Contro il 41bis e l’ergastolo, fuori Alfredo dal 41bis – INIZIATIVE A MILANO

Contro il 41bis e l’ergastolo, fuori Alfredo dal 41bis

Non è da ora che assistiamo ad un acuirsi dell’utilizzo di forme repressive per gestire le contraddizioni sociali: l’uso di reati associativi per le lotte per la casa, le lotte sindacali, la criminalizzazione dei movimenti ambientalisti, il controllo del territorio attraverso operazioni militari mass mediaticamente spettacolari che colpiscono prevalentemente i soggetti più deboli e divisi, per non parlare del ricatto nei confronti dei migranti, necessari come forza lavoro, utili finché deboli ed invisibili.
Significative in tal senso sono la condanna di primo grado per “associazione a delinquere” ai compagni del comitato di lotta per la casa del Giambellino; le medesime imputazioni toccate ai sindacati di base Si.Cobas e USB per le lotte nel settore della logistica; le denunce per associazione a delinquere ai disoccupati di Napoli; il decreto anti-rave il cui scopo sarà anche in funzione anti-picchetto/presidio, e, non ultime, le retate alla Stazione Centrale e i lacrimogeni contro le lunghe file di immigrati in coda per il permesso di
soggiorno a Milano.
Carcere e repressione sono elementi strutturali ineliminabili per le società che vivono di differenze, sopraffazione e sfruttamento. Sono una necessità che si manifesta ancor più violenta nei momenti di crisi o ‘di guerra’ come quello attuale, in cui è necessario, per la stessa sopravvivenza del sistema, silenziare qualsiasi dissenso, idea di trasformazione sociale e annullare qualsiasi conflitto che lo esprima in forme e modi diversi.
In nome di una emergenza che muta ma non finisce mai: la norma regola e il carcere punisce.
Di tutti i dispositivi carcerari il 41bis e l’ergastolo sono la punta più alta, una forma di annientamento fisico e sociale totale. Una forma di tortura da cui si esce solo abiurando la propria identità o scambiando il proprio posto con qualcun altro.

Cosa prevede il 41bis?

Completo isolamento sensoriale, vale a dire che su 24 ore solo 2 sono d’aria in compagnia di un massimo di 3 persone scelte dalla direzione del carcere, che il campo visivo è limitato alla cella o ai passeggi chiusi da reti dove il cielo si vede a quadretti; che le visite con i familiari si svolgono, una volta al mese, con vetri divisori e non c’è nessun tipo di contatto umano; viene impedito di leggere, studiare (libri, non più di 4, giornali, riviste, sono
acquistabili solo tramite il carcere e soggetti all’arbitrio della direzione carceraria che censura, taglia articoli, gestisce tutte le notizie e le informazioni); tutto è sottoposto a censura, compresa la visione di alcuni canali televisivi e la difesa è di fatto impedita dall’impossibilità di partecipare ai processi se non in videoconferenza e al divieto ai difensori di diffondere notizie relative alle condizioni di vita dei detenuti …
Come oramai si può leggere anche sulla pagine di molti giornali la narrazione che vuole che questo regime abbia lo scopo di recidere i legami con l’organizzazione di appartenenza non regge neanche nel caso della lotta alla mafia, che negli anni si è trasformata e ha trasferito la sua attività nei grandi appalti e nella finanza.
Contro questi regimi Alfredo Cospito sta facendo uno sciopero della fame ad oltranza da più di 100 giorni. Ha ben chiarito che il problema non è la sua detenzione ma la condizione di tutti quelli sottoposti al 41bis e all’ergastolo.
In questi 100 giorni il dibattito sul carcere è cresciuto e molte delle sue contraddizioni sono venute a galla: il sovraffollamento, le mancate condizioni igieniche e sanitarie, l’altissimo numero di suicidi, le rivolte del Marzo 2020 terminate con una brutale repressione che ha causato tredici morti…
Diversissimi settori della società ne sono stati coinvolti e anche i non addetti ai lavori iniziano a confrontarsi su questo problema e a comprendere il reale scopo delle misure e strumenti punitivi.
In questi 100 giorni la risposta dello Stato è stata un lungo silenzio terminato con una posizione di fermezza nei confronti di una ‘trattativa’ inesistente. Negando il nocciolo della questione – da loro stessi creata – facendo sfoggio di muscoli a beneficio dei media. “Non cederemo” si dice, ma di fronte a chi?
Ora Alfredo è stato trasferito nel carcere di Opera che avrebbe una struttura sanitaria più attrezzata che quello Bancali a Sassari (benché sulla sanità Lombarda, perché di questo si parla, molto ci sarebbe da dire). Rimane comunque sempre in regime di 41bis e, avendo lui scritto che rinuncia alle cure forzate, la sua situazione resta pericolosamente invariata.
Lo sciopero della fame di Alfredo contro il 41 bis, l’ergastolo/ostativo ci riguarda, ed è per questo che non possiamo tacere. Sul nostro silenzio la repressione si rafforza, i nostri bisogni vengono calpestati e la possibilità di realizzare una società senza sfruttamento dell’essere umano, dell’ambiente, libera da diseguaglianze e discriminazioni di qualunque genere e etnia diventa sempre più lontana.
È necessario quindi coniugare la battaglia per la sua sopravvivenza con una battaglia per l’abolizione del 41bis e dell’ergastolo.

L’Assemblea milanese invita a partecipare

Venerdì 3 febbraio alle ore 18 al presidio in piazza Duca D’Aosta

Sabato 4 febbraio alle ore 14.30 al presidio all’ingresso del carcere di Opera

Milano 1/2/2023 – l’Assemblea milanese

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