Manifesto della “Rete Liberi/e di lottare – Fermiamo insieme il DDL 1660”

Da molti anni, con i più svariati pretesti, i governi di diverso colore hanno introdotto leggi per limitare l’agibilità di scioperare, lottare, manifestare.

Il governo Meloni è deciso a proseguire questa operazione facendo un salto sia qualitativo che quantitativo rispetto ai precedenti governi attraverso il disegno di legge 1660, che il 10 settembre passa alle Camere per la discussione e l’approvazione.

Con questa “legge-manganello” il governo vuole “regolare i conti” con tutte le realtà ed esperienze di lotta in corso e creare gli strumenti giuridici necessari per stroncare sul nascere i futuri, inevitabili conflitti sociali. La sempre più marcata tendenza alla guerra sul fronte esterno richiede sul fronte interno un contesto sociale pacificato, e a questo “lavorano” tutti gli apparati dello stato.

Il DDL 1660, introducendo nuovi reati e nuove aggravanti di pena, colpisce insieme le manifestazioni contro le guerre, a cominciare da quelle contro il genocidio di Gaza, e quelle contro la costruzione di nuovi insediamenti militari; i picchetti operai; le proteste contro le “grandi opere”, la catastrofe ecologica, la speculazione energetica; le forme di lotta di cui questi movimenti si dotano per aumentare la propria efficacia come i blocchi stradali e ferroviari; le occupazioni di case sfitte. E contiene norme durissime contro qualsiasi forma di protesta e di resistenza, anche passiva, nelle carceri e nei Centri di reclusione degli immigrati senza permesso di soggiorno, perfino contro le proteste di familiari e solidali a loro supporto.

Il DDL 1660 arriva a punire anche il “terrorismo della parola”, cioè la detenzione di scritti che inneggiano alla lotta – dal momento che, gratta gratta, dietro il ricorso alla categoria “terrorismo”, usato apposta per creare paura, non c’è altro che la lotta di classe e le lotte sociali ed ecologiste.

Il DDL 1660, mentre criminalizza ogni forma di dissenso, prevede la totale impunità per le forze dell’ordine, le quali saranno ulteriormente tutelate nei casi sempre più frequenti di “abuso in divisa” e potranno portare armi anche fuori servizio : massima restrizione della libertà di lottare per tutti/e da un lato, massimo ampliamento della potestà di reprimere, picchiare e punire per le “forze dell’ordine”, messe al riparo da ogni responsabilità per i loro comportamenti.

Questo disegno di legge è parte del più generale programma reazionario del governo Meloni (Dio, patria, famiglia) ed è funzionale all’economia di guerra, alla corsa al riarmo e verso una nuova guerra globale; è scritto sotto dettatura dei comandi militari italiani, europei, NATO, e in linea con il restringimento delle libertà politiche che prende corpo in tutti i paesi del vecchio continente: lo firmano insieme, non a caso, i tre ministri dell’interno, della “difesa” e della “giustizia” (Piantedosi, Crosetto, Nordio).

Una legge liberticida, schiavista, da stato di polizia, che va assolutamente fermata!

Vogliamo unire le nostre forze per respingere questo disegno politico, e affermare che ci riterremo liberi/e di continuare a lottare.

Questo DDL va fermato: ma non saranno certo le opposizioni parlamentari a fermarlo, quelle che negli anni passati hanno varato i decreti Minniti e i decreti Salvini; quelle che sostengono fanaticamente la guerra tra NATO e Russia in Ucraina; quelle che non hanno alzato un dito contro il genocidio in Palestina perché da sempre schierate a favore dell’oppressione coloniale e razzista del sionismo contro le masse palestinesi.

Solo il rilancio delle lotte proletarie, sociali, ecologiste, e contro le guerre in corso, solo un grande movimento unitario contro questo DDL nei luoghi di lavoro, di studio e nelle piazze, potrà impedire l’approvazione della legge e, se questa verrà approvata, contrastarne l’applicazione e fare da argine alla repressione padronale e di stato: è in questa ottica che le nostre assemblee hanno avviato un dialogo tra movimenti ed esperienze che negli anni passati si sono quasi sempre reciprocamente ignorate pur cadendo tutte, in una forma o nell’altra, sotto i colpi di magistratura, polizia e carabinieri.

