a seguire proiezione del film AI CONFINI DEL PARADISO di Fatih Akin
“La storia e la militanza politica di due donne comuniste rivoluzionarie divise tra Occidente e Oriente tra la Germania e la Svizzera e la Turchia perché l’essenza della loro vita è stata la lotta prima per le lotte sociali e poi il loro viaggio le ha spinte a una lotta armata contro il fascismo dei governi turchi… “
nota 1: diversi prigionieri rivoluzionari in Turchia sono in lotta. Attraverso lo sciopero della fame lottano contro l’isolamento, la tortura, per la chiusura delle celle S, R e Y (tipo pozzo). Sosteniamo questa lotta! Non lasciamoli soli!
nota 2: dal 14 al 21 novembre settimana di mobilitazione diffusa per la libertà di Anan, Tarek e i/le prigionieri palestinesi. “Il contributo più grande che si può dare a un prigioniero politico è inserirlo nella lotta reale, in relazione alla società in cui vive e alla causa per cui è stato incarcerato” George Abdallah. Mobilitiamoci, organizziamo Resistenza
Pubblicato inGenerale|Commenti disabilitati su 21 novembre: presentazione libro “Donne nella guerriglia” e proiezione “Ai confini del paradiso”
Il 2 novembre, nell’anniversario della dichiarazione di Balfour, in Gran Bretagna i “Prigionieri per la Palestina” hanno iniziato uno sciopero della fame e chiamato alla solidarietà internazionale. Questa è la stessa lotta che unisce i prigionieri in molte parti del mondo come quella dei prigionieri rivoluzionari in Turchia contro le celle di isolamento o i prigionieri che lottano contro il sistema carcerario italiano di tortura del 41bis o Anan Yaeesh attualmente detenuto nel carcere di Melfi e dove all’Aquila è in corso il processo voluto dall’entità sionista e dal governo collaboratore italiano per processare la Resistenza o la lotta continua dei detenuti palestinesi nelle carceri sioniste. Abbiamo saputo che il compagno Luca Dolce, detto Stecco, attualmente rinchiuso nel carcere di Sanremo, da sabato 8 novembre inizierà uno sciopero della fame per unirsi a quello di prigionieri nelle carceri inglesi.
SOSTENIAMO LA LOTTA DEI PRIGIONIERI – SOSTENIAMO LA RESISTENZA
da: https://samidoun.net/2025/11/prisoners-for-palestines-hunger-strike-begins-on-balfour-declaration-anniversary-in-british-prisons/
I Prisoners for Palestine nel cosiddetto Regno Unito annunciano uno sciopero della fame di massa: “Abbiamo esaurito tutte le altre opzioni”. Oggi, i primi due Prisoners for Palestine – Amu Gib e Qesser Zuhrah – hanno iniziato a rifiutare il cibo, il primo passo di uno sciopero della fame a ciclo continuo.
Decine di prigionieri politici in diverse carceri della Gran Bretagna hanno annunciato l’intenzione di iniziare uno sciopero della fame collettivo il 2 novembre, una data scelta per il suo significato storico: l’anniversario della Dichiarazione Balfour del 1917, in cui il governo britannico espresse il suo sostegno ufficiale al progetto sionista di colonizzazione della Palestina.
L’azione è coordinata dal collettivo Prisoners for Palestine, con il supporto di CAGE International, e potrebbe diventare il più grande sciopero della fame organizzato nelle carceri britanniche dal 1981, quando dieci prigionieri repubblicani irlandesi furono martirizzati dopo 66 giorni di sciopero della fame nelle carceri dell’Irlanda del Nord occupata.
I prigionieri denunciano lo Stato britannico per aver criminalizzato la solidarietà con la Palestina e per aver protetto gli interessi delle aziende produttrici di armi che riforniscono il regime israeliano. Per mesi hanno subito punizioni, isolamento, censura e aggressioni per la loro militanza anticoloniale e il loro impegno nella resistenza palestinese.
