17 ottobre: presidio per Seif

PRESIDIO GIOVEDI’ 17 ORE 11.00 TRIBUNALE DI MILANO – CORSO DI PORTA VITTORIA

Seif Bensouibat è un rifugiato politico di cittadinanza algerina arrivato in Italia 13 anni fa. Seif lavorava come educatore al liceo Chateaubriand di Roma da cui è stato licenziato per alcuni commenti e post dove esprimeva supporto alla resistenza palestinese.

Nei confronti di Seif è stato aperto un procedimento con sospensione e revoca del permesso di soggiorno. Dopo una perquisizione in casa Seif è stato internato nel CPR di Ponte Galeria, dal quale è uscito dopo 4 giorni di mobilitazioni nazionali; il giudice della convalida ha infatti sentenziato che non ci fossero i presupposti per la detenzione.

Tuttavia la battaglia di Seif non è terminata: giovedì 17 ottobre, a Milano, si terrà l’udienza per la revoca della protezione, che ne comporterebbe la deportazione.

Seif non ha avuto paura, pur conoscendo i rischi a cui andava incontro, rimanendo fedele alla storia di liberazione del suo popolo contro la brutale colonizzazione francese, esprimendo posizioni chiare contro il genocidio in atto da parte dell’entità sionista nei confronti del popolo palestinese a Gaza.

Il caso di Seif è l’esempio lampante di come la nostra lotta si inserisce in un quadro più ampio dove la repressione tocca tutti e tutte: il DDL1660 – in discussione al Senato – porta avanti una logica repressiva e securitaria per criminalizzare il conflitto sociale e il dissenso in ogni sua forma, inclusa quella della solidarietà con persone migranti e persone private della libertà nei CPR.

Oggi più che mai bisogna fare una scelta, c’è chi è disposto a perdere tutto per la verità e la giustizia, mentre altri, pieni di benefici e privilegi sopra al collo, hanno paura di stare dalla parte giusta della storia.

Seif ci ricorda che quando lottiamo per la nostra libertà, stiamo lottando per la libertà di tutti e tutte; quando lottiamo per la libertà di tutti e tutte, stiamo lottando per la nostra libertà.

Questo giovedì 17/10, alle ore 11:00, ci troveremo in presidio davanti al Tribunale di Milano in Corso di Porta Vittoria per esprimere tutta la nostra solidarietà e vicinanza a Seif.

LIBERTÀ PER SEIF
LIBERTÀ PER TUTT

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3 ottobre: Libertà per Seif

3 OTTOBRE 2024 DALLE ORE 10:30 TRIBUNALE MILANO C.SO DI PORTA VITTORIA
LIBERTA’ PER SEIF BENSOUIBAT
Il 3 ottobre si terrà udienza per la revoca dello stato di rifugiato a Seif.
Non lasciamolo solo!
COSTRUIAMO SOLIDARIETA’
FERMIAMO LA REPRESSIONE!
TUTTI A ROMA IL 5 OTTOBRE!
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Contributo Rete solidale Ci Siamo sulla situazione abitativa

Socializziamo il contributo della Rete solidale Ci Siamo in vista dell’assemblea in Piazza Leonardo da Vinci di Giovedi 25 settembre per fare il punto della situazione degli abitanti di Via Fracastoro e rilanciare iniziative per il bisogno alla casa