Per questo, dopo le due assemblee del 21 luglio e del 4 agosto, e l’assemblea indetta dal SI Cobas il 28 luglio, abbiamo messo all’ordine del giorno la costituzione di un coordinamento permanente tra i movimenti, i collettivi, gli organismi, le organizzazioni sindacali, politiche, le singole e i singoli attivisti che condividono l’obiettivo di una mobilitazione unitaria contro il DDL 1660 e il disegno militarista e guerrafondaio che esso esprime, con l’invito a costituire dei nodi locali di questa Rete per promuovere iniziative diffuse di lotta e di sensibilizzazione.

Questo coordinamento prende il nome di Rete Liberi/e di lottare – Fermiamo insieme il DDL 1660 proprio perché in gioco c’è la possibilità stessa di mobilitarsi contro le guerre in corso, contro lo sfruttamento del lavoro, il saccheggio della natura, la speculazione edilizia ed energetica, il razzismo di stato che discrimina le popolazioni immigrate, gli attacchi ai diritti acquisiti delle donne, la possibilità di resistere e lottare per i reclusi nei CPR e nelle carceri, dove ogni giorno si muore di violenza, di torture e di disperazione.

La Rete è aperta ad accogliere chi ne condivida gli obbiettivi, con tre sole (ma imprescindibili) discriminanti: essere per il totale rigetto del DDL, che non è riformabile né emendabile; essere in modo inequivoco contro le guerre in corso e l’economia di guerra, da cui il DDL nasce; impegnare le proprie forze per lo sviluppo di una mobilitazione unitaria, in autunno e oltre l’autunno, con il ricorso a tutti i mezzi di lotta necessari, inclusi quelli che il DDL vuole a tutti i costi interdire.

La vera sfida che ci attende è quella di raggiungere con la nostra propaganda e agitazione un’area della società molto più ampia di quella abitualmente coinvolta nelle proteste e nelle lotte, composta di lavoratori/lavoratrici, disoccupati/e, studenti/studentesse e persone comuni che forse intuiscono i pericoli da noi denunciati, ma ancora non si sono mossi.

Il percorso di lotta che la situazione interna ed internazionale ci prospetta come necessario non sarà breve, ma per ora cominciamo a fissarne i primi passi:

1) Domenica 8 settembre a Roma un seminario in modalità mista, in presenza e on line, nel quale l’ex-magistrato Livio Pepino, gli avvocati Marina Prosperi ed Eugenio Losco, e l’Osservatorio repressione, dopo un inquadramento di tutta la serie dei “decreti sicurezza” e della logica che li collega, sezioneranno il DDL 1660 per consentire al più largo numero possibile di attivisti/e di impadronirsi di tutti gli aspetti essenziali di esso.

2) Costruzione nel maggior numero di città possibile di coordinamenti cittadini per organizzare iniziative territoriali, “di settore”, tematiche, con l’accortezza di evitare il più possibile sovrapposizioni tra le scadenze e le mobilitazioni contro il DDL 1660, tra le quali ad oggi indichiamo:

-la manifestazione contro guerra, NATO, invio di armi e spese militari, convocata per il 21 settembre a Firenze dal Comitato NO comando NATO né a Firenze né altrove;

-l’assemblea convocata dal SI Cobas a Bologna il 29 settembre per organizzare, con il sindacalismo di base, uno sciopero nazionale contro il DDL – a cui si sono già dichiarati disponibili l’SGB e settori della CUB;

3) Manifestazione nazionale a Roma contro il governo Meloni prima dell’approvazione finale del DDL, nella quale far confluire tutte le iniziative territoriali, “di settore”, tematiche.

4) Fare appello a tutto il sindacalismo di base e combattivo perché si indica in tempi brevi (prima della manifestazione nazionale e in collegamento con essa) uno sciopero generale unitario contro il DDL, con un confronto, a settembre, tra tutte le realtà interessate.

