1 dicembre: PRESIDIO DAVANTI AL TRIBUNALE DI MILANO

Contro il 41bis e l’ergastolo ostativo
In solidarietà con lo sciopero della fame di Alfredo Cospito
In solidarietà alle lotte dei detenuti

L’ 1 dicembre il tribunale di sorveglianza di Roma (l’unico designato a decidere in merito alla declassificazione e ai benefici per chi sottoposto al regime di tortura del 41 bis) si pronuncerà sul reclamo fatto dagli avvocati di Alfredo Cospito.

DALLE ORE 10 PRESIDIO DAVANTI AL TRIBUNALE DI MILANO

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41 bis: quando lo stato d’eccezione diventa norma

Riportiamo l’intervento introduttivo all’incontro tenutosi domenica 27 novembre al Cox18

41 bis: quando lo stato d’eccezione diventa norma
Solidali con Alfredo, Juan, Ivan e Anna in sciopero della fame!

incontro promosso da: Panetteria Occupata, Archivio Primo Moroni, OLGa

Sono intervenuti: Flavio Rossi Albertini, Margherita Pelazza, Giuseppe Pelazza,
Frank Cimini, USI Sanità, Napoli Monitor, Si Cobas, Comitato di lotta Giambellino

sul sito di Cox18 trovate audio dell’intera iniziativa:

https://cox18stream.noblogs.org/post/2022/11/27/41-bis-quando-lo-stato-deccezione-diventa-norma/

Introduzione all’incontro del 27/11/2022 in Cox18

Così come abbiamo scritto nell’indizione di questo incontro, lo sciopero della fame ad oltranza di Alfredo Cospito, ormai al 39esimo giorno, e degli altri compagni che in solidarietà lo accompagnano, ha portato all’attenzione, anche di diversi  mass media, la questione dell’ art. 41 bis ovvero, del  regime di detenzione più drastico e punitivo applicato nel circuito carcerario, che si regge sull’assoluto isolamento fisico, sociale-mentale, attraverso la deprivazione sensoriale.

Un regime di tortura democratico, la cui finalità è quella  di cancellare l’identità del prigioniero per indurlo, con la coercizione dell’isolamento assoluto,  a collaborare.

L’Istituzione del regime detentivo previsto dall’art. 41 bis ha una genesi che parte da metà anni ‘70 con la riforma penitenziaria e che nel ’77 vede la costituzione delle carceri speciali, le “supercarceri”, gestite direttamente dai carabinieri alla direzione, allora, del generale Dalla Chiesa, a cui anni dopo, si aggiunge la formazione dei famigerati “braccetti della morte”, ovvero sezioni di massimo isolamento, e nell’82 si applica l’art. 90 della riforma carceraria che prevede, per supposte ragioni di ordine e sicurezza,  la sospensione di tutti i diritti garantiti dalla stessa legge.

Un inciso: Chi c’era senz’altro si ricorda della manifestazione a Voghera contro l’art. 90 e per la chiusura dei braccetti della morte, a cui lo Stato reagì mettendo in campo uno schieramento mai visto e una violenza inaudita.

Il 41 bis è la prosecuzione di questo dispositivo, infatti ne riprende anche la formulazione.

Cos’hanno in comune tutte queste disposizioni: carceri speciali, braccetti della morte, art. 90, art. 41 bis?

Nascono tutte come risposta eccezionale, “per casi eccezionali, limitati nel tempo” a una situazione definita “emergenziale” a cui lo Stato, soprattutto in una fase di crisi profonda deve far fronte per poter attuare i piani di ristrutturazione necessari al capitale per la propria sopravvivenza.

La risposta, può avere un duplice carattere: diretto o più propriamente preventivo a seconda dei periodi storici e dei rapporti di forza esistenti. Negli anni ’70, alle continue rivolte di massa, evasioni o tentativi di evasione dalle carceri organizzate e frutto dell’unione nella lotta fra detenuti comuni e prigionieri politici appartenenti soprattutto alle formazioni combattenti; a quello definito dallo Stato “terrorismo” rappresentato dalle formazioni armate in Italia all’indomani della strage di Capaci del 1992, alle politiche di contrasto alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, dopo l’attentato alle torri gemelli, negli USA del 2001, alla lotta al terrorismo internazionale, con la caccia all’islamico.

In questi decenni abbiamo visto l’approfondirsi e il consolidarsi dei dispositivi di segregazione carceraria attraverso sempre nuove emergenze a cui facevano capo i rispettivi pacchetti sicurezza le cui ricadute normative erano molto più ampie dell’emergenza del provvedimento stesso. (cioè dell’ oggetto del provvedimento).

