A tutti noi che celebriamo la giornata della liberazione…

A tutti noi che celebriamo la giornata della liberazione…
Da un po’ di tempo a questa parte è difficile iniziare la giornata con un sorriso, perchè se fin
dalla nascita ci è stato insegnato che per comprendere la realtà che ci circonda è necessario
seguire un punto di vista, analizzare dinamiche e fenomeni, documentarsi, cogliere gli spunti,
per poi porsi la domanda “dove stiamo andando, quale futuro?”, dopo più di 175 giorni di
bombardamenti continui su Gaza, forse l’interrogativo migliore è “siamo ancora umani?”
Già, perché la memoria “corta” ha fatto dimenticare ad alcuni che tutto è cominciato non nell’
autunno 2023, ma dal 14 maggio 1948 (senza contare i 25 anni di occupazione coloniale
inglese) quando, violando apertamente le decisioni delle Nazioni Unite, il leader sionista Ben
Gurion proclamava unilateralmente la nascita dello stato di Israele, su confini molto più vasti di
quelli previsti dall’ONU stesso, impedendo così che, sul territorio della Palestina, si insediasse
quella commissione internazionale che avrebbe dovuto garantire la nascita di entrambi gli stati
ed i relativi confini.
Dal giorno successivo – il 15 maggio, ricordato dal popolo palestinese come il giorno della
Nakba (la catastrofe) – la Palestina è scomparsa dalle carte geografiche e un popolo che aveva
mantenuto la sua identità per secoli, pur nella colonizzazione romana, bizantina, araba,
ottomana e britannica, è diventato un popolo profugo anche nella sua stessa terra.
In questi anni la colonizzazione si è estesa oltre i confini arbitrariamente conquistati nel 1948,
caratterizzando lo stato come un’entità senza alcuna carta costituzionale e senza confini fissi e
rivendicando un territorio che va dal Nilo all’Eufrate.
La Resistenza palestinese, in tutte le sue forme, nasce quindi con la cacciata del popolo di
Palestina ed una parte consistente della “società democratica” italiana, che ogni anno celebra la
liberazione dall’occupazione nazista e dal fascismo, sembra ignorare sia il diritto del popolo
palestinese di resistere ad una colonizzazione straniera, sia che lo Stato sionista pratica
un’apartheid di tipo razziale e religioso, che discrimina i suoi cittadini di lingua araba.
Peggio ancora, non vede il muro che i sionisti hanno costruito in Palestina per spezzare ogni
possibilità di movimento, ma neppure le migliaia di prigionieri politici palestinesi, anche bambini,
incarcerati senza accusa né processo. (la famosa detenzione amministrativa eredità del
colonialismo inglese)
Purtroppo non si tratta solo di ignoranza, spesso si tratta di connivenza e complicità ed ha un
nome: “revisionismo storico”, una malattia che ha portato alcuni a considerare solo dei “poveri
ragazzi” coloro che nel ’43 si schierarono a fianco dell’oppressore, altri a ritenere che è giunta
l’ora della “pacificazione” confondendo la pace con la rimozione della memoria.
Una spiegazione per arrivare, come si diceva all’inizio a comprendere la realtà che ci circonda,
per contestualizzare i fenomeni e sapere da cosa derivano le relative reazioni.
Se non bastano 32.623 morti tra la popolazione palestinese della sola striscia di Gaza in gran
parte donne e bambini, né i 75.092 feriti (da fonti del Ministero della Salute di Gaza al
29/3/2024), né i 374 del personale sanitario, né i 165 fra il personale ONU, né i 95 giornalisti, né
che in quattro mesi gli sfollati interni a Gaza rasentano già i due milioni, allora cosa occorre per
capire che siamo di fronte ad un genocidio ??
Sempre più spesso qualcuno sostiene che nei cortei serpeggia l’antisemitismo, ma cosa vi
scandalizza, cosa vi preoccupa, nel nostro denunciare una realtà umanamente vergognosa? Di
chi è la vergogna? Forse nei cortei si grida con tutta la voce che si ha in corpo perché si vive
anche la frustrazione dell’impotenza, acuita da una informazione inesistente e soprattutto di
parte, ma almeno è una reazione viva, sicuramente non dettata da interessi economici … come
quelli di chi già si sfrega le mani per accaparrarsi qualche briciola di ricostruzione, come dopo
ogni catastrofe, terremoto, od altro.
Nella nostra testa e nel nostro cuore ci sono le parole di alcuni prigionieri di palestinesi di lunga
data, scritte durante uno dei tanti scioperi della fame contro le terribili condizioni di non vita nelle
carceri israeliane: “Continuiamo la nostra battaglia ispirati dal fatto che l’uomo ha energia
illimitata della quale viene utilizzata solo una piccola parte, ma ne usa il latente quando è
esposto al pericolo. E qui sta il segreto che l’uomo può essere distrutto e non sconfitto. Siamo
anche ispirati dal fatto che la libertà costa più della morte e richiede che l’uomo le dedichi tutti i
suoi momenti e forze.”
Vogliamo rileggere le lettere dei partigiani che hanno combattuto contro il nazifascismo? Forse
troveremo frasi simili, anche più incisive ed è per questo che oggi siamo al fianco di chi si
oppone a tutto lo scempio che abbiamo davanti per la liberazione della Palestina, dove un
esercito super agguerrito (il 4° stato più armato del mondo) attacca una popolazione, ma anche
per la nostra liberazione … da tutte le menzogne propagandistiche, dalla povertà che avanza,
dalla crisi che porta a condizioni di lavoro prive di sicurezza, alla riduzione dei salari, alla
privatizzazione di scuola, sanità, servizi pubblici mentre l’unica cosa che cresce è il profitto, il
controllo sociale e la repressione.
