10 maggio: PRESIDIO DAVANTI AL CARCERE DI SAN VITTORE

Il 10 maggio inizierà al tribunale di Milano il processo nei confronti di 9 prigionieri accusati a vario titolo delle rivolte nel carcere di San Vittore del marzo dell’anno scorso. In solidarietà è indetto un presidio

DALLE 11 ALLE 13 DAVANTI AL CARCERE DI SAN VITTORE IN P.LE AQUILEIA


riportiamo l’appello del Collettivo OLGa:

Il terrorismo dello Stato in città come in carcere
Solidarietà con i rivoltosi di San Vittore a processo

Il 10 maggio inizierà al tribunale di Milano il processo per “devastazione”, “sequestro di persona”, “lesioni personali” e “rapina” nei confronti di 9 prigionieri accusati a vario titolo delle rivolte nel carcere di San Vittore del marzo dell’anno scorso. Processi che coinvolgono anche le carceri di Pavia e Varese, limitandoci alla Lombardia e per quel che sappiamo.
In quei giorni di marzo i detenuti insorsero in una trentina di carceri, da nord a sud Italia, a seguito dell’interruzione dei colloqui, dei contatti con l’esterno con sospensione di tutte le attività. Restavano solo loro e le guardie. Tanti ulteriori problemi che si aggiungevano a condizioni già prima invivibili.
Misure che prima della gestione della pandemia erano emergenziali o in via di sperimentazione ora caratterizzano la quotidianità: la videoconferenza sostituisce la presenza in tribunale, impedendo le possibilità di difesa, ostacolando la partecipazione attiva alle fasi del processo, la sua dimensione pubblica e l’incontro degli imputati in aula, per arrivare senza intralci all’esecutività della condanna; le videochiamate sostituiscono i colloqui. Facile capire a quanti aspetti della relazione si debba rinunciare non potendosi incontrare fisicamente. Anche quando riaprono, i colloqui sono resi difficili a causa delle regole di prenotazione e del distanziamento imposto con barriere di plexiglass e mascherine.
Affidarsi alla tecnologia per videoconferenze e videochiamate comporta problemi tecnici di funzionamento con collegamenti che frequentemente si interrompono lasciando il prigioniero davanti a uno schermo nero. Tutte queste ristrutturazioni rendono i prigionieri sempre più isolati.
Si tratta indubbiamente di un obiettivo voluto quando si vedono gli esperti della repressione impiegati per amministrare anche la gestione della pandemia.
Antonio Rinaudo ex P.M. torinese, già noto nei processi contro i No Tav, viene nominato commissario straordinario per l’emergenza COVID-19 della regione Piemonte.
Alberto Nobili P.M., coordinatore del pool antiterrorismo della procura di Milano, che interviene al minimo segnale dell’emergere di un conflitto. 300 ragazzi si incontrano a piazzale Selinunte per girare il video di un rapper, reagiscono agli attacchi della polizia e i provvedimenti che vengono emessi nei loro confronti sono firmati da Nobili. Si trattava di terrorismo?
Lo stesso Nobili che intervenne come mediatore per fare scendere dai tetti i rivoltosi di San Vittore, per poi richiederne il rinvio a giudizio. Si trattava di terrorismo?
Queste due figure le conosciamo anche da inchieste contro compagni anarchici accusati di terrorismo. Nobili era a capo del pool di magistrati nell’operazione Prometeo (il processo inizierà proprio il 10 maggio) in cui le parti offese risultano essere Rinaudo e il DAP.
Quel DAP che dopo le rivolte di marzo ha visto un repentino cambio della guardia ai suoi vertici, per la prima volta nelle mani dell’antimafia nelle figure dei nuovi dirigenti Petralia e il suo vice Tartaglia.
La gestione della pandemia e quella della repressione si incontrano, sono nelle mani di chi ha rappresentato l’antimafia e l’antiterrorismo fino a oggi.
Se da un lato lo Stato tenta di archiviare le stragi, come quelle avvenute nel carcere di Modena, dall’altro con estrema velocità manda in tribunale chi si mette di traverso. Come i 120 lavoratori di Italpizza che, sempre nella stessa città, si trovano sotto processo, in aula bunker per altro.
Collettivo OLGa

Questa voce è stata pubblicata in Generale, Repressione. Contrassegna il permalink.