Così, l’ emergenza si allarga e si estende e diventa cardine della governance di ogni governo. Si mettono in atto operazioni come “strade sicure”, militarizzando i territori attraverso l’utilizzo di sistemi di sorveglianza e la presenza dell’esercito nelle strade; si  gestisce l’ immigrazione attraverso l’istituzione della detenzione amministrativa e di veri e propri campi di internamento, al confine anche della legalità borghese, o come nel caso recentissimo della gestione pandemica emerge la natura autoritaria e disciplinatoria a cui sono state sacrificate reali necessità sanitarie.

Un aspetto che diviene sempre più evidente, è che la natura “limitata e circoscritta dell’emergenzialità” non ha invece scadenza diventando inesorabilmente norma con cui regolare le contraddizioni sociali.

  • Un meccanismo su cui si basa l’emergenza è la presentazione attraverso i mass media di un consenso generalizzato ad un allarme sociale che orienta l’opinione pubblica e ne diventa di fatto espressione.

Cambiano, di volta in volta, i paradigmi, se ne costruiscono di nuovi per motivare e fare accettare un approfondimento dei dispositivi  repressivi e di controllo tecnologico che istituzionalizzano la “normalità dell’emergenza” e lo stato di eccezione che diventa sinonimo di stato di polizia. Ciò avviene ormai in tutti i campi sociali: lavorativo, abitativo, sanitario, giovanile.

  • Tutto ciò è da considerare come parte integrante di un processo complessivo di ristrutturazione del capitale a livello globale dove prevale la tendenza ad un significativo salto tecnologico e militare che necessita, per concretizzarsi, di una popolazione addomesticata e passiva. Uno scenario di guerra, manifesta e latente, esterna ed interna, in cui è bandita ogni forma di critica.

Un contesto in cui l’accettazione anche parziale della narrazione dello Stato porta inesorabilmente alla desolidarizzazione, alla divisione del movimento di classe e al sostanziale reclutamento tra sue fila. si pensi  a quanto stia succedendo per la guerra tra Ucraina e Russia o quanto successo durante il periodo covid. Si impone un atto di adesione alle ragioni dello Stato, pena il trovarsi tra le fila dei “cattivi”, trattati come nemici dell’ordine pubblico e dello sviluppo e giudicati non in base a ciò che si fa ma per ciò che si è.

Significative in tal senso sono la condanna di primo grado per “associazione a delinquere” ai compagni del comitato di lotta per la casa del Giambellino; le medesime imputazioni toccate ai sindacati di base Si.Cobas e USB per le lotte nel settore della logistica; le denunce per associazione a delinquere ai disoccupati di Napoli e non ultimo il decreto anti-rave il cui scopo presumibilmente sarà in funzione anti-picchetto, presidio, nelle lotte più combattive.

Va detto inoltre che l’emergenza, caratterizzata dal tema della sicurezza e la rappresentazione del consenso costituiscono un volano per accelerare i processi, già in atto da tempo, di centralizzazione delle funzioni di comando che consente all’esecutivo di avocare a sé poteri decisionali straordinari in tutti i campi sociali.

Ci sarebbe molto da dire ma, in sintesi, appare evidente come questo faccia saltare le regole, seppur formali, di confronto e dialettica proprie di uno Stato che si vuole democratico. Nel caso del regime detentivo del 41 bis, per esempio, dal 2009 è il solo Tribunale di sorveglianza di Roma che decide in merito alla disapplicazione di tale regime e alla concessione di liberazione condizionale, misure alternative e di qualsiasi altro beneficio penitenziario. Nel caso della pandemia, ad esempio, vennero dati poteri straordinari di direzione al generale Figliuolo.

  • La battaglia di Alfredo e il senso di questa iniziativa:

La battaglia di Alfredo, di Anna, Juan, Ivan, è una lotta contro un regime carcerario inaccettabile, che deve essere abolito, senza distinguo, per tutti.  (regime a cui sono sottoposti detenuti con accuse di mafia, oltre ad islamici, anarchici, 3 compagni delle BR).

Pone come centrale la questione del carcere dalla sua punta più alta espressa dal 41 bis, passando per le sezioni AS (alta sicurezza, dove da quasi 42 anni sono reclusi compagni appartenenti a diverse formazioni combattenti), fino alle sezioni comuni, le cui condizioni sono venute alla ribalta nell’ultimo periodo solo a seguito delle rivolte durante il periodo covid e i continui suicidi.