“Siamo in prigione per aver cercato di fermare il genocidio”
Le ex prigioniere politiche e portavoce Audrey Corno e Francesca Nadin, entrambe arrestate per azioni dirette contro le strutture di Elbit Systems, la principale azienda israeliana produttrice di armi, hanno consegnato il 20 ottobre una lettera al Ministero dell’Interno britannico a nome delle 33 persone incarcerate per aver tentato di fermare il genocidio a Gaza.
In quella lettera, le prigioniere avanzano cinque richieste chiare e urgenti:
1 Fine immediata di ogni censura e restrizione alla loro corrispondenza e alle loro comunicazioni. 2 Rilascio immediato e incondizionato su cauzione. 3 Diritto a un processo equo e trasparente. 4 Deproscrizione di Palestine Action. 5 Chiusura definitiva di tutte le strutture di Elbit Systems nel Regno Unito.
“Abbiamo esaurito tutte le altre opzioni”, hanno dichiarato le portavoce del gruppo, sottolineando che i loro arresti sono interamente motivati da ragioni politiche. In molti casi, non sono state presentate accuse formali e le persone rimangono detenute ai sensi della legislazione antiterrorismo, uno strumento di repressione sempre più utilizzato contro attivisti e difensori dei diritti umani.
Alcuni prigionieri sono stati detenuti per oltre un anno senza processo, in condizioni degradanti e con gravi restrizioni alle visite dei familiari, alla pratica religiosa e alla comunicazione con il mondo esterno.
Dalle fabbriche di armi alle celle delle prigioni
Il sabotaggio e l’interruzione di Elbit Systems, un’azienda israeliana che produce droni e armi utilizzate negli attacchi a Gaza, sono diventati un simbolo del movimento di azione diretta per la Palestina. Dal 2020, Palestine Action ha effettuato numerose occupazioni di fabbriche e centri di distribuzione legati al complesso militare sionista.
Di fronte alla pressione popolare, lo Stato britannico ha risposto con un’ondata di arresti, perquisizioni domiciliari e procedimenti legali che criminalizzano coloro che osano denunciare pubblicamente la complicità del Regno Unito nei crimini di guerra in Palestina.
Le prigioni sono così diventate un nuovo fronte di lotta, dove la resistenza continua in altre forme. “Quella che è iniziata come una campagna per fermare la produzione di armi per il genocidio a Gaza si è trasformata in una lotta per la libertà all’interno delle prigioni”, ha spiegato uno degli avvocati del collettivo.
“Da Guantanamo a Gaza: la stessa macchina repressiva”
Il Dott. Asim Qureshi, Direttore di Ricerca presso CAGE International, ha descritto lo sciopero della fame come “il primo del suo genere in almeno due decenni” e un passo che “mette in luce la violenza del sistema carcerario nel Regno Unito”.
“Da Guantanamo a Gaza, l’infrastruttura delle leggi autoritarie sul terrore costruita per imprigionare, mettere a tacere e reprimere le azioni per la Palestina e le voci che contestano guerre e genocidio deve essere smantellata. I prigionieri sono il cuore pulsante del nostro movimento per la giustizia. Dobbiamo onorare i loro sacrifici e opporci alle ingiustizie che subiscono”.
Le accuse di abusi sistematici includono aggressioni fisiche, isolamento prolungato, confisca della corrispondenza e del materiale di lettura, negazione di cure mediche e limitazione dell’accesso al Corano. Di fronte al fallimento dei loro appelli e all’indifferenza istituzionale, i prigionieri hanno deciso di ricorrere all’ultimo strumento di resistenza rimasto loro: il proprio corpo.