 

Le adesioni prime adesioni (in ordine alfabetico)

Assemblea in solidarietà con la resistenza palestinese, Trento – Associazione Libertade, Sardegnaprime  – Blocchi precari metropolitani, Roma – Brescia anticapitalista – Cagliari Social Forum – Casa del popolo, Teramo – 22 comitati sardi contro la speculazione energetica – Comitato 23 settembre – Comitato No TAV di Trento – Comitato permanente contro le guerre e il razzismo, Marghera – Coordinamento dei Comitati di lotta di Roma e Viterbo – CPA Firenze – CUB Pisa – CUB Rail – “Dobbiamo vivere” / Lavoratori disoccupati e precari, Torino – GPI / Giovani Palestinesi d’Italia – International Migration Alliance / sez. Italia – Laboratorio politico Iskra – Liberare tutt*, coordinamento contro la repressione e il carcere – Madri contro la repressione – Movimento di lotta per il lavoro 7 novembre, Napoli – Movimento NO TAV – Osservatorio Repressione – Panetteria occupata, Milano – SI Cobas – SBM / sindacato di base multicategoriale, Trento – Verona per la Palestina – Tendenza internazionalista rivoluzionaria – UDAP / Unione Democratica Arabo-Palestinese – Ultima generazione – USB sociale Sardegna

per adesione inviate alla seguente email: fermiamoidecretisicurezza@gmail.com:

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3 agosto: Voci dalla Palestina – video chiamate in diretta dalla Palestina

VOCI DALLA PALESTINA
SABATO 3 AGOSTO ORE 20:00
VIDEO CHIAMATE IN DIRETTA DALLA PALESTINA
anche dopo tonnellate di bombe sganciate dall’inizio del genocidio, la voce di Gaza non può e non sarà mai spenta: nè sotto le macerie delle case distrutte nè sotto i terribili crimini del regime sionista.
Per questo motivo abbiamo organizzato un evento sabato 3 agosto dalle ore 20 alla Panetteria Occupata e in diretta su istagram per incontrare e ascoltare direttamente da Gaza le storie eroiche di coloro che vivono e lottano ogni giorno per la sopravvivenza.
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11 luglio: presidio per la liberazione di Anan, Ali e Mansour

Per la  liberazione di Anan, Ali e Mansour, tre Palestinesi arrestati dall’Italia con l’accusa di sostegno alla Resistenza Palestinese

In solidarietà alla Resistenza Palestinese, contro il genocidio, per la liberazione dall’occupazione e dal colonialismo sionista

GIOVEDI 11 LUGLIO PRESIDIO ALLA PREFETTURA DALLE ORE 19 CORSO MONFORTE 31 MILANO

LA RESISTENZA NON SI ARRESTA!

Scendiamo in piazza, portiamo la nostra solidarietà ad Anan, Ali e Mansour, mobilitiamoci per la loro liberazione. Lo stato italiano si fà complice dell’entità sionista israeliana arrestando e criminalizzando chi sostiene la lotta del popolo palestinese. Incarcerando, denunciando, reprimendo la solidarietà alla Resistenza si vuole impedire che questo movimento si estenda, si rafforzi. Un operazione preventiva di ciminalizzazione della solidarietà a cui dobbiamo rispondere con fermezza e determinazione. Dobbiamo fare in modo che Anan, Ali e Mansour escano dalle carceri italiane (attualmente sono detenuti nel circuito carcerario di Alta Sicurezza dove hanno incontrato altri compagni italiani alcuni detenuti da oltre 40 anni), che non vengano estradati nelle carceri sioniste dove sistematica è la tortura nei confronti di tutti i prigionieri palestinesi. Nelle carceri sioniste sono detenuti più di 10 mila palestinesi, donne uomini e bambini, molti in detenzione amministrativa, in condizioni disumane. Nonostante questo i prigionieri palestinesi sono un esempio di lotta e di resistenza; un esempio per continuare nella lotta per la liberazione della Palestina tutta, per la fine del colonialismo, per la Rivoluzione fino alla vittoria! Raccogliamo questo spirito rivoluzionario continuando anche nelle nostre città la mobilitazione: contro le guerre dei padroni, contro le politiche repressive dell’Unione Europea e dell’Italia. In solidarietà con tutti i rivoluzionari prigionieri rilanciamo la lotta per la loro liberazione, rafforziamo la Resistenza!

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30 giugno: Assemblea pubblica contro 41bis ed ergastolo

DOMENICA 30 GIUGNO DALLE ORE 17 AL CSOA COX 18 Via CONCHETTA 18 MILANO – L’ASSEMBLEA MILANESE CONTRO 41BIS ED ERGASTOLO

PROMUOVE UN ASSEMBLEA PUBBLICA

per continuare la lotta contro la repressione, il carcere e il 41bis, a partire dal processo per il corteo dell’11 febbraio 2023 in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito, che inizierà il 3 luglio.