Questo incontro, a più voci, vuol contribuire a far emergere cos’è il regime del 41 bis e il sistema carcerario in generale insieme alla necessità di far diventare la lotta contro il carcere, parte integrante della lotta di classe contro il capitale, unico e reale responsabile delle condizioni di sfruttamento, di povertà, delle devastazioni ambientali, del saccheggio dei territori e della repressione in atto.

È un auspicio a trasformare questa consapevolezza in percorsi di lotta.

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27 novembre: 41 bis: quando lo stato d’eccezione diventa norma

DOMENICA 27 NOVEMBRE 2022

ORE 16,00 al COX18 in Via Conchetta 18 – Milano

Incontro pubblico:
41 bis: quando lo stato d’eccezione diventa norma
Solidali con Alfredo, Juan, Ivan e Anna in sciopero della fame!

Promuovono l’incontro: Panetteria Occupata, Archivio Primo Moroni, OLGa

interverranno, fra gli altri:

Giuseppe Pelazza
Margherita Pelazza
Flavio Rossi Albertini
Frank Cimini
Napoli Monitor

Lo sciopero della fame a oltranza di Alfredo Cospito ha riportato alla ribalta il regime detentivo previsto dall’art. 41 bis ovvero la più drastica e afflittiva condizione di isolamento e deprivazione sensoriale disposta per una persona reclusa. Un regime di tortura, democraticamente legiferato e altrettanto democraticamente applicato, inteso a cancellare l’identità del prigioniero al fine di indurlo a collaborare.
Se descriviamo e discutiamo delle modalità d’applicazione del 41 bis, è per unire le forze in una chiamata a raccolta atta a contrastare la supina accettazione di uno stato d’eccezione che, inesorabilmente, diviene la norma con cui regolare le contraddizioni sociali.

Il nostro ragionamento sul 41 bis va collegato all’individuazione dell’uso dell’apparato giuridico e carcerario per contenere e reprimere, ancor meglio se d’anticipo, la ribellione e la voglia di cambiare.
Escogitare sempre nuove occasioni per applicare gravi capi d’imputazione, aggiornare le tecniche di controllo sociale, ispessire la “blindatura” dello Stato, tutto ciò e altro ancora serve a legittimare come “normale” uno “stato di emergenza” che in Italia dura ormai da oltre quarant’anni e che, in questi nostri tempi di profonda crisi e guerra, non è certo destinato a dissolversi da sé. Al contrario, oggi risulta sempre più drammaticamente vero quanto fu scritto all’inizio del 1980: «Permettere che lo Stato si insinui nel nostro “sistema di valori” antagonista, questo sì rappresenterebbe l’inizio della fine».

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26 novembre: Progetto 20K Per la libertà di movimento

SABATO 26 NOVEMBRE DALLE ORE 18:30 PRESENTAZIONE DEL PROGETTO 20K DA PARTE DI ALCUN* ATTIVIST* DA VENTIMIGLIA

CENA SOLIDALE A SOSTEGNO DI PROGETTO 20K

vedi le iniziative a Milano dal 21 novembre al 5 dicembre di Progetto 20K

progetto20k a milano!

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25 novembre: presentazione libro “Lenin a Capri”

VENERDI 25 NOVEMBRE DALLE ORE 20:30 PRESENTIAMO CON L’AUTORE DAVIDE PINARDI IL LIBRO

“Lenin a Capri ovvero i dieci giorni che sconvolsero un’isola” La Vita Felice 2017

Nel giugno del 1910 Lenin abbandona precipitosamente Parigi e parte per Capri. Vuole raggiungere Maksim Gor’kij che, circondato da una corte dei miracoli composta da intellettuali e artisti, da tempo vive sull’isola frequentata allora da teste coronate e stelle della Belle Epoque. I motivi di quella partenza fino a oggi non erano mai stati chiariti: non vi erano infatti ragioni di salute, cause politiche, moventi finanziari o familiari che potessero giustificare quell’improvviso trasferimento nell’arcipelago campano. Attraverso questo saggio romanzesco, o forse romanzo-verità, ne scopriamo finalmente le ragioni …

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19 novembre: presidio in solidarietà ai prigionieri palestinesi e non solo

Il 17 marzo 2022 attraverso un comunicato, il movimento dei prigionieri palestinesi inaspriva la lotta contro la decisione della direzione carceraria sionista di annullare tutti gli accordi con il movimento, in ritorsione all’evasione di sei palestinesi dal carcere di massima sicurezza e denunciando sia l’uso continuo dell’isolamento carcerario, che quello della violenza e tortura, anche collettive, da parte dei reparti speciali sionisti con irruzioni quasi quotidiane nelle diverse celle.

