos’è IL 41 BIS?
È un trattamento penitenziario introdotto in via eccezionale nel 1992, nel quadro della lotta alla mafia. Da allora, nonostante avrebbe dovuto avere una durata limitata, è diventato norma (così come, negli ultimi decenni, tutte le emergenze nate come speciali e temporanee), allargato ad altre tipologie di reato e ad oggi sono 750 le persone sottoposte a questo regime.

 Cosa prevede il 41 bis?
Completo isolamento sensoriale, vale a dire che su 24 ore solo 2 sono d’aria in compagnia di un massimo di 3 persone scelte dalla direzione del carcere, che il campo visivo è limitato alla cella o ai passeggi chiusi da reti dove il cielo si vede a quadretti; che le visite con i familiari si svolgono, una volta al mese, con vetri divisori e non c’è nessun tipo di contatto umano; viene impedito di leggere, studiare (libri, non più di 4, giornali, riviste, sono acquistabili solo tramite il carcere e soggetti all’arbitrio della direzione carceraria che censura, taglia articoli, gestisce tutte le notizie e le informazioni); tutto è sottoposto a censura, compresa la visione di alcuni canali televisivi e la difesa è di fatto impedita dall’impossibilità di partecipare ai processi se non in videoconferenza e ai difensori diffondere notizie relative alle condizioni di vita dei detenuti …
Un regime che è una vera forma di tortura e di morte sociale, psicologica, umana.

 Perché Cospito è sottoposto a tale regime?
Perché gli è stato applicato un articolo (strage politica) mai applicato neanche per reati di natura stragista (come nel caso della strage di Capaci …), per azioni, per il quale era già stato sanzionato, che non hanno a carico morti. Appare evidente, anche da parte di intellettuali, giuristi, giornalisti…, come l’intento di questo regime carcerario, così come quello ad alta sorveglianza, sia non tanto punire per i fatti commessi ma, per i detenuti politici, la valenza politica che questi atti assumono: quello che va spezzata è la solidarietà, i legami sociali, la stessa possibilità di esprimere un pensiero che metta in discussione questo modello sociale e la possibilità di cambiarlo.

 E noi cosa c’entriamo con tutto ciò?
Non si tratta di condividere le scelte e l’ideologia di Cospito, ma di comprendere che il 41 bis, l’ergastolo- l’ergastolo ostativo (fine pena MAI, almeno che rinunci alla tua identità o incolpi altri), le carceri speciali, sono la punta più alta e forte di repressione che lo Stato si è dato, ma che questa ha ricadute nei rapporti sociali e nelle lotte quotidiane di lavoratori, studenti, immigrati. Pensiamo solo a quanto sta succedendo a Simone di Ultima generazione per il quale sono state richieste misure restrittive di sorveglianza speciale e obbligo di dimora per 1 anno, in quanto, secondo la questura, il reato commesso (imbrattamento con vernice lavabile!), costituirebbe alta pericolosità sociale e interno ad un movimento organizzato oltranzista”. Richiesta ascrivibile al cosiddetto “codice antimafia”, applicato alla criminalità organizzata. O si pensi alla condanna di primo grado per “associazione a delinquere” ai compagni del comitato di lotta per la casa del Giambellino per aver difeso, rivendicato e organizzato con altri proletari il bisogno primario di una casa; o ai disoccupati di Napoli, ai sindacati di base Si.cobas e Usb per le
lotte dei lavoratori nel settore della logistica e non ultimo al decreto anti-reve il cui scopo
presumibilmente sarà in funzione anti-picchetto nei posti di lavoro, nelle scuole, nei presidi, nelle lotte più combattive.
Tutti coloro che non sottostanno ad un atto di adesione alle ragioni dello Stato, inevitabilmente si troveranno nelle file “dei cattivi”, trattati, oggi più che mai, visto il governo dichiaratamente fascista, come nemici dell’ordine pubblico e dello sviluppo e giudicati non perciò che si fa per quello che si è.
Per questo lo sciopero di Cospito contro il 41 bis, l’ergastolo ostativo ci riguarda, ed è per questo che non possiamo tacere. Sul nostro silenzio la repressione si rafforza, i nostri bisogni vengono calpestati e la possibilità di realizzare una società senza sfruttamento dell’uomo, dell’ambiente, libera da diseguaglianze e discriminazioni di qualunque genere e etnia diventa sempre più lontana.
Al fianco di Cospito, contro il regime di 41 bis, l’ergastolo ostativo,
di chi lotta dentro e fuori dalle carceri
Manifestazione domenica 15 alle h. 15 Porta Genova