Si discuterà di:

– la tortura del 41 bis e l’ergastolo

– i fatti avvenuti al carcere minorile Beccaria

– i prigionieri Palestinesi

– l’appello “Vogliamo rompere un tabù”

Il 3 luglio 2024 ci sarà l’udienza di rinvio a giudizio per 13 compagni e compagne imputati
a vario titolo di resistenza aggravata, travisamento e danneggiamento relativi al corteo
dell’11 febbraio 2023.
Quel corteo era stato chiamato in solidarietà ad Alfredo Cospito che stava rischiando la
vita per lo sciopero della fame iniziato il 20 ottobre contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo. È
stato un corteo molto partecipato come le tante iniziative che lo avevano preceduto.
La coraggiosa scelta di Alfredo insieme a quello che si era riusciti a ricavare dalle sue
parole gravemente silenziate dal regime di isolamento e di tortura del 41bis, avevano
spinto a partecipare anche chi era lontano dalle sue posizioni anarchiche.
Il fatto di non farne una battaglia personale ma anzi di estenderla a tutti i reclusi e le
recluse soggetti al regime del 41bis ha fatto sì che la voglia di sostenerlo si allargasse, e
tanto. Volantinaggi, presidi e cortei si sono succeduti sempre molto partecipati.
Il 19 aprile 2023 Alfredo Cospito ha fatto una scelta di vita, interrompendo lo sciopero della fame dopo che la Corte Costituzionale aveva emesso una dichiarazione di
incostituzionalità sui criteri del computo delle attenuanti per tutti i reati la cui pena
contempli il solo ergastolo. Dichiarazione a seguito della quale Alfredo ha ottenuto una
ridefinizione della pena dall’ergastolo a 23 anni.
Alfredo ha interrotto lo sciopero della fame e in poco tempo è tornato il silenzio.
Il 41 bis è stato, in quei mesi di mobilitazioni, messo in discussione come mai era
accaduto, ma oggi esiste ancora come prima e Alfredo, insieme a più di 700 altri detenuti
e detenute, vi è ancora rinchiuso.
Ora, vogliamo rompere questo nuovo silenzio caduto sul 41 bis, sull’ergastolo -ostativo e
non-, sulle gravissime condizioni nelle carceri per l’assenza di cure, per il cibo scadente,
per la mancanza d’acqua calda d’inverno e fredda in estate, per il sovraffollamento, per
l’assenza di quanto necessario alla sopravvivenza dignitosa. Le più recenti disposizioni
vietano pure, in alcune carceri, come quello di Opera, l’invio di pacchi e denaro ai detenuti,
se non si è autorizzati ai colloqui. Quindi, chi non ha nessuno in grado di assisterlo,
resterà ancora più privato di tutto. Senza dimenticare i continui abusi, pestaggi e brutalità
da parte degli agenti di custodia, servili secondini guardiani del potere. Quanto accaduto al
carcere minorile del Beccaria insegna.
Il carcere è la punta dell’iceberg della repressione sociale e politica che diventa sempre
più acuta man mano che le nuvole della guerra si addensano sulle nostre teste.
Polizia e magistratura sono strumenti istituiti allo scopo di contenere le contraddizioni
sociali e di attaccare i movimenti di resistenza economica e sociale contro gli effetti della
crisi, contro la devastazione ambientale, contro le politiche migratorie e le guerre del
capitale.
Nessuno deve essere lasciato solo. Dobbiamo tornare ad essere vicini, solidali e
compartecipi con Alfredo, con tutte le detenute e i detenuti al 41Bis e all’ ergastolo, con
Anan, Ali e Mansour, compagni palestinesi in carcere in Italia, con i migranti reclusi nei
CPR, con le prigioniere e i prigionieri politici rinchiusi da più di 40 anni, con i proletari
incarcerati perché esuberi di un sistema che non riesce più nemmeno a sfruttarli. E così non devono essere lasciati soli i proletari russi, ucraini, palestinesi e tutti gli altri prigionieri delle guerre del capitale.
Il processo che inizierà il 3 luglio sarà l’ occasione per ritrovare la forza di portare di nuovo
in strada il nostro grido contro il carcere e contro il 41 bis. In solidarietà a chi è inquisito
per ciò che insieme abbiamo portato avanti in quei mesi.
Chiamiamo un’assemblea pubblica per il 30 giugno al C.S.O.A Cox18 in via Conchetta, 18
dalle ore 17 per riaprire un confronto di idee e pratiche da riportare nelle strade, sempre
più urgenti in questa fase di guerre e di massacri. La Palestina è sotto un furente attacco,
un genocidio in corso d’opera. Le forze di occupazione israeliane, sostenute e alimentate
dalle potenze occidentali, stanno tentando di realizzare l’infame obiettivo di eliminare da
quella terra i suoi abitanti, i palestinesi. Nelle carceri sioniste le torture, le privazioni, le
uccisioni sono da sempre una costante, che dal 7 ottobre ha visto un atroce crescendo.
Non dimentichiamo che “Israele” è anche un laboratorio delle potenze occidentali su tanti
e diversi fronti, quello della repressione in testa.
Occorre prestare attenzione perché ciò che si sperimenta là prima o dopo arriva anche
alle nostre latitudini.