240924 Ci Siamo

ASSEMBLEA PUBBLICA
Vi aspettiamo mercoledì 25 settembre in piazza Leonardo Da Vinci alle ore 18.30 per
proseguire il lavoro di costruzione di un percorso di lotta per la casa in cui la nostra esperienza come attivisti, lavoratori e lavoratrici migranti, sappia mettersi in relazione con le lotte metropolitane e nazionali, confluire nella campagna di mobilitazione contro il DDL 1660, ed esprimere solidarietà attiva alla resistenza palestinese. Facciamo in modo che questo intreccio di percorsi di lotta possa contribuire a modificare i rapporti di forza affinché si creino le condizioni per cambiare lo stato delle cose presenti.
***
Mobilitiamoci tutti!
SETTANTA PERSONE SENZA CASA DOPO UN INCENDIO.
La notte del 19 settembre c’è stato un incendio in una palazzina di via Fracastoro 8 dove abitavano circa settanta persone, lavoratori immigrati singoli e famiglie con minori. Gli abitanti sono usciti dallo stabile prima che le fiamme si propagassero completamente al suo interno e per alcune ore sono stati tutti per strada con le poche cose che erano riusciti a portare con loro. La Protezione civile del comune di Milano, intervenuta per
coordinare e assistere gli sfollati, ha comunicato agli abitanti che i nuclei familiari sarebbero stati accolti nella struttura comunale di viale Ortles e gli adulti singoli si sarebbero dovuti rivolgersi al Centro Sammartini, dove li ha accompagnati con i propri mezzi. Al Centro di via Sammartini 120, di fronte alla richiesta di affrontare
collettivamente l’emergenza e trovare soluzioni per tutti gli abitanti, la funzionaria ha fatto presente che il servizio prevede prima incontri individuali e poi, sulla base di questi, delle soluzioni temporanee solo per le persone con particolari fragilità.
Dopo una prima serie di colloqui conclusasi con la consegna di un elenco di strutture a pagamento a cui si sarebbero potuti rivolgere gli abitanti, questi sostenuti dalla Rete solidale Ci Siamo hanno deciso di non muoversi dalla sala d’aspetto, fino a quando non avrebbero ottenuto almeno una soluzione per la notte. La funzionaria invece di adoperarsi per rispondere all’emergenza, ha dichiarato che non c’erano più le condizioni
per continuare il servizio, ha chiuso anticipatamente tutti gli uffici e ha fatto uscire gli operatori, lasciando aperta solo la sala d’aspetto. Con questa scelta l’emergenza si è trasformata in un problema di ordine pubblico gestito dalla Digos, che nel frattempo aveva raggiunto il Centro e svolto un ruolo di intermediario con la Protezione Civile, la quale in tarda serata ha proposto come soluzione per la notte la palestra di via Cambini da
loro allestita.
La mattinata seguente gli abitanti sono stati riportati dalla Protezione Civile al Centro Sammartini 120 e, nonostante la continua richiesta di interlocuzione con l’Assessorato al Welfare e Salute, la funzionaria del Centro Sammartini, ha ribadito l’indisponibilità a un incontro per affrontare collettivamente l’emergenza. Le soluzioni prospettate sono state quindi i colloqui individuali e dieci posti in due dormitori differenti più altri da
verificare in Casa Jannacci. Soluzioni che, oltre a non risolvere il problema per tutti gli abitanti, erano solo per pochi giorni. Inoltre non era certa la possibilità che fossero garantite le esigenze di chi ha orari lavorativi notturni come rider, addetti alla sicurezza, e alle pulizie e ancora meno certa la probabilità di una futura e stabile sistemazione abitativa.
Di fronte al muro di gomma da parte delle istituzioni, gli abitanti sfollati e gli attivisti della Rete solidale Ci Siamo, hanno deciso di spostarsi in piazza Leonardo da Vinci, luogo simbolico di protesta e di lotta. Qui hanno piantato delle tende per dormire e vivere, per rendere visibile e denunciare alla cittadinanza l’assenza di politiche abitative e l’indisponibilità a trovare soluzioni che non siano aleatorie e temporanee. Ma anche per
rafforzare le relazioni solidali e la partecipazione di tutte le realtà cittadine attive nella lotta a difesa degli interessi delle classi subalterne.
LA CASA É UN BISOGNO – RETE SOLIDALE CI SIAMO
La storia della nostra comunità di lotta è una storia lunga otto anni iniziata con l’occupazione di uno stabile in via Fortezza a cui sono seguiti sgomberi e nuove occupazioni fino all’ultima di via Fracastoro dove siamo confluiti dopo gli sgomberi delle ultime tre occupazioni (via Iglesias, via Siusi e via Esterle). In via Fracastoro abitavamo in una settantina di persone, nuclei familiari e singoli, provenienti dal Mali, Gambia, Marocco, Brasile, Perù, Costa D’Avorio, Palestina, Algeria, Tunisia, Nigeria, Togo, Liberia, Guinea Conacry. Lavoriamo come rider, assistenti domiciliari, nella logistica, nella sicurezza, nei servizi, in condizioni in cui spesso non vengono rispettate le minime garanzie contrattuali (salariali e normative), ma siamo funzionali ed essenziali per