La continuazione di una lunga tradizione di resistenza
Questo nuovo sciopero si inserisce in una tradizione di lotta che unisce prigionieri britannici e palestinesi. All’inizio del 2025, l’attivista Teuta “T” Hoxha, una delle Filton 24, ha intrapreso uno sciopero della fame di 28 giorni, riuscendo a denunciare pubblicamente la repressione interna e a imporre il ripristino dei diritti fondamentali all’interno del carcere di Peterborough.
La sua azione ha scatenato un’ondata di solidarietà internazionale: prigionieri politici negli Stati Uniti, come Casey Goonan e Malik Muhammad, si sono uniti a uno sciopero della fame solidale, denunciando la persecuzione globale di coloro che sostengono la Palestina.
“Sappiamo che non si tratta solo di riavere un lavoro o un privilegio in carcere”, disse Hoxha all’epoca, “ma di affermare la nostra dignità e rifiutare il silenzio che lo Stato cerca di imporci”.
La loro parziale vittoria ha ispirato decine di compagni a pianificare un’azione collettiva più ampia, in grado di rompere l’isolamento e di evidenziare il legame tra repressione interna e colonialismo globale.
Il carcere come luogo di lotta
Il movimento palestinese ha trasformato la prigionia in uno spazio di resistenza. Durante l’occupazione sionista, migliaia di prigionieri palestinesi hanno fatto ricorso a scioperi della fame collettivi, unendo i loro corpi in una lotta comune contro la disumanizzazione. Allo stesso modo, prigionieri politici irlandesi, attivisti sudafricani dell’apartheid e prigionieri di Guantanamo hanno dimostrato che il corpo del prigioniero può diventare un’arma politica quando tutti gli altri mezzi di azione sono stati eliminati.
Per usare le parole del leader palestinese Ahmad Sa’adat, segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina:
“Da Ansar all’Attica, da Lannemezan a Nafha, il carcere non è solo un luogo di reclusione, ma un campo di battaglia dove gli oppressi si confrontano con l’oppressore”.
Lo sciopero della fame dei prigionieri per la Palestina nel Regno Unito fa parte di questa stessa tradizione di dignità. È un’affermazione di vita e umanità di fronte alla disumanizzazione coloniale e carceraria.
Un appello urgente alla solidarietà internazionale
Dalla Samidoun Palestinian Prisoner Solidarity Network, chiediamo a tutte le organizzazioni, i movimenti e gli individui solidali di amplificare le voci di coloro che oggi resistono dietro le mura delle carceri britanniche, di fare pressione sulle autorità e di denunciare la criminalizzazione della solidarietà con la Palestina.
“Quando non ci saremo più, cosa direte di aver fatto? Eravate con noi nella nostra lotta o vi siete conformati allo stesso sistema che ci ha portato alla morte?”, disse il martire irlandese Patsy O’Hara durante il suo sciopero della fame nel 1981.
Oggi, queste parole risuonano con forza dalle carceri del Regno Unito alle celle sotto occupazione in Palestina.
Prisoners for Palestine ci sfida tutti: la loro resistenza è uno specchio della nostra responsabilità collettiva.