giugno 2024
Assemblea milanese contro 41 bis ed ergastolo

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30 giugno: Lodi corteo per la Palestina

CORTEO PER LA PALESTINA – LODI 30 GIUGNO ORE 10

PARTENZA PIAZZALE STAZIONE

Dal Coordinamento Lodi per la Palestina: Dopo la manifestazione del 28 gennaio, stiamo organizzando un secondo corteo per la mattina di domenica 30 giugno. Di seguito il
testo che racchiude le nostre ragioni.

In questi otto mesi di bombardamenti ininterrotti, 36.479 sono i Palestinesi assassinati dalle bombe e dalla fame, data l’impossibilità per loro di ricevere aiuti umanitari per via del blocco intorno a Gaza, ma anche per l’assedio dei camion con i viveri da parte di bande di sionisti. Un numero di morti impressionante che aumenta di giorno in giorno e al quale vanno aggiunti, come in un macabro conteggio, le migliaia di corpi ancora sepolti sotto le macerie e quelli delle fosse comuni non ancora ritrovate. I feriti sono 82.775 e gli assalti dei coloni armati in Cisgiordania hanno già causato 520 morti dall’inizio dell’anno.
Non è solo una questione di “numeri”: non sembrano esserci limiti allo spregio di qualsiasi
regola stabilita dal diritto internazionale. Anche su Rafah, definita zona sicura, è stata avviata un’offensiva brutale appoggiata dagli USA, nonostante la disapprovazione di gran parte della comunità internazionale. La popolazione sopravvissuta è stata costretta a evacuare per la propria “sicurezza”, salvo poi essere comunque colpita a fuoco dalle forze occupanti durante gli spostamenti. Il 10 maggio, dopo giorni di pressioni, coloni appiccano fuoco alla sede dell’UNRWA di Gerusalemme sotto l’occhio inerte dei soldati. A fine maggio la Corte Internazionale di Giustizia ordina a Israele di fermare l’operazione su Rafah, e poco dopo Israele risponde con bombardamenti sulle tende di nylon, causando incendi che hanno carbonizzato gli sfollati che lì vivevano. Una delle peggiori immagini di questo genocidio è pervenuta al mondo: un piccolo corpo a malapena riconoscibile, carbonizzato, senza testa. E le principali testate italiane ne hanno dato notizia includendo e amplificando le parole dei leader israeliani: “tragico incidente”, “errore”.
Durante l’assemblea generale dell’ONU per valutare la promozione della Palestina a stato
membro, il rappresentante israeliano osa rimproverare i favorevoli all’ammissione e riduce con un tritacarte la Carta delle Nazioni Unite sostenendo di rappresentare così la “vergognosa” decisione di ammettere la Palestina, composta da soli “terroristi”.
Quello che i sionisti stanno compiendo a Gaza, dopo aver raso al suolo case, scuole, ospedali, università, siti archeologici, chiese, moschee e sparato agli animali che avevano la sola colpa di muoversi sul terreno, è un genocidio sistematico, organizzato e con tanti complici, a partire dagli USA, agli Stati dell’Unione Europea con l’Italia che oltre a sostenere Israele continua ad astenersi nelle varie votazioni all’ONU. Colpendo in modo scientifico anche medici, operatori sanitari, ambulanze e giornalisti, si tende ad eliminare ogni tipo di possibile testimonianza di questo orrore, con una disumanità che non ha precedenti. Viviamo una realtà rovesciata: i genocidi si permettono di dare lezioni di moralità, la maggior parte degli europei scesi alle urne ha scelto più militarizzazione, depredazione e orrori.
Eppure l’intifada studentesca che da aprile ha preso corpo nelle Università di tutto il mondo per chiedere il blocco degli accordi con le Università israeliane e le aziende dell’industria militare coinvolte nel genocidio, ha dato nuova forza a chi si batte per la Palestina, dimostrando con le proprie vittorie che attivarsi seguendo la propria coscienza vale lo sforzo.