l’economia di questa città.
In questi ultimi anni non siamo riusciti a trovare in affitto nel libero mercato un appartamento o una stanza in condivisione a causa dei costi sempre più elevati e delle garanzie richieste dai proprietari al momento del contratto che molti di noi, lavoratori con contratti brevi e a basso reddito, non riusciamo a dare, oltre a forme sempre più diffuse di razzismo e discriminazione che subiamo. Per noi non è prevista una politica abitativa e
sociale che sia in grado di aiutarci ad accedere a un’abitazione dignitosa, come ha evidenziato ciò che sta accadendo in questi giorni dopo l’incendio del 19 settembre, e precedentemente nel caso di via Esterle dove il Comune, dopo un confronto durato diversi mesi, ci aveva consegnato come unica soluzione un elenco di pensionati che, dopo essere stati contattati, sono risultati tutti pieni.
La richiesta di una politica abitativa attenta a noi lavoratori dovrebbe rappresentare oggi una priorità per questa Amministrazione dato che la maggior parte di noi, a causa delle difficoltà di ottenere e rinnovare i documenti, siamo facilmente ricattabili e per questo motivo costretti ad accettare dei lavori sottopagati e con condizioni contrattuali spesso al limite della legalità. É importante ricordare che, in assenza di politiche abitative attente ai
bisogni dei proletari, le occupazioni, informali o rivendicate e sostenute dai movimenti cittadini di lotta per la casa, hanno rappresentato la soluzione alla vita in strada. Una necessità vitale che ha fatto sì che ad uno sgombero seguiva una nuova occupazione che garantiva di non perdere tutto quello che avevamo ma di continuare a lavorare, portare i figli minori a scuola, e vivere dignitosamente.
Questa pratica, che rappresenta anche una forma di denuncia nei confronti delle migliaia di immobili privati e pubblici lasciati vuoti e al degrado, oggi è più difficile da realizzare a causa delle nuove norme contro le occupazioni abitative (Direttiva Ministro dell’Interno 10 agosto 2023) che hanno portato a Milano, così come in altre parti d’Italia, allo sgombero di diversi stabili occupati con lo scopo dichiarato di “tutelare la proprietà privata e ripristinare la legalità”. Una legalità sempre più a difesa delle speculazioni immobiliari private che, in accordo con le amministrazioni pubbliche e i soggetti del terzo settore, stanno trasformando le città in base alle proprie esigenze di profitto, accerchiando i quartieri popolari, espellendone gli abitanti, devastando e saccheggiando anche dal punto di vista ambientale interi territori. Una legalità che utilizza in modo ostentato la
repressione per il ripristino di una sicurezza aleatoria trasformando un problema sociale in una questione di ordine pubblico. Ancor di più oggi, visto quanto prevede il DDL 1660 (Pacchetto sicurezza), in fase di approvazione definitiva, che mette in campo un armamentario normativo che aggrava le leggi già esistenti e ne prevede di nuove che allargano i reati punendo ogni forma di conflitto sociale, di lotta esistente o futura, anche
pacifica. Le forme più significative su cui agisce il nuovo “pacchetto sicurezza” sono l’ampliamento dei reati associativi (art. 270), l’estensione della possibilità di revoca della cittadinanza per gli immigrati, pene pesanti per chi occupa, sostiene o solidarizza con gli occupanti; l’ aumento dell’utilizzo del Daspo urbano; aggravanti per blocco stradale e ferroviario; la detenzione per le donne madri o in stato di gravidanza; la creazione del nuovo reato di “terrorismo delle parole” contro chi si oppone alla realizzazione delle grandi opere; il reato di rivolta, esteso anche alle forme di protesta pacifiche, nelle carceri e, per i migranti, nei CPR e nei CAS. L’obiettivo è chiaramente attaccare le lotte che si sono espresse nei luoghi di lavoro, così come nei territori, in risposta ad una crisi che produce inflazione galoppante, erode sempre più i salari, precarizza le condizioni di lavoro,
aumenta la speculazione e la privatizzazione, crea disuguaglianze e discriminazioni e che produrrà sempre più miseria per le classi subalterne. Ma anche, colpendo le singole istanze di lotta, mina la possibilità di ricomposizione di queste su obiettivi più complessivi quali l’opposizione alle politiche guerrafondaie degli USA/NATO e la solidarietà alle espressioni più avanzate di lotta anticoloniale con in testa la resistenza palestinese.
Rete solidale Ci Siamo
23 settembre 2024