PANETTERIA OCCUPATA

cosacentriamonoiconloscioperodellafamedialfredo

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15 gennaio: manifestazione Fuori Alfredo dal 41 bis

Uno sciopero della fame a oltranza per la libertà di tutte e tutti

A Milano ancora in piazza domenica 15 gennaio

Il prigioniero anarchico Alfredo Cospito è in sciopero della fame a oltranza dal 20 ottobre
contro il regime del 41 bis e l’ergastolo ostativo. Da otto mesi si trova rinchiuso in 41 bis
nel carcere di Bancali, Sassari, per un’azione contro la caserma allievi carabinieri a Fossano (CN) che non ha provocato né morti né feriti ma che la Cassazione ha riqualificato come strage politica con conseguente possibile condanna all’ergastolo ostativo. Neppure per piazza Fontana, per la stazione di Bologna o per le stragi di Falcone e Borsellino è stata
applicata questa tipologia di accusa.
Ha perso 35 chili e i parametri vitali sono al limite. Il 19 dicembre il Tribunale di
Sorveglianza di Roma ha confermato la sua detenzione in 41 bis, di fatto firmandone la
condanna a morte. La sua lotta ha avuto la forza di aprire uno squarcio sulla ferocia di
questo regime a cui nessuno prima poteva portare critiche senza essere accusato di
collusione con i “mafiosi” e di indebolire la lotta dell’Antimafia.
Il 41 bis, per come lo conosciamo ora, esiste dal 1992 e non ci risulta, dopo trent’anni, che
le organizzazioni di stampo mafioso abbiano subito un indebolimento. Infatti il vero intento di questo trattamento penitenziario non è impedire i contatti con l’organizzazione criminale di appartenenza all’esterno, come recita il provvedimento che lo istituì, ma di costringere a dissociarsi, a pentirsi, ad accusare qualcun altro da mandare dentro al posto di chi così spera di uscirne.
Isolare, punire, seppellire. Questo è lo scopo di un regime che ormai in tanti definiscono di
tortura, in cui si è totalmente tagliati fuori dal mondo, da qualunque rapporto anche con
altri detenuti che non siano quelli decisi dalle direzioni, chiusi in celle spoglie, spesso
sottoterra, nelle quali anche l’esposizione di una foto e qualsivoglia materiale compresi i
giornali. La possibilità di leggere, limitata a 4 libri al mese, è sottoposta a censura e alla
decisione dei direttori. I colloqui, uno al mese, si svolgono dietro al pannello di plexiglas.
Né i familiari né gli avvocati possono portare fuori neppure una parola del detenuto, pena
denuncia con rischio di condanne da 3 a 7 anni di carcere.
In tutto il paese e in tante parti di Europa e del mondo si sono attivate numerose iniziative
di solidarietà che hanno riaperto il dibattito pubblico sugli aspetti repressivi del sistema
carcerario italiano di cui il 41bis è la punta di diamante.

L’ampia adesione alla giornata di mobilitazione milanese del 29 dicembre, nonostante il
divieto posto dalla Questura proprio per scoraggiare la partecipazione, dimostra che la
solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo e al regime di tortura del 41 bis sono
elementi riconosciuti come propri da settori militanti, sindacali e sociali non quindi
circoscritti alla sola area anarchica.
Le notizie invece diffuse dai media hanno il chiaro intento di confinare la breccia apertasi,