Pensiamo quindi che in una città come Lodi dove le voci solidali sono tante ed eterogenee sia arrivato il momento di fare un secondo corteo a sostegno della lotta del popolo palestinese che, nonostante le condizioni disumane in cui sopravvive, continua a resistere.
Non chiediamo una “pace generica”, chiediamo un cessate il fuoco immediato, la fine del
genocidio, il ritiro delle truppe d’occupazione per una Palestina libera (“dal fiume al mare”) con il diritto al ritorno per tutti i profughi e che non vengano fornite ulteriori armi ad Israele, ancor più considerando che l’Italia ne è il terzo principale fornitore e che il materiale militare è prodotto nelle nostre democratiche fabbriche di morte che si trovano anche nei territori limitrofi a Milano e nella città stessa.

 

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28 giugno: presentazione “Avanguardia”

È uscito il nuovo numero di Avanguardia!

Il Fronte della Gioventù Comunista lo presenta venerdì 28 giugno alla Panetteria Occupata dalle ore 19

Per avere una copia vieni venerdì alla presentazione

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25 giugno: Genova – FERMIAMO LA LOGISTICA DI GUERRA BLOCCHIAMO IL PORTO

25 GIUGNO TUTTI A GENOVA
FERMIAMO LA LOGISTICA DI GUERRA
BLOCCHIAMO IL PORTO
DALLE ORE 6 PIAZZALE SAN BENIGNO
SOLIDARIETA’ ALLA RESISTENZA PALESTINESE

Sosteniamo la giornata di lotta del 25 giugno partecipando a Genova al blocco del porto. Domenica 16 giugno all’Acampada studentesca di fronte al Politecnico di Milano abbiamo raccolto l’invito e le indicazioni del CALP, collettivo autonomo lavoratori portuali di Genova, e dell’Assemblea genovese di costruzione della giornata contro la logistica di guerra del 25 giugno per proseguire la mobilitazione contro il genocidio in Palestina e le guerre in corso. Continuiamo le mobilitazioni di solidarietà al popolo Palestinese e contro chi finanzia e sostiene Israele. Continuiamo le presenze davanti ai Carrefour, le manifestazioni del sabato, la mobilitazione contro le fabbriche di armi come la Cabi Cattaneo e le multinazionali della logistica come Maersk. Continuimao i presidi davanti al consolato americano ed sviluppiamo ulteriori iniziative di lotta che investano tutta la città individuando chi si fà complice del genocidio del popolo Palestinese, chi sostiene le guerre delle multinazionali e dei paesi imperialisti. La giornata di lotta a Genova del 25 giugno si inserisce appieno in questa ampia mobilitazione contro la guerra ed in solidarietà alla Resistenza Palestinese. “Milano per la Palestina” invita tutt* a partecipare alla giornata di lotta al porto di Genova: “Pensiamo che essere presenti al blocco di un porto dove transitano o si caricano armi da guerra sia importante sia per ostacolare la logistica di guerra e l’invio degli armamenti, ma ancor di più per manifestare la nostra solidarietà, non simbolica, alla resistenza palestinese tutta e al popolo palestinese e a opporci al sistema capitalistico e coloniale, che utilizza le guerre e i genocidi per rendere possibile la propria esistenza ed egemonia in alcune aree del mondo strategiche e ricche di materie prime.
Pensiamo che le pratiche di resistenza partano anche da piccole/grandi lotte replicabili e che rendano visibile e attuabile la Possibilità di potersi organizzare contro un sistema umanamente mortifero e persuasivo come quello capitalistico, sopravvivendo e creando comunità in lotta, con una prospettiva di trasformazione radicale.
Questo ha fatto si che si in tutto il mondo si siano propagate e diffuse lotte internazionaliste, con parole d’ordine comuni, con al centro delle contestazioni e degli attacchi le stesse strutture e istituzioni complici della guerra al popolo palestinese e a chi prova a muoversi e resistere loro: dalle università e i rettorati, alle stazioni ferroviarie, ai porti, alle ambasciate e consolati Usa, alle industrie e fabbriche di morte, alle multinazionali come Carrefour.
In particolar modo le studentesse e gli studenti universitari hanno messo in discussione, in maniera netta e decisa, non solo la ricerca tecnologica legata ai progetti militari, finanziati anche da aziende come Leonardo, protagonista dei principali programmi strategici a livello globale e partner tecnologico di Governi, Amministrazioni della Difesa, Istituzioni e imprese, che si stanno arricchendo sulla morte e il genocidio, ma anche il progetto formativo di costruzione di una futura classe dirigente e di una società educata alla guerra e al consenso delle logiche militariste e guerrafondaie, intrise di radici razziste, sessiste e autoritarie.
Un progetto che fa rabbrividire e si inserisce molto bene nel quadro repressivo statale, anzi ne fa da cornice teorica e giuridica, contro quella POSSIBILITÀ e replicabilità delle pratiche di resistenza.
Ricordiamo per questo i compagni Anan Yaeesh, Ali Saji Rabhi Irar e Mansour Doghmosh palestinesi imprigionati a Terni, Ferrara e Rossano Calabro.”
25 GIUGNO TUTTI A GENOVA
FERMIAMO LA LOGISTICA DI GUERRA
BLOCCHIAMO IL PORTO