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27 settembre: incontro di in/formazione sul DDL 1660

VENERDI 27 SETTEMBRE DALLE ORE 19 ALLA PANETTERIA OCCUPATA VIA CONTE ROSSO 20 UN INCONTRO DI FORMAZIONE INSIEME AGLI AVVOCATI B.CICCARONE E M.PELAZZA PER CONOSCERE QUESTO DDL E ORGANIZZARE LA LOTTA PER FERMARLO

FERMIAMO IL DDL 1660 – SUBITO!

Il 18 settembre la Camera dei deputati ha approvato a larghissima maggioranza il DDL 1660 – decreto sicurezza – con il quale si istituisce in Italia un vero e proprio stato di polizia.
Il DDL 1660, è una legge liberticida, schiavista, da stato di polizia con cui il governo Meloni intende far fare alla repressione statale delle lotte, delle proteste e finanche del semplice dissenso, un salto di qualità, grazie anche all’aiuto di un’opposizione parlamentare di centro-sinistra che negli anni precedenti ha spianato la strada a queste nuove norme che in qualche caso vanno perfino oltre quelle del fascista codice Rocco.
Il DDL 1660, introduce nuovi reati e nuove aggravanti di pena, colpisce insieme le manifestazioni contro le guerre, a cominciare da quelle contro il genocidio di Gaza, e quelle contro la costruzione di nuovi insediamenti militari; i picchetti operai; le proteste contro le “grandi opere”, la catastrofe ecologica, la speculazione energetica; le forme di lotta di cui questi movimenti si dotano per aumentare la propria efficacia come i blocchi stradali e ferroviari; le occupazioni a scopo abitativo di case sfitte. E contiene norme durissime contro qualsiasi forma di protesta e di resistenza, anche passiva, nelle carceri e nei Centri di reclusione degli immigrati senza permesso di soggiorno, perfino contro le proteste di familiari e solidali a loro supporto. Nel mentre assicura alle forze di polizia nuovi poteri e, di fatto, l’impunità per qualsiasi loro condotta sancendone l’intoccabilità, e arrivando a punire duramente perfino le lesioni lievissime.
Questo DDL è stato approvato col silenzio complice sia delle “opposizioni democratiche” che dei mass media.
Nella sostanza tutti uniti nella direzione di un inasprimento dei dispositivi repressivi, funzionale alla guerra e all’economia di guerra, cioè di fatto all’ introduzione di una vera e propria legge marziale!
Ora la parola passa al Senato, il quale sicuramente approverà in tempi brevi questo ignobile disegno di legge.
Per i proletari e per tutti coloro che intendono preservare gli spazi minimi di agibilità per le lotte e il conflitto sociale, la parola deve invece passare alla piazza e allo sciopero generale!
Non farlo significa accettare supinamente e senza colpo ferire lo stato di polizia di queste nuove leggi e precludersi la possibilità e la necessità di aprire una nuova stagione di lotta contro la guerra, l’economia di guerra e il governo della guerra, dello sfruttamento e dell’odio feroce e
spietato contro TUTTI gli oppressi.
Per opporsi a questo disegno di legge numerose realtà politiche, sociali e sindacali, si sono unite nella “Rete Libere/i di Lottare – fermiamo insieme il Ddl 1660” che attraverso lo sviluppo di una mobilitazione unitaria si pone l’obiettivo di bloccare questo progetto all’interno di una lotta più
generale.
OPPONIAMOCI AL DDL 1660 – RILANCIAMO LE LOTTE contro i padroni, il governo Meloni, le guerre in corso.
Sabato 5 ottobre tutte/i a Roma dalla parte del popolo e della resistenza palestinese!
Rete Libere/i di Lottare – fermiamo insieme il Ddl 1660 – nodo territoriale di Milano
Per aggiornamenti e conoscere le iniziative segui il canale telegram

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FERMIAMO IL DDL 1660 LA LOTTA NON SI ARRESTA!

Un contributo per la mobilitazione per Fermare il DDL 1660 dall’assemblea della Panetteria Occupata

FERMIAMO IL DDL 1660
LA LOTTA NON SI ARRESTA!