con la coraggiosa lotta di Alfredo, nel consenso o silenzio che regnava sul regime di tortura
del 41 bis, vera pietra angolare che regola l'approfondirsi dell'arbitrio carcerario attraverso l’onnipotenza di strutture come la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
Va mantenuta viva e concreta la critica al regime di tortura del 41 bis, dell’ergastolo
ostativo e in generale al criterio della “collaborazione” quale strumento premiale o punitivo di mobilità fra i circuiti carcerari che istituzionalizza l’arbitrio e il baratto.
Il 41 bis, l’ergastolo ostativo sono solo la punta estrema di un sistema repressivo le cui
ricadute e i cui effetti li misuriamo ogni giorno: va contrastata la crescente
criminalizzazione delle lotte sociali – il tributo pagato è già altissimo in termini di
repressione, misure preventive e carcere – in particolare della componente anarchica e
compresa la sua natura strumentale finalizzata a generalizzare un continuo inasprimento
dell’azione repressiva come la storia di questo paese ben ci ha insegnato.
La repressione colpisce e minaccia chiunque non abbassa la testa di fronte allo
sfruttamento nei luoghi di lavoro, nella scuola con l’alternanza scuola-lavoro, alla
distruzione dell’ambiente, al saccheggio dei territori, alla guerra e al razzismo di stato.

Domenica 15 gennaio: manifestazione
Ore 15 Porta Genova – Milano

Assemblea cittadina
Contro carcere, 41 bis, ergastolo ostativo
Fuori Alfredo dal 41 bis
Solidali con chi lotta nelle carceri

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29 dicembre: Fuori Alfredo dal 41 bis – no al 41 bis e all’egastolo ostativo

In merito al divieto notificato dalla Questura di Milano per la manifestazione del 29 dicembre in P.za Duomo contro il 41 bis, per l’abolizione dell’ergastolo ostativo e, in particolare, in solidarietà con lo sciopero della fame ad oltranza di Alfredo Cospito, facciamo alcune precisazioni.
– I temi sollevati da questa lotta hanno raccolto un’ampia e trasversale solidarietà – anche nei media main stream soliti osservare un religioso silenzio su tali questioni –  e l’assemblea che ha promosso la manifestazione del 29 dicembre è espressione di questa pluralità; dunque ridurre la sua portata alla sola area anarchica è da leggere come un ridicolo tentativo di circoscrivere e differenziare la solidarietà.
– Assistiamo da lungo tempo a leggi eccezionali che si rinnovano producendo uno stato di emergenza permanente. Oggi però con un dispositivo ordinario si vuole impedire lo svolgimento di una manifestazione che denuncia un fatto di eccezionale gravità e che offre ormai un margine di tempo brevissimo prima di arrivare ad un punto di non ritorno. Nello stesso modo viene affrontata la tragedia quotidiana che si vive nelle carceri; in tempo di pandemia gli strumenti eccezionali sono stati trovati per impedire i colloqui e isolare ancor di più la popolazione detenuta ma solo quelli ordinari per affrontare il sovraffollamento degli istituti e la miseria che lì si vive tutti i giorni. L’altissimo numero dei suicidi la dice lunga come pure la mancata riforma carceraria tanto attesa all’interno delle mura.
– Ribadiamo le ragioni e la volontà di scendere in piazza il 29 dicembre dando come luogo di concentramento via Torino angolo via Mazzini consapevoli della necessità di mobilitarsi ulteriormente nei giorni a seguire in sintonia con la campagna che si è aperta a livello nazionale e internazionale sulle parole d’ordine: fuori Alfredo dal 41 bis, abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo.
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Comunicato Assemblea per Alfredo Cospito + iniziativa 29 dicembre Milano