Lo stesso movimento sostiene e appoggia la lotta dei prigionieri in detenzione amministrativa, cioè sottoposti alla pratica ereditata dal colonialismo inglese, attraverso la quale si viene incarcerati senza dover fornire prova delle accuse, senza processo e per un tempo indefinito. Unitariamente e sotto lo slogan “la nostra decisione è libertà”, dall’inizio del gennaio 2022, hanno effettuato in diversi periodi un boicottaggio totale di tutti i procedimenti giudiziari relativi alla detenzione amministrativa, non riconoscendo né legittimando con questa azione, i tribunali sionisti d’occupazione.

Successivamente il 25 settembre 30 prigionieri in regime di detenzione amministrativa iniziano uno sciopero della fame, al quale il 9 ottobre scorso si uniscono altri 20 prigionieri, sciopero sospeso dopo aver ottenuto alcune delle loro rivendicazioni mentre proseguono altre forme di lotta.

Nonostante l’occupazione, il razzismo e l’apartheid mirino allo svuotamento della Terra di Palestina dalla presenza di popolazione autoctona con rappresaglie, eccidi, torture, nonostante la pianificazione scientifica del contenimento di ogni forma di dissenso (va ricordato che tali sistemi vengono “esportati” come fossero caciotte dato che i sionisti organizzano fiere/esposizioni di prodotti militari visitate dagli esperti di tutto il mondo), abbiamo davanti un popolo che si batte in diverse forme contro un esercito agguerrito.

I prigionieri sono quindi parte attiva della lotta di un popolo che si rifiuta di essere diviso e isolato, come esemplare è la figura del compagno George I. Abdallah, comunista libanese e militante prima del FPLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina) e successivamente delle FARL (Frazioni Armate Rivoluzionarie Libanesi) che si è sempre battuto per la liberazione delle masse popolari arabe e palestinesi. Sempre solidale verso i prigionieri palestinesi e non solo, ha partecipato ai vari scioperi della fame, ha espresso la sua vicinanza alle lotte sociali in Francia, riaffermando la sua identità di comunista e di combattente. Per questo i vari governi francesi succedutisi in questi anni si sono sempre opposti alla sua liberazione.

Anche in Italia esistono strutture carcerarie definite di Alta Sicurezza, dove sono rinchiusi da anni prigionieri politici (alcuni da più di 40 anni) che continuano a resistere e da oltre 17 anni i militanti comunisti Nadia Lioce, Marco Mezzasalma e Roberto Morandi sono sottoposti al 41bis, introdotto nel 1986 con la legge Gozzini, un sistema che serve ad isolare completamente il detenuto dall’esterno (un ora di colloquio mensile con vetro divisorio e nessuna corrispondenza). Un regime carcerario di annientamento, studiato per provocare danni fisici e mentali tramite la tecnica della deprivazione sensoriale, una sorta di condanna alla morte politica e sociale. Dal maggio scorso questo regime speciale è stato applicato anche ad Alfredo Cospito che dallo scorso 20 ottobre ha iniziato uno sciopero della fame ad oltranza. In solidarietà alla lotta di Alfredo, altri due anarchici prigionieri, Juan Sorroche, detenuto nella Sezione Alta Sicurezza 2 del carcere di Terni, e Ivan Alocco, detenuto nel carcere di Villepinte in Francia, hanno iniziato uno sciopero della fame rispettivamente dal 25 e dal 27 ottobre.

Con il presidio del 19 novembre prossimo vogliamo dare voce e sostegno a tutte queste lotte sviluppando solidarietà concreta, in un momento in cui abbiamo davanti una crisi sociale, energetica ed ambientale a livello mondiale e siamo nel pieno di una guerra imperialista.

  • Contro la pratica sionista della detenzione amministrativa
  • contro l’articolo 41bis e l’ergastolo ostativo
  • per la liberazione di George I. Abdallah
  • libertà per tutti i prigionieri/e
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12 novembre: presentazione “Le fragili alleanze”

Sarà presentato sabato 12 novembre alle ore 18:30 alla Panetteria Occupata (via Conte Rosso 20 Milano) Le fragili alleanze. Militanti politici e classi popolari a Napoli (1962-1976), con l’autore Luca Rossomando

Il libro racconta la stagione di alleanze, solidarietà e conflitti sviluppatasi a Napoli tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, sulla spinta dei mutamenti e delle mobilitazioni che investono nello stesso periodo l’Italia e il mondo; un percorso capace di incrinare le barriere sociali allora esistenti, avviato da studenti e intellettuali per poi espandersi verso strati sociali fino a quel momento estranei a esperienze autonome di organizzazione sindacale e politica.