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14 giugno: presentazione “la scuola va alla guerra”

VENERDI 14 GIUGNO DALLE ORE 21

Presentiamo il libro con Antonio Mazzeo “La scuola va alla guerra” 2024 Manifestolibri

Partendo dall’inchiesta sulla militarizzazione dell’istruzione in Italia dalle Scuole ai territori, discutiamo e confrontiamoci sul ruolo dell’Italia nelle guerre in corso e sulle mobilitazioni di opposizione e resistenza alla guerra, partendo dall’esperienza dell’Intifada Studentesca

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9 giugno: Prima assemblea cittadina “La casa è un bisogno”

Domenica 9 giugno 2024
Centro Internazionale di Quartiere
Via Fabio Massimo, 19 – Milano
Prima assemblea cittadina
10:30-13:00 Sfratti: Chi sono le famiglie e le persone sotto sfratto; per quali ragioni sono state sfrattate; qual è l’iter che viene seguito dal Tribunale; quando e come interviene la forza pubblica; quali sono le offerte dell’Amministrazione comunale; come il sindacato sostiene le famiglie sotto sfratto; quali iniziative di lotta e/o azioni possono essere messe in campo per fermare gli sfratti senza una soluzione abitativa alternativa; quali sono i risultati che si riescono a raggiungere con le vertenze sindacali.
Interventi: Asia, Sicet, Unione Inquilini Milano, Unione
Inquilini Sesto.
13:00-14:30 Pranzo condiviso
14:30-17:00 Sgomberi e criminalizzazione: Breve cronistoria, dall’occupazione allo sgombero; le procedura di sgombero: come (e se) si è venuti a conoscenza dell’ordinanza
di sgombero; conseguenze e riflessioni a seguito dello sgombero: qual è stata la risposta della città, del quartiere e delle realtà di lotta attive sul territorio; cosa ha comportato
perdere un luogo fisico; quali risposte sono state pensate e messe in atto dopo lo sgombero; legittimità e azione: lotte e pratiche per il diritto all’abitare.
Interventi: Aldo Dice 26×1, Ci Siamo, Collettivo 20092
Cinisello, Comitato di Lotta Casa e Territorio, Lume.


Assemblee cittadine

LA CASA È
UN BISOGNO.

