Solidarietà al popolo Palestinese … dal corteo sulla casa del 8 luglio

Riportiamo intervento fatto durante il corteo dell’8 luglio sulla questione abitativa:

In un precedente appello per una lotta di eguaglianza con la richiesta di documenti per tutte/i senza discriminazione, la Rete Solidale “Ci Siamo” scriveva: “ siamo lavoratori e lavoratrici allontanati/e dalle loro famiglie dal disastroso saccheggio colonialista, mandiamo avanti cantieri e magazzini, siamo riders e facchini, puliamo uffici e hotel, mandiamo avanti le cucine, accudiamo bambini ed anziani e ci spezziamo la schiena in campagna. E’ ora di unirci, di far sentire la nostra voce che è la stessa di tutte/i  le lavoratrici e lavoratori sfruttati, di mettere fine alle discriminazioni ed ai ricatti.
Parto da questo punto per parlare di un popolo, quello palestinese, che queste condizioni le conosce tutte da più di settanta anni, che vive in parte nella diaspora, nei campi profughi, che si vede negati i diritti più elementari e che è testimone del furto della sua terra, che non ha un’economia propria, espropriato dell’acqua, delle case e della propria storia, costretto ad affrontare la pulizia etnica e la gentrificazione.
Già un concetto che nelle grandi città ed in particolare a Milano che sta subendo lo stravolgimento di tutti i vecchi quartieri popolari, l’espulsione delle fasce di popolazione più deboli, conosciamo bene, ma che anche in Palestina dove Gerusalemme (Al-Quds) è l’esempio più eclatante che si sta verificando da tempo, portato avanti da un sistema coloniale capitalista.
Per comprendere la gentrificazione in questo contesto, bisogna analizzare le tattiche utilizzate dal sionismo e risalire alla filosofia di Theodore Herzl, il fondatore del sionismo, nella quale proclamava “Le terre private delle aree che ci sono state assegnate devono essere confiscate ai loro proprietari. Gli abitanti poveri devono essere rapidamente evacuati dall’altra parte del confine dopo che gli si è assicurato un lavoro nei paesi di destinazione. Gli verrà negato il lavoro nel nostro paese; in quanto ai grandi proprietari terrieri, finiranno per unirsi a noi.”
Istituita più di un secolo fa, questa strategia è il piano ufficiale su cui l’entità sionista ha lavorato a spese dei palestinesi, i residenti indigeni, anche nelle terre su cui l’occupazione non ha il completo controllo.
Molto semplicemente, uno stato espansionista coloniale opera portando dalla sua parte i
capitalisti palestinesi per mantenere sia la forza lavoro, che la popolazione palestinese sotto il suo
dominio.
Una penetrazione che si muove soprattutto con una triplice strategia: mediatica, politica e
militare. Per la parte mediatica, grazie all’uso dei mass media, il sionismo tenta di rendere
accettabili i propri crimini o meglio ancora di negarli, mistificando la realtà ed imponendo una narrazione in cui il sistema di occupazione delle terre palestinesi, il razzismo, le azioni che mirano all’allontanamento della popolazione autoctona, le torture, gli eccidi, sono solo il risultato del perenne tentativo di difendersi dagli attacchi del popolo palestinese.
Abbiamo visto in questi giorni a Jenin dove i sionisti hanno portato avanti un attacco violento alla città ed al suo campo profughi, con migliaia di soldati supportati da 15 ruspe militari che hanno letteralmente “arato” le strade principali della città distruggendo tutta la tubatura dell’acqua e delle varie infrastrutture, con un alto numero di morti “i martiri” come li definiscono i palestinesi e molti feriti alcuni dei quali in condizioni gravi.
Per la parte politica i sionisti hanno tessuto una fitta rete di accordi d’interscambio con i vari paesi, Italia compresa, che non riguarda solo l’aspetto militare o quello dell’esportazione di forme di controllo sociale e repressivo, ma la cooperazione scientifica con le varie Università (in Italia ricordiamo quelle di Torino, di Milano con il Politecnico in primis) per sviluppare programmi di ricerca congiunti. Stessa cosa che avviene in agricoltura e con i tentativi di infiltrarsi anche nelle questioni relative all’acqua, alla desalinizzazione, ecc.

Quindi noi qua cosa possiamo fare in concreto perché non sia solo una dichiarazione di
solidarietà?
LOTTARE per svelare le complicità, boicottare gli accordi scientifici e tecnologici, ma soprattutto lottare contro il capitalismo e l’imperialismo italiano, contro il razzismo. Per tutto questo siamo qui oggi e con le bandiere della Palestina.