Pubblicato inGenerale|Commenti disabilitati su Sosteniamo la lotta dei “Prisoners for Palestine”
“I luoghi di lavoro, i quartieri popolari, le scuole sono luoghi dove organizzare la resistenza. Esistono però anche altri luoghi, come ad esempio le prigioni. È quello che fanno i compagni della sinistra rivoluzionaria anatolica, rinchiusi nelle prigioni, in celle speciali – tipo pozzo. Celle di isolamento e tortura. La loro lotta, il loro sciopero della fame fino alla morte, contro la tortura, contro le prigioni del governo fascista turco (la Turchia è membro della NATO) è un esempio di resistenza. Lottano per l’abolizione delle celle “pozzo”. La loro forma di lotta dimostra che è possibile resistere e quindi lottare contro il fascismo e l’imperialismo ovunque. Rompiamo il muro del silenzio, solidarietà con la resistenza dei compagni anatolici! Chiudete le celle “pozzo”, contro l’isolamento, contro la tortura! Contro le prigioni imperialiste, fasciste e sioniste! Per la resistenza STOP ALLA TORTURA NELLE PRIGIONI DI ISOLAMENTO DI TIPO S,R,Y IN TURCHIA”
Questo opuscolo edito dal Fronte Anti-imperialista (anti-imperialistfront.org) descrive la lotta dei prigionieri rivoluzionari dell’anatolia in Turchia contro i progetti di isolamento, distruzione dei rivoluzionari prigionieri ed in particolar modo contro le celle cosidette “pozzo”. Un regime carcerario molto simile all’italiano 41bis. Veri e propri metodi di tortura che hanno visto la forte resistenza dei prigionieri. Oggi diversi di loro hanno scelto di resistere attraverso uno sciopero della fame fino alla morte. Per chiudere questi circuiti carcerari, per la liberazione di tutti i prigionieri, è importante che si sviluppi la solidarietà internazionalista, la lotta comune tra i detenuti ed il movimento di classe all’esterno. La nostra storia, del movimento rivoluzionario e di classe, ci dimostra che lottare è possibile, che resistere è possibile, che vincere è possibile. Questo opuscolo è un contributo per lo sviluppo di un movimento di sostegno e solidarietà.
S.O.Futura organizza mercoledì 5 novembre alle 20.30 presso Panetteria Occupata la proiezione di “The Gentleman Bank Robber”, documentario sulla vita e militanza di Rita Bo Brown, lesbica butch, compagnx rivoluzionarix e anti-imperialista della George Jackson Brigade.
In seguito alla proiezione faremo un dibattito sui temi affrontati nel film, tra cui il rapporto tra socialità queer e repressione poliziesca, imperialismo USA, rapporto con le Black Panthers, militanza e carcere.
Pubblicato inGenerale|Commenti disabilitati su 5 novembre: proiezione “The Gentleman Bank Robber”
GIOVEDÌ 30 OTTOBRE 2025 – in Via Conte Rosso 20 Milano
dalle ore 21.00 collegamento dalla Francia con i/le compagni/e
del Fronte Antimperialista per aggiornamenti sulla lotta dei prigionieri rivoluzionari turchi.
MOBILITIAMOCI LA SOLIDARIETÀ È UN ARMA!
Un incontro per conoscere la lotta che diversi prigionieri rivoluzionari stanno conducendo nelle carceri della Turchia per la chiusura delle celle di isolamento totale. Per impedire che l’isolamento, la tortura diventino norma degli stati per annientare i prigionieri è necessario che si sviluppi una ampia e forte mobilitazione internazionale. Solo la lotta e la solidarietà, in unità alla forma estrema dello sciopero della fame fino alla morte intrapresa dai compagni prigionieri, possono inceppare i piani imperialisti di guerra verso l’esterno e di repressione all’interno dei propri paesi.
Questa è una lotta per tutte/i, una lotta internazionalista che ci chiama a lottare insieme.
Il nostro cuore batte dove c’è la Resistenza, dalla Palestina alla Turchia ai nosti territori. Dove i prigionieri lottano, come in Palestina come in Turchia, devono trovare al loro fianco tutti noi.
Questa lotta ci fà ricordare come anche il Italia esiste nelle carceri un sistema di tortura, il 41bis, dove più di 700 persone vi sono sottoposte. Celle singole chiuse 22 ore al giorno, non più di quattro libri e possibilità di consultare solamente i giornali considerati “di ampia diffusione nazionale”, divieto di affissione ai muri della cella di qualsiasi cosa, colloqui con i vetri, area con solo 2 persone e sempre le stesse……queste solo alcune delle norme applicate nelle sezioni 41bis. Questa lotta ci fà ricordare come in Italia 4 compagne/i sono sottoposti a questo regime e 3 di loro da oltre 20 anni.