L’Assemblea tenutasi Lunedi 26 dicembre presso CSOA COX18 di Milano in solidarietà con Alfredo Cospito in sciopero della fame ad oltranza dal 20 ottobre e contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo ha espresso la necessità di attivarsi e di mobilitarsi per dare un contributo al buon esito della lotta che Alfredo ha intrapreso. Alfredo Cospito è ormai al 69° giorno di sciopero della fame e le sue condizioni fisiche si fanno sempre più gravi. In questa situazione, oltre alla necessità di creare conoscenza e consapevolezza sulle ragioni della sua lotta e sul ruolo del 41 bis come strumento altamente repressivo ad afflittivo oramai riconosciuto come vera e propria forma di tortura; di allargare la discussione; l’importanza del momento ci chiama tutti ad agire ora! Gli spazi legali che lo Stato Italiano permette sono quasi inesistenti. Nella giornata di Martedi 27 dicembre verrà depositato il ricorso per Cassazione contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza che in data 19 dicembre ha confermato la detenzione di Alfredo nel regime di tortura del 41 bis, di fatto firmandone la condanna a morte. I tempi per il ricorso in Cassazione potrebbero essere oggettivamente incompatibili con l’attuale situazione di Alfredo in sciopero della fame da ormai 69 giorni (ricordiamo per esempio che nello sciopero della fame dei prigionieri irlandesi nel 1981 Bobby Sands morì dopo 66 giorni). L’Assemblea ha ribadito con forza che solo la solidarietà e la mobilitazione possono impedire che Alfredo possa morire. L’Assemblea oltre ad esprimere la massima solidarietà ad Alfredo Cospito ed a tutti i detenuti soggetti alla tortura del 41 bis, ritiene necessario unirsi alle molte manifestazioni di solidarietà che si stanno tenendo sia in Italia che a livello internazionale. La lotta di Alfredo Cospito è riuscita a riaccendere l’attenzione generale sul regime di tortura del 41 bis e sull’ergastolo ostativo ma oggi diventa necessario attivarsi e mobilitarsi in tutti i modi possibili per impedire che Alfredo sia condannato a morte dallo Stato Italiano. L’Assemblea ha ribadito come  la battaglia di Alfredo, e di tutti i detenuti che la stanno sostenendo, è una lotta contro un regime carcerario inaccettabile, che deve essere abolito senza distinguo per tutti. Questa lotta ha posto come centrale la questione del carcere, dalla sua punta più alta espressa dal 41 bis fino alle sezioni comuni. La lotta contro il carcere deve essere parte integrante della lotta contro questo sistema sociale/economico unico e reale responsabile delle condizioni di sfruttamento, di povertà, delle devastazioni ambientali, del saccheggio dei territori e della repressione in atto. L’Assemblea invita tutt* a partecipare Giovedi 29 dicembre dalle ore 18 al presidio in Piazza Duomo a Milano con queste parole: Fuori Alfredo dal 41 bis. No al 41 bis e all’ergastolo ostativo. Contro lo Stato di emergenza permanente. Invita tutt* a partecipare sempre Giovedi 29 dicembre all’assemblea aperta per dare aggiornamenti e dare continuità alle mobilitazioni presso la “Camera del non lavoro” in Via Volta 22 dalle ore 20:30. Invita tutt* a partecipare il 31 dicembre alla manifestazione a Roma. FUORI ALFREDO DAL 41 BIS – CHIUDERE IL 41 BIS 

L’Assemblea tenutasi al CSOA COX18 a Milano il 26 dicembre

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26 dicembre: Assemblea – Contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo In solidarietà con Alfredo

ASSEMBLEA: Contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo – In solidarietà con Alfredo

Il prigioniero anarchico Alfredo Cospito è in sciopero della fame dal 20 ottobre. Il 19 dicembre il Tribunale di sorveglianza di Roma ha confermato la sua detenzione nel regime di tortura del 41 bis, di fatto firmandone la condanna a morte.

Alfredo Cospito è detenuto ben oltre le risultanze di una sentenza emessa da un tribunale, egli è, con tutti i suoi gravissimi effetti, un prigioniero politico sotto tortura privato delle minime condizioni di vita.

Molte sono le manifestazioni di solidarietà a questa lotta che è riuscita a riaccendere l’attenzione generale sul regime di tortura del 41 bis e sull’ergastolo ostativo.

Sentiamo l’urgenza di mobilitarci anche a Milano possibilmente entro la fine dell’anno su questi temi e a tal fine invitiamo tutti/e a partecipare all’assemblea che si terrà il 26 dicembre alle ore 18 presso CSOA COX18, Via Conchetta, 18 – Milano.