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8 luglio – Manifestazione “La casa è un bisogno fondamentale ….”

La casa è un bisogno basta speculazione.
MANIFESTAZIONE
Sabato 8 luglio ore 17.00 
partenza Via Esterie-Mi
Questa piattaforma è una base di partenza e in continua elaborazione, di convergenza e rivendicazione  di diverse realtà collettive comitati di abitanti sindacati.
Siamo consapevoli che la radice del problema abitativo, come quello dello sfruttamento lavorativo e ambientale, nasce dal sistema capitalista nel quale viviamo e dalle sue politiche neoliberiste che anche nel territorio Metropolitano si estendono a tutti i settori del vivere, e considera la Casa terreno di speculazione ed estrazione del profitto (rendita) per pochi.
Lottiamo per:
Bloccare immediatamente sfratti e sgomberi se non c’è una soluzione abitativa alternativa degna per singoli e famiglie.
Impedire le vendita e tutte le altre sottrazioni di patrimonio delle case popolari, costruirne di nuove, ristrutturare quelle esistenti e assegnare tutte quelle vuote, con un’attenzione particolare ai soggetti più fragili.
Fissare un tetto agli affitti sia pubblici che privati per rispondere al bisogno abitativo di singoli e famiglie e porre dei limiti ai mercato degli affitti brevi.
Fermare le criminalizzazione delle occupazioni e degli abitanti, riconoscere le residenze e reintrodurre l’allaccio delle utenze (luce, acqua, gas) agli occupanti di stabili e alloggi pubblici e privati, spezzando il circolo vizioso che alimenta illegalità, criminalizzazione, discriminazione.
Eliminare le discriminazioni contro i più poveri e gli immigrati nell’assegnazione delle case popolari; le discriminazioni sociali, razziali e lavorative (negazione di documenti, bassi salari, contratti brevi) che impediscono, a circa 200.000 lavoratori immigrati presenti nell’area metropolitane milanese di accedere ad un lavoro e un’abitazione dignitosa e costringono, in migliaia, ad abitare in centri di accoglienza (CAS) in condizioni malsane, di sovraffollamento, sottoposti ad un controllo paracarcerario.
Garantire li diritto allo studio attraverso l’assegnazione di alloggi agli studenti fuori sede e realizzazione di studentati pubblici a prezzi realmente accessibili.
Arrestare e impedire le speculazione immobiliare privata che, in accordo con l’amministrazione Pubblica, sta trasformando le città in base alle proprie esigenze di profitto, accerchiando | quartieri popolari, espellendone gli abitanti, devastando e saccheggiando dal punto di vista ambientale interi territori.
Mettere al centro i bisogni delle persone contro gli interessi speculativi e costruire una maggiore consapevolezza attraverso un lavoro di mappatura, inchiesta ed analisi sul patrimonio immobiliare e le trasformazioni in atto, al fine di costruire risposte collettive per dere un indirizzo diverso alla realtà che abbiamo davanti.
Con questo appello vogliamo lanciare un messaggio di lotta e organizzazione da subito.
Rete per il diritto all’abitare reteperildirittoallabitare@gmail.com
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DALLA PALESTINA SULLO SCIOPERO DEI PRIGIONIERI IN DETENZIONE AMMINISTRATIVA

DALLA PALESTINA SULLO SCIOPERO DEI PRIGIONIERI IN DETENZIONE AMMINISTRATIVA

Da una serie di brevi articoli comparsi nei giorni scorsi su HADFNEWS riteniamo

importante riportare queste informazioni, ad un giorno dall’inizio di uno sciopero

della fame che parte dai prigionieri amministrativi ma che ha l’appoggio sia degli

altri detenuti, sia dei familiari e di gran parte della popolazione palestinese.

Già da domenica 11 giugno il Comitato Amministrativo dei Detenuti, emanazione

del Comitato Superiore di Emergenza Movimento Prigionieri che gestirà questa

lotta da loro definita “battaglia”, ha annunciato uno stato di mobilitazione generale

in tutte le carceri in cui sono rinchiusi i detenuti amministrativi, come preparazione

alla partecipazione allo sciopero della fame a tempo indeterminato.

Il comitato ha dichiarato in un comunicato stampa che centinaia di prigionieri

amministrativi scioperano, a partire da domenica 18/06/2023, con lo slogan

“Rivoluzione della libertà – Intifada amministrativa”.