Il disegno di legge 1660 presentato dal Governo Meloni a firma del ministro dell’interno
Piantedosi, della difesa Crosetto e della giustizia Nordio (partorito quindi da tutte le funzioni e poteri del governo: legislativo, esecutivo e giudiziario), dopo il vaglio della Commissione Giustizia Affari Costituzionali (che su richiesta della Lega ha aggravato alcune norme), il 10 settembre è approdato alle Camere per la discussione ed approvazione. L’ennesimo pacchetto di norme sulla “sicurezza” finalizzate a colpire, impedire e prevenire iniziative di lotta, agibilità politica e libertà di critica attraverso l’aumento dei reati e l’incremento delle pene detentive.
Un disegno di legge che si abbatterà su un largo spettro di soggetti e movimenti, a partire dai lavoratori più combattivi che in questi anni, soprattutto nella logistica, hanno ottenuto, con dure lotte, importanti vittorie salariali, occupazionali, sull’ organizzazione dei ritmi e dei tempi di lavoro; sui movimenti contro le grandi opere e la guerra, per la casa; nei confronti dei giovani che lottano contro le scelte economiche che determinano devastazioni ambientali e climatiche; gli immigrati che rivendicano un documento e si oppongono allo sfruttamento, al razzismo, alle condizioni ed internamento nei CPR; i prigionieri contro le condizioni disumane nelle carceri.
La legge in discussione è figlia della logica securitaria che da oltre 40 anni i vari governi che si sono succeduti, a suon di legislazioni e decreti speciali hanno messo in campo per contrastare i presunti nemici di turno (mafia, “terrorismo”, rom, immigrati, islamici ….), e costruire una narrazione che permettesse di attuare misure sempre più repressive e di controllo preventivo, impedire ogni possibile critica al fine di spezzare e pacificare essenzialmente la lotta di classe.
Legislazioni che dagli anni 70-80 (legge Reale, art.90 …) hanno svolto una funzione repressiva e di deterrenza per contrastare la lotta di classe che si era sviluppata in un grande movimento rivoluzionario (non solo in Italia, ma a livello internazionale) e per annientare ogni possibilità di cambiamento sociale. Di quel movimento, che vide oltre 20.000 indagati e oltre 6.000 prigionieri politici, ancor oggi, nel silenzio più assoluto, 16 compagni sono in galera in AS2, senza possibilità di uscita, se non quello di un movimento che lo richieda incondizionatamente.
A partire dalla lotta a quello che lo Stato chiama “terrorismo”, sono state applicate misure
emergenziali che avrebbero dovuto avere un carattere temporaneo, ma in realtà sono diventate norma ordinaria, utilizzate e generalizzate ad altri soggetti e tipologie di reati, consolidate, man mano, da altri pacchetti sicurezza. Si veda l’applicazione dell’art. 41 bis del Regolamento penitenziario, nato per contrastare la mafia e ampliato a quell’arcipelago di reati per terrorismo a cui è sottoposto oggi Alfredo Cospito e altri 3 compagni da quasi 20 anni e non ultima, la detenzione di Luigi Spera in AS2 nel carcere di Alessandria accusato in maniera arbitraria e aleatoria di attentato con finalità di terrorismo per un’iniziativa di denuncia contro la multinazionale dell’apparato industriale-militare Leonardo.
Operazione che lo Stato ha condotto attraverso un’opera anche ideologica di differenziazione, desolidarizzazione, indottrinamento ed ingabbiamento delle lotte all’interno di una logica di compatibilità e legalità borghese.
Un solco continuato, via via negli anni, seguendo le varie emergenze, ergo, necessità da parte dello Stato e del capitale di portare avanti i propri piani e il proprio dominio. Solo qualche esempio: con la legge Bossi-Fini, il pacchetto sicurezza Minniti/Orlando, la legge 80/2012 nota come “piano casa Renzi-Lupi, il decreto Salvini su immigrazione e sicurezza, il decreto Cutro, Caivano .., si formalizza, attraverso una revisione di codici penali e la creazione e ampliamento di nuovi reati, chi sono i nemici da combattere: la classe subalterna che lotta in tutte le sue espressioni e forme.