L’esperienza della Resistenza in Italia (molti di noi sono i figli, i nipoti, i bisnipoti di quelli che
furono i combattenti per la libertà e non certo per questo schifo che abbiamo davanti) dovrebbe
aver insegnato che non è possibile accettare tutto quello che il nemico interno ed esterno dice;
come quando venivano etichettati gli eccidi di massa come “reazione/rappresaglia” alle
operazioni partigiane, oppure quando appendevano ai corpi dei partigiani impiccati cartelli con
scritto “Actung banditen”.
Non si possono usare due pesi e due misure: scandalizzarsi perché i palestinesi si rifiutano di
morire in silenzio o di sottostare all’umiliazione quotidiana magari accontentandosi del nostro 5
per mille, e criminalizzandoli quando oltre che con le pietre rispondono all’enorme armamentario
di morte utilizzato quotidianamente contro di loro, con strumenti più potenti delle pietre stesse??
Ma avete mai guardato quegli occhi, quei visi, toccato quelle mani … no già loro sono tutti
terroristi!.
Invece Ben Gurion che viene chiamato “ Padre fondatore d’Israele” perché unì le diverse milizie,
queste si terroristiche, come l’Hagana, l’Irgun, la Banda Stern costituendo le forze militari
israeliane responsabili durante la Nakba dell’uccisione di migliaia di palestinesi, dell’espulsione
di oltre 700.000 palestinesi e della distruzione di 500 villaggi. Lui che nel 1948 svolse una
funzione da leader e che molto esplicitamente indicò allo stato maggiore militare come trattare
gli abitanti autoctoni .”Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle
terre e l’eliminazione di ogni servizio sociale per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba.
Nel nostro paese c’è posto solo per gli ebrei. Diremo agli arabi spostatevi.”
Lui quindi che cos’è??
Oppure Menachem Begin che, giunto in Palestina nel 1942, diserta dall’armata polacca e
aderisce all’Irgun (gruppo paramilitare terroristico) del quale in breve tempo diventa il leader ed
organizza vari attentati contro militari britannici, culminati con la bomba nel King David Hotel con
novanta morti e l’assalto alla prigione di Acri e si rende responsabile del massacro di Deir
Yassin il 9 aprile del 1948 con 200 morti, la distruzione del villaggio e l’espulsione dei
sopravvissuti.
Lui quindi che cos’è?? Solo un Primo ministro israeliano!
Di cose da dire ce ne sono ancora tante, ma quello che manca ora è il perché di questa lunga
missiva. Siamo arrivati in Aprile, un mese che ci ricorda la lotta partigiana di tanti giovani uomini
e donne, l’insurrezione delle città del nord Italia, lo sventolio delle bandiere rosse… e le grandi
manifestazioni nella giornata del 25 aprile con tanti giovani a fianco di chi aveva combattuto il
fascismo, o il passo stanco degli ex deportati nei campi di concentramento nazisti e nostrani che
sfilano fra gli applausi. Da qualche anno purtroppo anche nella città di Milano abbiamo dovuto
assistere ad alcune presenze scomode: “Gli amici di Israele” che facendo finta di sfilare con la
bandiera della “brigata ebraica” in realtà si portano quella sionista.
Alla luce di tutto quello che è stato scritto e con il cuore comunque in tumulto quello su cui
vorremmo porre l’attenzione è il continuo invocare strumentalmente la democrazia o il diritto di
tutti a partecipare … volendo dimenticare che il 25 Aprile è il momento in cui si rinnova la
memoria della Resistenza.
Ci chiediamo se nelle manifestazioni di quella giornata si possa veder sventolare le bandiere di
uno stato occupante ed oppressore quando negli occhi tutti abbiamo le pile di cadaveri, le case
sventrate, le ruspe che passano sopra i corpi o i bimbi che tremano per la paura?
Ilan Pappè (storico ebreo nato ad Haifa e che ora vive in esilio) dedica il suo libro “La prigione
più grande del mondo”: “Ai bambini palestinesi , uccisi, feriti e traumatizzati dal vivere nella più
grande prigione del mondo” … cioè la Palestina.
Nel riferirsi a tutte le voci fuori dal coro, si accusa di antisemitismo: ma attenzione a non
confondere: tutti noi siamo antisionisti; l’abbiamo sempre ripetuto a gran voce, non antisemiti e
tra l’altro i palestinesi, spesso si dimentica, sono anche essi semiti.
Come spesso negli anni hanno scritto anche dei giornalisti israeliani fino a quando lo Stato di
Israele sfrutterà l’Olocausto degli ebrei (e non a caso nessuno ricorda mai lo sterminio dei rom,
dei sinti e delle popolazioni slave, gli altri “untermenschen” dei nazisti che fanno il paio con gli
“animali umani”, epiteto con cui Israele definisce i palestinesi) come scusa per portare avanti il
suo – prima lento, oggi velocissimo – piano di deportazione e pulizia etnica della Palestina?
Fino a quando gli “amici” occidentali di Israele, a cui l’Italia è legata da forti interessi materiali e
politici, useranno la stessa scusa?
Il senso di tutte queste parole è che la presenza al corteo del 25 aprile dei sionisti in qualsiasi
forma mascherati (da Amici di Israele – da Brigata Ebraica od altro) può essere solo una
provocazione, un’inaccettabile vergogna di veder sfilare chi oggi rappresenta nella realtà un
movimento coloniale che occupa, segrega, reprime ed uccide un intero popolo: i palestinesi.
Sappiamo che farete comunque a modo vostro, che ci chiamerete antisemiti, che griderete allo
scandalo e invocherete una dura repressione: in realtà quello che manca è solo il coraggio e la
dignità di non essere indifferenti o peggio ancora servi.
Milano, 2 Aprile 2024 – Panetteria Occupata
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