In precedenza, l’organismo dei Prigionieri aveva affermato che dall’inizio di

quest’anno le autorità di occupazione hanno continuato ad espandere il

provvedimento della detenzione amministrativa e per questo motivo il numero dei

detenuti ha superato il migliaio. Ad oggi i detenuti amministrativi sono nei centri di

detenzione delle tre prigioni centrali: Ofer, Negev e Megiddo.

Va sottolineato che, dall’inizio dello scorso anno 2022, i detenuti amministrativi

hanno attuato una serie di misure di lotta, la più importante delle quali è stata il

boicottaggio dei tribunali di occupazione, oltre alla fase di sciopero della fame,

effettuata da 30 detenuti amministrativi ed è durata 19 giorni, tutti passaggi che

fanno parte di una lunga lotta condotta per decenni. Il reato di detenzione

amministrativa, che costituisce uno dei reati più importanti e gravi commessi dalle

autorità di occupazione contro i palestinesi, è aumentato notevolmente dallo

 

scorso anno, rispetto agli ultimi anni. Le autorità israeliane hanno emesso più di

12.000 ordini di detenzione amministrativa dal 2015, con una percentuale più alta

nell’ultimo anno rispetto ai precedenti, quando il numero di ordini ha raggiunto i

2409 e l’80% dei detenuti amministrativi sono ex detenuti che hanno trascorso

anni nelle carceri dell’occupazione, anche in questo stesso regime di detenzione.

E’ importante ricordare che l’occupazione ricorre alla detenzione amministrativa

nei confronti di coloro contro i quali non è possibile presentare un atto d’accusa,

con il pretesto di avere un “fascicolo segreto” e come misura di “ritorsione”, sulla

base della Legge di emergenza ereditata dal mandato britannico.

 

Nel corso di una seconda conferenza stampa che si è tenuta nella mattinata di

giovedì 15/6 a Ramallah, il Comitato ha precisato che il numero dei detenuti

amministrativi è arrivato a 1083, di cui 19 bambini e tre detenute, che è il numero

più alto percentuale dal 2003 ed ha ricordato Khader Adnan, assassinato

premeditatamente dall’occupazione, che l’ha lasciato nella sua cella dopo 86

giorni di sciopero della fame, senza assistenza medica.

I partecipanti hanno anche richiamato l’attenzione su una serie di questioni

centrali: 1) quella dei vecchi prigionieri 2) i prigionieri liberati con lo scambio per la

 

liberazione del soldato Gilad Shalit avvenuta il 19 giugno 2011 (affare Wafaa al-

Ahrar) e l’avvicinarsi del nono anniversario del loro ri-arresto, che cade appunto il

 

18 giugno 3) il caso del capo prigioniero Walid Daqqa, che sta affrontando gravi

condizioni di salute nella cosiddetta “clinica carceraria” di Ramla.

Le autorità di occupazione mirano, attraverso il reato di detenzione

amministrativa, a minare qualsiasi stato effettivo e ad imporre un maggiore

controllo e supervisione sulla società palestinese nel quadro del regime di

apartheid imposto dall’occupazione a più livelli.

Al termine della conferenza, i partecipanti hanno invitato il popolo palestinese a

partecipare attivamente nel sostenere i prigionieri nella loro battaglia in corso, in

particolare con l’avvicinarsi di quella dei detenuti amministrativi.

Il numero totale di detenuti nelle carceri dell’occupazione è di circa 5000,

comprese 31 donne e 160 bambini.

Canpagna NO al Ponte Ben Gurion

Milano, 18/06/2023

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22 giugno: assemblea pubblica – La casa è un bisogno

Giovedi 22 giugno ore 20:30 Via Esterle 15 Milano

ASSEMBLEA PUBBLICA  ORGANIZZATA DA LA RETE PER IL DIRITTO ALL’ABITARE

LA CASA E’ UN BISOGNO – BASTA SPECULAZIONE

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10 giugno: PALESTINA …. il viaggio continua

Sabato 10 giugno dalle ore 18 Piazza Costantino 1 nello spazio esterno della sezione ANPI di Crescenzago

racconti, voci ed esperienze dai viaggi in Palestina ed interventi di alcune insegnanti protagoniste di un gemellaggio con una scuola Palestinese.

organizzano Campagna No al Ponte Ben Gurion, Anpi Crescenzago e Casa Crescenzago

 

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9 giugno: proiezione del film ” Una notte di 12 anni”

4 FILM PER PARLARE DI CARCERE, PRIGIONIA POLITICA E RESISTENZA

Venerdi 9 giugno dalle ore 21 proiezione di ” Una notte di 12 anni” un film di Alvaro Brechner (2018)