Promuovono: Panetteria Occupata, Archivio Primo Moroni, OLGa,

 

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17 dicembre: cena autofinanziamento collettivo OLGA

SABATO 17 DICEMBRE DALLE ORE 20:30

A CENA CON OLGA

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16 dicembre: DALLA GUERRA PERMANENTE ALLO STATO DI EMERGENZA PERMANENTE

Venerdi 16 dicembre 2022 dalle ore 20:30

DALLA GUERRA PERMANENTE ALLO STATO DI EMERGENZA PERMANENTE

Il Mediterrraneo da mare nostro a Medioceano. Il Mediterraneo come hub logistico internazionale e come soluzione dell’equazione merci – profitti – guerra.

Ne parliamo con Daniele Ratti.

Nel corso della serata sarà presentato il n.4 della rivista Collegamenti.

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1 dicembre: PRESIDIO DAVANTI AL TRIBUNALE DI MILANO

Contro il 41bis e l’ergastolo ostativo
In solidarietà con lo sciopero della fame di Alfredo Cospito
In solidarietà alle lotte dei detenuti

L’ 1 dicembre il tribunale di sorveglianza di Roma (l’unico designato a decidere in merito alla declassificazione e ai benefici per chi sottoposto al regime di tortura del 41 bis) si pronuncerà sul reclamo fatto dagli avvocati di Alfredo Cospito.

DALLE ORE 10 PRESIDIO DAVANTI AL TRIBUNALE DI MILANO

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41 bis: quando lo stato d’eccezione diventa norma

Riportiamo l’intervento introduttivo all’incontro tenutosi domenica 27 novembre al Cox18

41 bis: quando lo stato d’eccezione diventa norma
Solidali con Alfredo, Juan, Ivan e Anna in sciopero della fame!

incontro promosso da: Panetteria Occupata, Archivio Primo Moroni, OLGa

Sono intervenuti: Flavio Rossi Albertini, Margherita Pelazza, Giuseppe Pelazza,
Frank Cimini, USI Sanità, Napoli Monitor, Si Cobas, Comitato di lotta Giambellino

sul sito di Cox18 trovate audio dell’intera iniziativa:

https://cox18stream.noblogs.org/post/2022/11/27/41-bis-quando-lo-stato-deccezione-diventa-norma/

Introduzione all’incontro del 27/11/2022 in Cox18

Così come abbiamo scritto nell’indizione di questo incontro, lo sciopero della fame ad oltranza di Alfredo Cospito, ormai al 39esimo giorno, e degli altri compagni che in solidarietà lo accompagnano, ha portato all’attenzione, anche di diversi  mass media, la questione dell’ art. 41 bis ovvero, del  regime di detenzione più drastico e punitivo applicato nel circuito carcerario, che si regge sull’assoluto isolamento fisico, sociale-mentale, attraverso la deprivazione sensoriale.

Un regime di tortura democratico, la cui finalità è quella  di cancellare l’identità del prigioniero per indurlo, con la coercizione dell’isolamento assoluto,  a collaborare.

L’Istituzione del regime detentivo previsto dall’art. 41 bis ha una genesi che parte da metà anni ‘70 con la riforma penitenziaria e che nel ’77 vede la costituzione delle carceri speciali, le “supercarceri”, gestite direttamente dai carabinieri alla direzione, allora, del generale Dalla Chiesa, a cui anni dopo, si aggiunge la formazione dei famigerati “braccetti della morte”, ovvero sezioni di massimo isolamento, e nell’82 si applica l’art. 90 della riforma carceraria che prevede, per supposte ragioni di ordine e sicurezza,  la sospensione di tutti i diritti garantiti dalla stessa legge.

Un inciso: Chi c’era senz’altro si ricorda della manifestazione a Voghera contro l’art. 90 e per la chiusura dei braccetti della morte, a cui lo Stato reagì mettendo in campo uno schieramento mai visto e una violenza inaudita.

Il 41 bis è la prosecuzione di questo dispositivo, infatti ne riprende anche la formulazione.

Cos’hanno in comune tutte queste disposizioni: carceri speciali, braccetti della morte, art. 90, art. 41 bis?

Nascono tutte come risposta eccezionale, “per casi eccezionali, limitati nel tempo” a una situazione definita “emergenziale” a cui lo Stato, soprattutto in una fase di crisi profonda deve far fronte per poter attuare i piani di ristrutturazione necessari al capitale per la propria sopravvivenza.