Lotte che si sono espresse nel lavoro, così come nei territori, nelle scuole, come risposta ad una crisi che produce inflazione galoppante, erode sempre più i salari, precarizza le condizioni di lavoro, aumenta la speculazione e la privatizzazione, crea sempre più disuguaglianze e discriminazioni e che produrrà sempre più miseria per le classi subalterne.
Il futuro che si prospetta nella relazione di Draghi a Bruxelles non lascia dubbi: per uscire dalla forte crisi che attraversa l’UE, c’è bisogno che l’Europa sia competitiva, e la ricetta prevede investimenti di 700-800 miliardi tramite ricorso al debito comune, cioè pubblico, quindi ulteriori tagli alle politiche sociali, da riacquisire, in parte attraverso il recupero di
produttività, quindi maggior sfruttamento e risparmio sul costo del lavoro, perché l’UE
rispetto a Cina e Stati Uniti ha perso posizione in termini di produttività del lavoro e
produzione nei confronti dei colossi internazionali. “Come dice Draghi: Il bilancio dell’Ue
dovrebbe essere riformato per aumentarne l’efficacia e l’efficienza, oltre a essere
meglio sfruttato per sostenere gli investimenti privati”, istituendo “un ‘pilastro della
competitività. “La competitività dell’Ue è attualmente compressa da due lati. Da un lato, le imprese dell’Ue devono far fronte a una domanda estera più debole, soprattutto da parte della Cina, e a crescenti pressioni competitive da parte delle imprese cinesi. La quota dell’Ue nel commercio mondiale è in calo, con una notevole diminuzione dall’inizio della pandemia. Dall’altro lato, la posizione dell’Europa nelle tecnologie avanzate che guideranno la crescita futura si sta riducendo“.
“Per ridurre le sue vulnerabilità, l’Ue deve sviluppare una vera e propria politica
economica estera basata sulla sicurezza delle risorse critiche…. “con una strategia
globale che copra tutte le fasi della catena di approvvigionamento dei minerali critici,
dall’estrazione alla lavorazione al riciclaggio” .
E Draghi, unite a queste misure strutturali, non manca di porre l’accento sulla necessità di
incrementare la produzione bellica e la “difesa”, per essere preparati ad affrontare le “minacce incombenti”: “La pace è il primo e principale obiettivo dell’Europa. Ma le minacce alla sicurezza fisica sono in aumento e dobbiamo prepararci. L’UE è collettivamente il secondo Paese al mondo per spesa militare, ma questo non si riflette nella forza della nostra capacità industriale di difesa … L’industria della difesa è troppo frammentata, il che ostacola la sua capacità di produrre su scala, e soffre di una mancanza di standardizzazione e interoperabilità delle attrezzature, che indebolisce la capacità dell’Europa di agire come una potenza coesa. Ad esempio, in Europa vengono prodotti dodici diversi tipi di carri armati, mentre gli Stati Uniti ne producono solo uno.”
Crisi e guerra, sono i due pilastri principali su cui reggono le manovre in atto. Appare evidente come queste pesanti politiche antiproletarie, acutizzeranno ulteriormente le contraddizioni sociali e come sia una questione di sopravvivenza per gli Stati e il capitale evitare che sfocino in risposte conflittuali da parte della classe, difficili da controllare e gestire. La necessità di avere una società pacificata, in mancanza e nell’impossibilità di elargire ammortizzatori sociali, diventa quindi un imperativo.
Lo Stato, in apparente contraddizione con le sue stesse regole e principi di legalità,
costituzionalità, democrazia borghese nega lo stesso diritto di espressione e manifestazione del dissenso attaccando a 360° le lotte nel mondo del lavoro, sulla casa, per la difesa dell’ambiente, contro le grandi opere, le proteste nelle carceri e nei CPR, la libertà di pensiero, che, in questa fase sempre più acuta di crisi in cui versa il capitale e di guerra aperta a livello globale, rappresentano le contraddizioni sulle quali si sono sviluppate le lotte e che potrebbero in futuro porsi nella prospettiva di un cambiamento sociale complessivo.