Uruguay 1973, la nazione è sotto il controllo di una dittatura militare. Una sera d’autunno nove prigionieri politici appartenenti al Movimento di Liberazione Nazionale (Tupamaros) vengono prelevati dalle loro celle nell’ambito di un’operazione militare segreta che durerà 12 anni e messi in isolamento in piccole celle in cui trascorreranno la maggior parte del tempo incappucciati, legati, in silenzio, privati di necessità fondamentali, denutriti. I loro corpi e le loro menti spinti oltre i limiti dell’immaginabile. Verranno assoggettati ad una forma di tortura mirata ad abbattere le loro capacità di resistenza psicologica dove l’ordine dell’esercito è chiaro: “Visto che non possiamo ammazzarli, li condurremo alla pazzia”.

Il film è basato sulle testimonianze delle esperienze vissute da tre Tupamaros, tra le figure più importanti dell’Uruguay contemporaneo: José “Pepe”  Mujica (ex presidente dell’Uruguay), Mauricio Rosencof (scrittore e poeta) e Eleuterio Huidobro (ex Ministro).

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4 film per parlare di carcere, prigionia politica e resistenza

Rassegna di 4 film per parlare di carcere, prigionia politica e repressione

venerdi 12 maggio: Hunger (2008) di Steve McQueen

venerdi 26 maggio: Fuga da Pretoria (2020) di Francis Annan

venerdi 9 giugno: Una notte di 12 anni (2018) di Alvaro Brechner

23 giugno: Silent Death (Sessiz Olum) 2001 di Huseyin Karabey

 

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20 aprile: presidio per il diritto alla casa

Il 20 Aprile dalle 17:00 alle 20:30 manifesteremo sotto il Comune di Milano per ribadire che non vogliamo vivere sotto un ponte.
Siamo i lavoratori immigrati delle occupazioni di Ci Siamo: gli abitanti degli ex bagni pubblici di Via Esterle 15, spazio per decenni abbandonato che il Comune un anno fa ha messo a bando per finalità religiose e che è assegnato alla Casa della cultura Musulmana di via Padova con una evidente contrapposizione fra il diritto all’abitare a quello al culto; gli abitanti di Via Fracastoro che in questo momento stanno ospitando le 40 persone tra single e famiglie sgomberate dall’ex stabilimento San Carlo di via Siusi 12, il 22 marzo scorso, dopo due anni e mezzo di vita in comune.
La situazione attuale mette a dura prova le vite di tutti noi: perdendo la casa rischiamo di perdere anche il lavoro, perdendo il lavoro rischiamo di non poter rinnovare i documenti e di trovarci irregolari in Italia.
Vogliamo dal Comune risposte concrete e durature per non distruggere questa comunità, dando un alloggio dignitoso a tutti. Vogliamo dal Comune anche la residenza lì dove abitiamo. Quella di Ci Siamo è una comunità che ha ricevuto forte solidarietà fin dall’inizio dagli abitanti dei quartieri in cui sono nate le occupazioni: hanno portato libri, indumenti e arredi, e hanno collaborato all’attività della scuola di italiano. Le occupazioni abitative sono un importante luogo di socializzazione ed autorganizzazione sulle tematiche lavorative, coloniali, abitative, dove c’è una costante ricerca di autonomia individuale e collettiva.
Siamo persone tra cui alcune famiglie con minori, provenienti dal Mali, Gambia, Marocco, Brasile, Benin, dalla Costa D’avorio, dalla Guinea Conakry, dal Togo e dal Perù. La maggior parte di noi ha i documenti, altri sono in attesa di riceverli, altri ancora aspettano la sanatoria dal 2020. Lavoriamo nel settore edile, delle pulizie e
della logistica, come badanti o rider.
Il problema abitativo a Milano è enorme: gli affitti sono troppo alti per lavoratori con contratti brevi e sottopagati. Per non parlare anche dell’aspetto razzista che vede spesso la resistenza dei proprietari di casa ad affittare agli immigrati.
In meno di 10 anni sono stati convalidati oltre 20.000 sfratti nella città di Milano, dato che non dà il quadro completo della povertà abitativa, perché non figurano tutte quelle persone che lasciano la casa prima che arrivi la forza pubblica. Inoltre, al tribunale di Milano ci sono 5.000 pignoramenti pendenti di persone che non sono più riuscite a pagare il mutuo. In questo contesto di 57.000 alloggi pubblici, 10.000 sono sfitti; nel 2016 sono stati stanziati 140 milioni di euro di soldi pubblici per ristrutturare 6.000 alloggi che non sono stati interamente assegnati. Ogni anno le assegnazioni non superano i 1.000 alloggi.
Lottiamo per:
– L’abolizione dell’articolo 5 del piano casa Renzi/Lupi del 2014 che impedisce di prendere la residenza e di fare gli allacci nelle abitazioni occupate o utilizzate senza un contratto;
– Permesso di soggiorno incondizionato per tutte/i non legato al contratto di lavoro né alla residenza, valido in tutta l’Unione Europea, e il mantenimento della protezione speciale;
– Azzeramento dei costi dei permessi di soggiorno;
– Cittadinanza per tutte/i le/i bambine/i nate/i in Italia;
– Abolizione di tutti i decreti sicurezza;
– Fine degli abusi e dei lunghi tempi di attesa nelle questure;
– Chiusura dei centri di detenzione (CPR) e la fine dei rimpatri
Consideriamo l’ iniziativa del 20 una tappa all’interno di un percorso che anche altre realtà stanno portando avanti in questa città e con le quali vorremmo approfondire e sviluppare un terreno comune di lotta capace di esprimere una forza sociale in grado di contrastare gli interessi padronali sempre più egemoni in ogni aspetto della vita.
Ci Siamo – Milano
cisiamoretemilano@gmail.com
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Bollettino sanità “TANTA SALUTE A TUTTI” NR.4