A seguire cena

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4 novembre: Incontriamo il Comité de soutien à Vincenzo

Venerdì 04 novembre dalle ore 20.30

GENOVA 2001 / PARIGI 2022

Il prossimo 29 novembre ci sarà una nuova udienza a Parigi, in merito al procedimento di “Mandato d’Arresto Europeo” (M.A.E.) aperto nei confronti di Vincenzo Vecchi, che prevede il suo trasferimento nelle carceri italiane, a vent’anni dal G8 di Genova 2001.

Ultimo a mancare all’appello della vendetta di Stato per quelle giornate di rivolta, Vincenzo si trova attualmente libero in Francia, grazie alla solidarietà cresciuta dopo il suo arresto.

Invitiamo tutti e tutte coloro che hanno partecipato al corteo per Vincenzo dello scorso 08 ottobre – o che avrebbero voluto farlo – ad un incontro con alcuni ospiti in arrivo da Rochefort En Terre. Sarà l’occasione per conoscere il Comité de Soutien à Vincenzo, per parlare di solidarietà, e per fare con loro il punto sulla situazione di Vincenzo e del suo mandato d’arresto.

Sarà anche l’occasione per parlare delle prossime mobilitazioni sotto il consolato francese.

NÉ PRIGIONE, NÉ ESTRADIZIONE           VINCENZO LIBERO, LIBERI/E TUTTI/E!

https://www.sosteniamovincenzo.org – info@sosteniamovincenzo.org

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Appuntamenti di novembre

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28 ottobre: ricordiamo Sabra e Shatila

VENERDÌ 28 OTTOBRE all’ANPI CRESCENZAGO dalle ORE 20,30

a 40 anni dalla strage di Sabra e Shatila, proiezione del film-doc “Massaker” dei registi Lokman Slim and Monika Borgmann (2004). 

Parteciperà e racconterà del suo viaggio un compagno di recente tornato da Sabra e Chatila.

È un importante documento sul massacro di Sabra e Shatila, eccidio compiuto dalle Falangi libanesi e dall’Esercito del Libano del Sud, con la complicità di quello israeliano, che costò la vita a circa 3000 palestinesi. La strage avvenne fra le 6 del mattino del 16 e le 8 del 18 settembre 1982 – precisamente 40 anni fa – nel quartiere di Sabra e nel campo profughi di Shatila, entrambi alla periferia ovest di Beirut. La strage scosse il mondo intero, scatenando indignazione e proteste. Tuttavia gli assassini restarono impuniti.

Massaker riesce oggi a restituire il ritratto psico-politico di sei degli autori di uno dei casi più gravi di pulizia etnica in Medio Oriente. Il film documentario esplora il fenomeno della violenza collettiva indagando le inclinazioni mentali degli assassini, e mostrando come un preciso ambiente politico abbia nutrito la loro violenza e continuato a proteggerli tanto dalla giustizia penale quanto dall’umano sentimento del rimorso.

Purtroppo 40 anni non sono serviti a migliore la situazione. I palestinesi continuano a morire, dimenticati dai media. Ricordiamo che solo recentemente lo Stato sionista con un’indagine di Amnesty International è stato proclamato “Stato di apartheid” e che le “Nuove norme per gli stranieri in Cisgiordania” recentemente emanate, aggravano ulteriormente la politica di repressione razziale nei confronti del popolo palestinese. Lo Stato sionista, mentre con una mano reprimere ed emargina, con l’altra tenta di salvare la sua immagine davanti all’opinione pubblica italiana, per esempio attraverso manifestazioni sportive (“amichevole” della Roma a Tel Aviv a luglio), o collaborazioni italo-israeliane in campo scientifico, ingegneristico e militare.

L’ipocrisia viene ricambiata quando, per esempio, forze politiche italiane propongono di dare nomi sionisti a luoghi pubblici. A Milano il capogruppo di Forza Italia ha consegnato una mozione con la quale chiede al Consiglio milanese di intitolare il ponte di Crescenzago (quello della Madonna della Liberazione dal nazifascismo) al sionista Ben Gurion. Ricordiamo che costui fu uno dei fondatori dell’autoproclamato Stato di Israele e sostenne, pianificò e attuò a suon di bombe la cacciata dei palestinesi dalle loro terre. Se dopo 73 anni il popolo palestinese continua a resistere, noi abbiamo il compito di ricordare bene i fatti e di sostenere chi lotta per la libertà dal colonialismo sionista e da ogni forma di oppressione.

L’iniziativa di venerdì 28 ottobre è promossa in collaborazione con Anpi Crescenzago (Piazza Costantino-MI)

CAMPAGNA per il NO AL PONTE BEN GURION

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