Il DDL 1660 rappresenta in questo contesto un ulteriore tassello di erosione degli spazi
democratici in linea con la riforma del premierato: una democrazia autoritaria, in cui concetto di sicurezza è sinonimo di criminalizzazione delle lotte sociali.
Le forme più significative su cui agisce il nuovo “pacchetto sicurezza” sono l’ampliamento dei reati associativi (art. 270), l’ estensione della possibilità di revoca della cittadinanza per gli immigrati, pene pesanti per chi occupa, sostiene o solidarizza con gli occupanti; l’ aumento dell’utilizzo del daspo urbano; aggravanti per blocco stradale e ferroviario; la detenzione per le donne madri o in stato di gravidanza; la creazione del nuovo reato di “terrorismo della parole” contro chi si oppone alla realizzazione delle grandi opere (NoTav, NoPonte); il reato di rivolta, esteso anche alle forme di protesta pacifiche, nelle carceri e, per i migranti, nei CPR e nei CAS.
La necessità di controllo e di pacificazione è ancora più necessaria se si contestualizza la
situazione a livello internazionale di scontro economico e militare imposto dai poli imperialisti USA, UE e Nato. In particolare, se si legge la questione palestinese, con il genocidio in corso ad opera del sionismo israeliano con la complicità e la partecipazione attiva degli Usa e dei governi europei, Italia in primis, che ha aperto uno spiraglio, dato coraggio e rafforzato le lotte a livello internazionale. Conflitto che ha messo in evidenza le contraddizioni delle cosiddette democrazie occidentali, l’aspetto coloniale ed imperialista della guerra, il concetto di Resistenza, il rifiuto della divisione fra “buoni e cattivi”, messo in luce la necessità di una lotta internazionalista che rafforzando la lotta dei palestinesi, allude alla liberazione dal capitalismo in tutti i paesi.
È in questo scenario di rafforzamento del ruolo dell’esecutivo, di proposta del premierato, di una svolta autoritaria e di fascistizzazione del potere che va letto l’attacco oggi in atto e va inquadrato il DDL 1660 che assume un carattere “strutturale” a livello politico, economico, sociale, ideologico. Un’ operazione che crea le condizioni per una massificazione della repressione, ma soprattutto mira a sancire che non si debbano creare condizioni e velleità di cambiamento, di poter immaginare e pensare la possibilità di costruire una società diversa da quella capitalista. Assume quindi, attraverso l’azione punitiva, anche una funzione di prevenzione, deterrenza e monito.
Queste le ragioni per cui il disegno legge in discussione non è riformabile, né emendabile, ma va fermato.
A livello nazionale si è formato un coordinamento tra numerose realtà politiche, sindacali e sociali, la “Rete liberi/ e- Fermiamo insieme il DDL1660”, che attraverso lo sviluppo di una mobilitazione unitaria si pone l’obiettivo di bloccare questo progetto all’interno di una lotta più generale contro la guerra, lo sfruttamento dell’uomo e della natura.
Per rafforzare il percorso intrapreso a livello nazionale, pensiamo sia possibile attivare
concretamente anche nell’area metropolitana milanese, con tutte quelle realtà impegnate nella lotta per la casa, sul lavoro, contro i cpr, nelle carceri, contro i progetti delle grandi opere, per l’ambiente, nelle università, contro il genocidio palestinese e la guerra, un polo metropolitano, che a partire, dalla costruzione di iniziative sui territori, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, contro la proposta di legge in discussione, lavori per diventare un punto di riferimento, di discussione, organizzazione e mobilitazione metropolitano delle lotte.
Uno sforzo verso il coinvolgimento di ampi settori di classe già attivi nelle lotte, ma che si
allarghi anche a quei settori e soggetti oggi ancora silenti, condizione necessaria per, concretamente, FERMARE il DDL 1660.