Proseguendo nel lavoro di controinformazione e intervento territoriale, la rete Tanta salute a tutti propone il quarto numero del bollettino, nato dal confronto e dall’esperienza delle realtà che la compongono. Lo scopo è offrire una lettura seppur parziale della distruzione del servizio sanitario nazionale mentre  in parallelo viene potenziato quello privato, promuovere iniziative e prospettive comuni per contribuire ad invertire il processo di dismissione della sanità pubblica.
All’interno del bollettino c’è il contributo di un esponente dell’Usi Sanità Milano, che spiega come l’Ospedale San Paolo sia diventato polo di riferimento per la medicina penitenziaria. Un contributo che ci permette di esprimere la nostra solidarietà ad Alfredo Cospito in lotta contro il 41 bis e l’ergastolo.
Trovate uno degli Sportelli Tanta Salute di Milano alla Panetteria Occupata il Martedì dalle ore 17 alle ore 19
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22 marzo: L’esperienza abitativa di Via Siusi non finisce con uno sgombero

Questa mattina alle ore 8,30 è  iniziato lo sgombero dell’ occupazione abitativa dell’ ex stabilimento San Carlo di via Siusi,  abbandonato da più di 20 anni.
Da ottobre 2020 in via Siusi abitavano circa 40 persone tra cui alcune famiglie con minori, provenienti dal Mali, Gambia, Marocco, Brasile. La maggior parte di loro ha i documenti, altri sono in attesa di riceverli, altri ancora aspettano la sanatoria dal 2020.  Lavorano  nel settore edile, delle pulizie e della logistica o come rider.
Nessuno di loro ha la possibilità di trovare nel mercato libero una casa in affitto sia per i costi esorbitanti sia  perché  il lavoro precario  che svolgono con contratti a breve termine  non rappresentano una garanzia per i proprietari di case.
Negli spazi di via Siusi inoltre, in questi anni, si sono svolte diverse attività  che hanno coinvolto il quartiere come la scuola di italiano, momenti ludici per bambini e incontri su lavoro precario, documenti, guerre politiche e  colonialismi.
Quella di via Siusi è  stata una comunità  che ha ricevuto forte solidarietà fin dall’ inizio dagli abitanti del quartiere che hanno contribuito, portando libri, indumenti e arredi, e  collaborando all’ attività della scuola di italiano.
Con lo sgombero di oggi, perdiamo un’ esperienza e  uno spazio importante per chi non ha casa a Milano. Tutto ciò accade in contemporanea con il “Forum dell’ abitare”  in cui l’ amministrazione comunale illustra le politiche abitative per il futuro di questa città. Un’  amministrazione che,  al contrario di quello che vuol far credere, non ha mai voluto ascoltare le voci di chi vive in prima persona il disagio abitativo.
Chiediamo a tutti solidarietà  per gli abitanti di via Siusi, sgomberati senza  che sia stata offerta una soluzione abitativa alternativa . Abitanti che rischiano con la perdita della casa,  di perdere lavoro e documenti e ritornare in una condizione di forte marginalità.
Vi aspettiamo  oggi 22 marzo, dalle  h.13 in via Carnia ang. Via Deruta al presidio di solidarietà a sostegno delle  sgomberate.
Rete solidale CiSiamo
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