La risposta, può avere un duplice carattere: diretto o più propriamente preventivo a seconda dei periodi storici e dei rapporti di forza esistenti. Negli anni ’70, alle continue rivolte di massa, evasioni o tentativi di evasione dalle carceri organizzate e frutto dell’unione nella lotta fra detenuti comuni e prigionieri politici appartenenti soprattutto alle formazioni combattenti; a quello definito dallo Stato “terrorismo” rappresentato dalle formazioni armate in Italia all’indomani della strage di Capaci del 1992, alle politiche di contrasto alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, dopo l’attentato alle torri gemelli, negli USA del 2001, alla lotta al terrorismo internazionale, con la caccia all’islamico.

In questi decenni abbiamo visto l’approfondirsi e il consolidarsi dei dispositivi di segregazione carceraria attraverso sempre nuove emergenze a cui facevano capo i rispettivi pacchetti sicurezza le cui ricadute normative erano molto più ampie dell’emergenza del provvedimento stesso. (cioè dell’ oggetto del provvedimento).

Così, l’ emergenza si allarga e si estende e diventa cardine della governance di ogni governo. Si mettono in atto operazioni come “strade sicure”, militarizzando i territori attraverso l’utilizzo di sistemi di sorveglianza e la presenza dell’esercito nelle strade; si  gestisce l’ immigrazione attraverso l’istituzione della detenzione amministrativa e di veri e propri campi di internamento, al confine anche della legalità borghese, o come nel caso recentissimo della gestione pandemica emerge la natura autoritaria e disciplinatoria a cui sono state sacrificate reali necessità sanitarie.

Un aspetto che diviene sempre più evidente, è che la natura “limitata e circoscritta dell’emergenzialità” non ha invece scadenza diventando inesorabilmente norma con cui regolare le contraddizioni sociali.

  • Un meccanismo su cui si basa l’emergenza è la presentazione attraverso i mass media di un consenso generalizzato ad un allarme sociale che orienta l’opinione pubblica e ne diventa di fatto espressione.

Cambiano, di volta in volta, i paradigmi, se ne costruiscono di nuovi per motivare e fare accettare un approfondimento dei dispositivi  repressivi e di controllo tecnologico che istituzionalizzano la “normalità dell’emergenza” e lo stato di eccezione che diventa sinonimo di stato di polizia. Ciò avviene ormai in tutti i campi sociali: lavorativo, abitativo, sanitario, giovanile.

  • Tutto ciò è da considerare come parte integrante di un processo complessivo di ristrutturazione del capitale a livello globale dove prevale la tendenza ad un significativo salto tecnologico e militare che necessita, per concretizzarsi, di una popolazione addomesticata e passiva. Uno scenario di guerra, manifesta e latente, esterna ed interna, in cui è bandita ogni forma di critica.

Un contesto in cui l’accettazione anche parziale della narrazione dello Stato porta inesorabilmente alla desolidarizzazione, alla divisione del movimento di classe e al sostanziale reclutamento tra sue fila. si pensi  a quanto stia succedendo per la guerra tra Ucraina e Russia o quanto successo durante il periodo covid. Si impone un atto di adesione alle ragioni dello Stato, pena il trovarsi tra le fila dei “cattivi”, trattati come nemici dell’ordine pubblico e dello sviluppo e giudicati non in base a ciò che si fa ma per ciò che si è.

Significative in tal senso sono la condanna di primo grado per “associazione a delinquere” ai compagni del comitato di lotta per la casa del Giambellino; le medesime imputazioni toccate ai sindacati di base Si.Cobas e USB per le lotte nel settore della logistica; le denunce per associazione a delinquere ai disoccupati di Napoli e non ultimo il decreto anti-rave il cui scopo presumibilmente sarà in funzione anti-picchetto, presidio, nelle lotte più combattive.

Va detto inoltre che l’emergenza, caratterizzata dal tema della sicurezza e la rappresentazione del consenso costituiscono un volano per accelerare i processi, già in atto da tempo, di centralizzazione delle funzioni di comando che consente all’esecutivo di avocare a sé poteri decisionali straordinari in tutti i campi sociali.