Giovedi 30 ottobre, con il contributo dei/delle compagni/e del Fronte Antimperialista, vogliamo conoscere questa lotta e insieme capire come sostenerla.
I prigionieri politici rivoluzionari rinchiusi nelle carceri del governo fascista turco stanno conducendo uno sciopero della fame fino alla morte per ottenere la chiusura delle celle S,R, Y (tipo pozzo). Tre compagni sono in sciopero della fame da oltre 200 giorni.
Sosteniamo la lotta dei prigionieri politici anatolici, in sciopero della fame fino alla morte, per chiudere le celle-pozzo!
Contro la tortura dell’isolamento
Contro le prigioni imperialiste, fasciste e sioniste
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Lunedi 13 ottobre h: 17:00 presidio a Palazzo Marino: Rompiamo il gemellaggio Milano – Tel Aviv ed ancora….. Martedi 14 ottobre dalle ore 17:30 presidio sede Figc Via Pitteri 95: No alla partita Italia – Israele ad Udine. Tifiamo ancora per la Palestina. IL 14 ottobre ci saranno vari appuntamenti oltrea alla manifestazione ad Udine per protestare contro la partita di calcio ITalia-Israele. BLOCCHIAMO TUTTO! PALESTINA LIBERA! Italia-Israele: Vergogna nazionale, non si gioca con lo Stato criminale Nonostante le numerose rimostranze e la lettera dell’associazione degli allenatori (Aiac) per chiedere il ritiro della nazionale israeliana dalla competizione sportiva, né Figc né Uefa hanno dato seguito all’ondata di indignazione per i crimini di guerra contro la popolazione civile nell’enclave palestinese Due anni di violenza che nel solo ambito sportivo hanno portato alla distruzione della quasi totalità delle strutture e infrastrutture sportive palestinesi; ridotto gli stadi a centri di detenzione e campi per sfollati; spezzato la vita di oltre 400 calciatori e costretto la Federazione Calcistica Palestinese (PFA) a sospendere a tempo indeterminato tutte le attività. Per noi lo sport – e il calcio in particolare – rappresentano uno spazio virtuale e fisico di incontro e diffusione di valori che sono inconciliabili con la violenza, l’apartheid e l’occupazione. Lo stesso non può dirsi per la nazionale di calcio israeliana che viola gli statuti FIFA e che vede i giocatori-soldato inneggiare alla distruzione totale di Gaza e dedicare i propri successi, come hanno fatto a giugno 2025 dopo la partita contro l’Estonia, all’esercito che sta commettendo un genocidio. Per questo non possiamo permettere che attraverso una partita di calcio si normalizzi l’inferno che si sta vivendo in Palestina. La partita con Israele è una vergogna. Lo sport è un simbolo e il calcio italiano, come tutti noi, non può rimanere indifferente ad un genocidio Boicottiamo la partita Italia vs Israele valida per le qualificazioni ai Mondiali del 2026. https://www.instagram.com/panetteria_occupata/
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La marcia per Gaza arriva a Milano. Incontriamo i compagn@ del Fronte del popolo, di Dev-Genc, del Group Yorum che stanno attraversando alcuni paesi dell’Europa per raggiungere l’Egitto e rompere il blocco arrivando a Gaza.
La carovana arriva il 1 ottobre a Milano. Uniamoci per dare il benvenuto in città alla Carovana in marcia verso la Palestina.
Insieme a loro saremo dalle ore 11 davanti al Consolato d’Egitto in Via Timavo e alle ore 17 in Piazza Bottini a Lambrate per un momento di incontro collettivo per conoscere e sostenere la marcia verso Gaza e per continuare la mobilitazione sui nostri territori a sostegno della Resistenza Palestinese verso lo sciopero generale del 3 ottobre e la manifestazione nazionale a Roma del 4 ottobre. In solidarietà con tutt@ i compagn@ fermati nella grande giornata di lotta del 22 settembre continuiamo la mobilitazione, Blocchiamo tutto!
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