La lotta per la casa si intreccia inevitabilmente con
le condizioni del lavoro salariato e dello sfruttamento,
della precarietà e ricattabilità nei posti di lavoro,
e deve diventare terreno comune di crescita,
consapevolezza e organizzazione per l’affermazione
dei propri interessi di classe.
Con la coscienza di questa necessità, è maturata l’idea
di favorire e sviluppare un percorso assembleare
cittadino attraverso il quale ci si propone di condividere
esperienze e saperi, individuare obiettivi e strategie
comuni necessari a rafforzare e unificare le lotte.
Il percorso sarà strutturato in più incontri, ognuno dei
quali incentrato su temi specifici e organizzato in luoghi
significativi della città metropolitana di Milano. Ogni
incontro sarà formato da un momento assembleare al
mattino, un pranzo condiviso e un secondo momento
di discussione e confronto al pomeriggio.

reteperildirittoallabitare@gmail.com
Rete per il diritto all’abitare

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2 giugno: FESTA DELLA CONTROREPUBBLICA CORTEO A MILANO

2 GIUGNO – FESTA DELLA CONTROREPUBBLICA
CORTEO A MILANO
ore 15:00 in Piazzale ACCURSIO con termine in via Gallarate
alla CABI CATTANEO che produce e invia armi a Tel Aviv
Partenza: Piazza Accursio
Arrivo: Cabi Cattaneo

a fianco del popolo Palestinese solidali con la sua Resistenza.
33° manifestazione in piazza per la Palestina

BLOCCHIAMO C.A.B.I. CATTANEO, FINCANTIERI E LEONARDO

2 giugno 2024: la repubblica italiana compie 78 anni. Le rituali parate militari con cui viene festeggiata ci dovrebbero ricordare il suo ruolo di cane da guardia dell’imperialismo USA, servendo da portaerei della NATO nel centro del Mediterraneo. Senza dimenticare le politiche neocoloniali svolte in proprio, come in Libia.
Pochi invece conoscono il ruolo giocato dalla neonata repubblica nella nascita dello stato d’Israele, nel 1948, attraverso la collaborazione segreta di pezzi dell’esercito e della marina con le bande terroristiche sioniste che stavano compiendo la pulizia etnica del popolo palestinese, ovvero la Nakba (catastrofe).
In queste azioni ebbe un ruolo anche una fabbrica di morte, che si trova a Milano, a due passi da un centro commerciale, tra i complessi residenziali del Gallaratese.
La C.A.B.I. Cattaneo è un’azienda nazionale leader in progettazione, sviluppo e fornitura di mezzi subacquei per le forze speciali della marina militare, che tuttora coltiva lo storico rapporto con la marina israeliana.
In tempi recentissimi, da agosto 2023, CABI ha stretto un’alleanza con Fincantieri e il 12
dicembre 2023 ha presentato con Leonardo al Polo nazionale della Dimensione Subacquea della Spezia un mezzo declassificato per l’utilizzo di mini-siluri nei raid da parte della marina militare statunitense e di quella israeliana.
Ricordiamo che il 21 febbraio 2024 la modifica della legge 185/90 è passata al senato e il progetto di legge è stato presentato alla Camera. Se fosse approvato, sarebbe più difficile riuscire a ottenere informazioni sul traffico di armi. Grazie alla legge, sappiamo invece che dopo il 7 ottobre, con l’intensificazione del genocidio, il flusso di armi dall’Italia verso Israele è notevolmente aumentato nonostante le false promesse di Tajani e Meloni, e per questo riteniamo CABI, Fincantieri e Leonardo e le istituzioni direttamente coinvolte nel massacro dei palestinesi.
Gli accordi commerciali e di ricerca, insieme alla presenza delle navi della marina militare
italiana nel mar Rosso manifestano chiaramente la volontà del governo di continuare a essere complice del genocidio del popolo palestinese e del massacro di altri popoli per lo sfruttamento delle risorse e l’egemonia politico-militare nella logica imperialista, coloniale e capitalista dell’occidente, con Stati uniti ed Europa in prima fila.
La lotta contro l’occupazione e l’apartheid in Palestina è lotta per la liberazione dal
colonialismo, massima espressione del capitalismo, in cui la classe lavoratrice salariata è
sottoposta a condizioni di vita sempre più degradanti; è per la liberazione, lì come da noi, dallo sfruttamento e dall’oppressione sistemica su terra, corpi e spazi.

Non c’è libertà senza una Palestina libera

SCENDI IN STRADA CON NOI PER BLOCCARE LA C.A.B.I. CATTANEO

NOI NON SAREMO COMPLICI

Milano per la Palestina

 

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