Ci sarebbe molto da dire ma, in sintesi, appare evidente come questo faccia saltare le regole, seppur formali, di confronto e dialettica proprie di uno Stato che si vuole democratico. Nel caso del regime detentivo del 41 bis, per esempio, dal 2009 è il solo Tribunale di sorveglianza di Roma che decide in merito alla disapplicazione di tale regime e alla concessione di liberazione condizionale, misure alternative e di qualsiasi altro beneficio penitenziario. Nel caso della pandemia, ad esempio, vennero dati poteri straordinari di direzione al generale Figliuolo.

  • La battaglia di Alfredo e il senso di questa iniziativa:

La battaglia di Alfredo, di Anna, Juan, Ivan, è una lotta contro un regime carcerario inaccettabile, che deve essere abolito, senza distinguo, per tutti.  (regime a cui sono sottoposti detenuti con accuse di mafia, oltre ad islamici, anarchici, 3 compagni delle BR).

Pone come centrale la questione del carcere dalla sua punta più alta espressa dal 41 bis, passando per le sezioni AS (alta sicurezza, dove da quasi 42 anni sono reclusi compagni appartenenti a diverse formazioni combattenti), fino alle sezioni comuni, le cui condizioni sono venute alla ribalta nell’ultimo periodo solo a seguito delle rivolte durante il periodo covid e i continui suicidi.

Questo incontro, a più voci, vuol contribuire a far emergere cos’è il regime del 41 bis e il sistema carcerario in generale insieme alla necessità di far diventare la lotta contro il carcere, parte integrante della lotta di classe contro il capitale, unico e reale responsabile delle condizioni di sfruttamento, di povertà, delle devastazioni ambientali, del saccheggio dei territori e della repressione in atto.

È un auspicio a trasformare questa consapevolezza in percorsi di lotta.

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27 novembre: 41 bis: quando lo stato d’eccezione diventa norma

DOMENICA 27 NOVEMBRE 2022

ORE 16,00 al COX18 in Via Conchetta 18 – Milano

Incontro pubblico:
41 bis: quando lo stato d’eccezione diventa norma
Solidali con Alfredo, Juan, Ivan e Anna in sciopero della fame!

Promuovono l’incontro: Panetteria Occupata, Archivio Primo Moroni, OLGa

interverranno, fra gli altri:

Giuseppe Pelazza
Margherita Pelazza
Flavio Rossi Albertini
Frank Cimini
Napoli Monitor

Lo sciopero della fame a oltranza di Alfredo Cospito ha riportato alla ribalta il regime detentivo previsto dall’art. 41 bis ovvero la più drastica e afflittiva condizione di isolamento e deprivazione sensoriale disposta per una persona reclusa. Un regime di tortura, democraticamente legiferato e altrettanto democraticamente applicato, inteso a cancellare l’identità del prigioniero al fine di indurlo a collaborare.
Se descriviamo e discutiamo delle modalità d’applicazione del 41 bis, è per unire le forze in una chiamata a raccolta atta a contrastare la supina accettazione di uno stato d’eccezione che, inesorabilmente, diviene la norma con cui regolare le contraddizioni sociali.

Il nostro ragionamento sul 41 bis va collegato all’individuazione dell’uso dell’apparato giuridico e carcerario per contenere e reprimere, ancor meglio se d’anticipo, la ribellione e la voglia di cambiare.
Escogitare sempre nuove occasioni per applicare gravi capi d’imputazione, aggiornare le tecniche di controllo sociale, ispessire la “blindatura” dello Stato, tutto ciò e altro ancora serve a legittimare come “normale” uno “stato di emergenza” che in Italia dura ormai da oltre quarant’anni e che, in questi nostri tempi di profonda crisi e guerra, non è certo destinato a dissolversi da sé. Al contrario, oggi risulta sempre più drammaticamente vero quanto fu scritto all’inizio del 1980: «Permettere che lo Stato si insinui nel nostro “sistema di valori” antagonista, questo sì rappresenterebbe l’inizio della fine».

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