PER UN 1 MAGGIO INTERNAZIONALISTA E DI CLASSE

Intervento al corteo di Milano del 1 maggio:

PER UN 1 MAGGIO INTERNAZIONALISTA E DI CLASSE

L’Italia è in guerra! Una guerra che ha le cause in una crisi economica, politica, sociale ed ambientale del sistema capitalistico.

Ci troviamo di fronte ad un capitalismo che va verso la catastrofe.

Le ragioni della guerra in Ucraina non nascono oggi. Sono il frutto di decennali conflitti interimperialisti. Sono il frutto dell’espansione della NATO, della politica economica dei poli imperialisti USA e Unione Europea in testa.

I proletari, i lavoratori in queste guerre non hanno nulla da guadagnare. La guerra è contro i nostri interessi di lavoratrici e lavoratori.

Per questo dobbiamo a partire dall’opposizione al Governo italiano, Governo Draghi, Governo frutto di un patto corporativo tra padronato e partiti, Governo espressione degli interessi delle strutture sovranazionali europee e del grande capitale

Dire NO all’invio di armi allo Stato ucraino

Dire NO all’escalation militare. Noi non vogliamo una terza guerra mondiale.

Non dimentichiamo che quella in Ucraina non è l’unica guerra in corso. Che l’Italia è presente in 40 missioni militari all’estero, seconda solo agli USA. Che continua una politica neo-coloniale delle potenze dell’Unione Europea in altri paesi del mondo come quella italiana e francese in Africa con le gravi conseguenze sull’immigrazione. Immigrazione dovuta alla guerra, alla povertà, allo sfruttamento economico…

Imporre il ritiro delle truppe italiane dalle missioni di guerra all’estero.

L’organizzazione sovranazionale politica e militare NATO è uno strumento offensivo atto alla guerra.

Imponiamo le parole d’ordine: FUORI LA NATO DALL’ITALIA – FUORI L’ITALIA DALLA NATO

Allo stesso tempo dobbiamo da subito dire NO all’Esercito Europeo.

Dobbiamo far vivere questi obiettivi nelle lotte quotidiane, nelle mobilitazioni sul lavoro, sulla casa, sulla sanità, sull’ambiente… nei nostri territori che subiscono anche loro una continua militarizzazione. Essere capaci di intaccare la macchina della guerra; sono sui nostri territori le aziende che producono armi, sistemi informatici integrati agli strumenti militari, la presenza e i collegamenti tra aziende e università per fini bellici, la presenza nelle nostre strade dei militari con l’operazione “strade sicure” (militari utilizzati ad esempio per reprimere la lotta popolare in Val Susa).

Contrastare la propaganda di guerra.

Propaganda che si regge attraverso l’imposizione di uno stato di emergenza permanente.

Stato di emergenza per la pandemia e ora nuovo stato di emergenza per la guerra.

In questo stato di emergenza permanente che concede poteri illimitati all’Esecutivo, al Governo, che svuota di ogni valenza il Parlamento, si impone il continuo aumento di soldi pubblici per le spese militari. Lo chiede la NATO, lo chiede l’Unione Europea. Aumentare le spese militari al 2% del PIL significa sottrarre risorse pubbliche per gli ospedali, per la sanità, per la scuola, per un welfare alle persone più deboli… Si decide in segreto quante e quali armi inviare in Ucraina. Si impone attraverso decreti del Presidente del Consiglio la gestione della pandemia nel rispetto prima degli interessi delle multinazionali farmaceutiche e poi della salute delle persone e in particolare dei lavoratori.

Si giustificano scelte politiche e sociali di parte come nell’utilizzo dei miliardi del PNRR in arrivo dall’Unione Europea. Chiamiamo questa economia di guerra.

Dall’inizio della pandemia il tasso di occupazione è sceso di molto e il lavoro femminile è quello che è stato più colpito. Aumenta la povertà ad oltre 5 milioni di famiglie, crescono i lavoratori poveri anche se occupati. Si continua a licenziare; viene sostituito lavoro stabile con lavoro precario; aumentano i contratti a termine e interinali.

I nostri salari (salario diretto ed indiretto) non tengono il continuo aumento dell’inflazione; il carovita è evidente a tutti. C’è un aumento della disoccupazione che ha come contro altare un aumento della giornata lavorativa, dei ritmi di lavoro, dello sfruttamento di chi lavora.

Il 1 maggio è una data simbolo per la nostra classe lavoratrice in tutto il mondo. E’ la conquista nella storica battaglia per le 8 ore.

Questa conquista è stata messa in discussione dai padroni, dai loro governi, dallo sviluppo di un sistema produttivo che vuole imporci lo sfruttamento del lavoro salariato per l’intera giornata, per 365 giorni all’anno.

Oggi dobbiamo rivendicare con forza la riduzione della giornata lavorativa e riattualizzare le parole d’ordine: lavorare meno – lavorare tutti. E imporre aumenti salariali per tutti.

All’attacco alle condizioni proletarie, contro l’emergenza sociale, contro i piani governativi e confindustriali, diventa urgente e necessario trovare un terreno comune di unità delle lotte.

Le lotte che vengono condotte sul lavoro, per la casa, nelle scuole, contro le discriminazioni verso i lavoratori immigrati, sui territori… devono ritrovare un comune intento: UN FRONTE DI CLASSE.

Un fronte di classe che sappia sviluppare forme concrete di solidarietà; che sappia sviluppare un percorso in un’ottica di “contropotere”, di affermazione di un punto di vista “altro” di classe rispetto a quello dello Stato e del capitale.

La scadenza importante dello sciopero generale del 20 maggio, contro la guerra e contro il governo Draghi deve essere un’occasione che ci trova insieme nella costruzione e affermazione comune dei nostri obbiettivi.

Sui cartelli nelle lotte per le 8 ore era scritta la frase che chiedeva la riduzione della giornata lavorativa ma anche quella per la fine dello sfruttamento del lavoro salariato… è in questa prospettiva che siamo qui oggi. Vogliamo ricordare tutte la donne e gli uomini che sono usciti di casa per recarsi al lavoro e non hanno più fatto ritorno. Vogliamo infine ricordare Lorenzo e Giuseppe, studenti morti nell’alternanza scuola-lavoro.

VIVA IL 1 MAGGIO!

Panetteria Occupata

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