Assemblea della “Panetteria Occupata”- Milano

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16 settembre: Assemblea per un nodo locale della “Rete Liberi/e di lottare: fermiamo insieme il DDL1660”

FERMIAMO IL DDL 1660
Il 10 settembre inizia alla Camera dei deputati l’iter parlamentare per l’approvazione del Disegno di legge 1660 firmato dai ministri Piantedosi – Nordio – Crosetto. Si tratta di un salto di qualità nella repressione statale che esige la più ampia, urgente ed organizzata risposta unitaria.  Va’ a colpire tutte le realtà di lotta ed i soggetti più deboli di questa società; un attacco a tutto campo contro le lotte operaie, studentesche, sociali, ecologiste, di resistenza nelle carceri e contro le guerre imperialiste.
A Roma domenica 8 settembre centinaia di compagne/i hanno espresso la volontà di costituire la “Rete Liberi/e di lottare: fermiamo insieme il DDL1660” e promuovere iniziative di denuncia e di lotta da sviluppare nei territori e a livello nazionale.
Si è sottolineata l’urgenza di una risposta che rompa il silenzio intorno a questo disegno di legge liberticida che sta avanzando rapidamente verso la sua trasformazione in legge con la totale complicità della cosiddetta opposizione parlamentare e del sistema dei mass media. Nessuno ha oggi la forza per contrapporsi da solo in modo efficace all’attacco del governo Meloni ma è necessaria una mobilitazione unitaria dai luoghi di lavoro, a quelli di studio, alle strade.
Questo disegno di legge da stato di polizia trova le sue radici nella tendenza sempre più marcata alla corsa al riarmo in un quadro internazionale in cui stanno maturando le premesse di una apocalittica guerra.
Una guerra esterna-interna che determina un’ economia di guerra, sfruttamento, carovita, smantellamento dei servizi sociali per aumentare le spese militari. Una tendenza che non nasce certo oggi con il governo Meloni, ma ha una serie di precedenti negativi, ad esempio nel decreto Renzi-Lupi, nel Decreto Minniti, nei Decreti Salvini fino all’ultimo Decreto Caivano. Con l’acuirsi del processo di crisi dell’intero sistema sociale capitalistico, cresce, e non solo in Italia, il ricorso dei governi e degli stati alla repressione delle lotte, con un impegno particolare a dotarsi di strumenti capaci di prevenire l’esplosione dei conflitti di classe e sociali.
A questo attacco sempre più generale, che colpisce non solo chi lotta ma settori sociali sempre più ampi è indispensabile dare una risposta di carattere generale e la più ampia possibile.
Per rafforzare questo percorso, per fermare il DDL1660, invitiamo tutte/i per costruire insieme, anche sul territorio milanese, momenti di dibattito, controinformazione e di lotta che raccolgano le indicazioni generali e le proposte della “Rete Liberi/e di lottare: fermiamo insieme il DDL1660” tra cui la partecipazione all’assemblea indetta dal S.I.Cobas il 29 Settembre al Teatro Centofiore (Via Corticella – Bologna) per porre le basi di uno sciopero nazionale e di una manifestazione nazionale a Roma contro il DdL, e la partecipazione della Rete con uno spezzone unitario alla manifestazione nazionale del 5 ottobre a Roma, convocata dai GPI e da altre organizzazioni palestinesi,
all’assemblea di LUNEDI 16 SETTEMBRE ALLE ORE 21 alla Panetteria Occupata in Via Conte Rosso 20 Milano.
Un ampio lavoro da portare avanti collettivamente e su cui far convergere forze, energie e lotte, con una speciale attenzione alla classe lavoratrice e ai settori giovanili del precariato, delle scuole e delle università, in vista di un’ampia opposizione al Decreto 1660 e di un più generale rilancio delle lotte contro i padroni, il governo Meloni, le guerre in corso.
Le realtà milanesi aderenti alla “Rete Liberi/e di lottare: fermiamo insieme il DDL1660”
LUNEDI 16 SETTEMBRE ALLE ORE 21
Panetteria Occupata in Via Conte Rosso 20 Milano
ASSEMBLEA PER UN NODO LOCALE della “Rete Liberi/e di lottare: fermiamo insieme il DDL1660”
Per le nuove adesioni, scrivere a fermiamoidecretisicurezza@gmail.com
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Manifesto della “Rete Liberi/e di lottare – Fermiamo insieme il DDL 1660”

Da molti anni, con i più svariati pretesti, i governi di diverso colore hanno introdotto leggi per limitare l’agibilità di scioperare, lottare, manifestare.

Il governo Meloni è deciso a proseguire questa operazione facendo un salto sia qualitativo che quantitativo rispetto ai precedenti governi attraverso il disegno di legge 1660, che il 10 settembre passa alle Camere per la discussione e l’approvazione.

Con questa “legge-manganello” il governo vuole “regolare i conti” con tutte le realtà ed esperienze di lotta in corso e creare gli strumenti giuridici necessari per stroncare sul nascere i futuri, inevitabili conflitti sociali. La sempre più marcata tendenza alla guerra sul fronte esterno richiede sul fronte interno un contesto sociale pacificato, e a questo “lavorano” tutti gli apparati dello stato.

Il DDL 1660, introducendo nuovi reati e nuove aggravanti di pena, colpisce insieme le manifestazioni contro le guerre, a cominciare da quelle contro il genocidio di Gaza, e quelle contro la costruzione di nuovi insediamenti militari; i picchetti operai; le proteste contro le “grandi opere”, la catastrofe ecologica, la speculazione energetica; le forme di lotta di cui questi movimenti si dotano per aumentare la propria efficacia come i blocchi stradali e ferroviari; le occupazioni di case sfitte. E contiene norme durissime contro qualsiasi forma di protesta e di resistenza, anche passiva, nelle carceri e nei Centri di reclusione degli immigrati senza permesso di soggiorno, perfino contro le proteste di familiari e solidali a loro supporto.

Il DDL 1660 arriva a punire anche il “terrorismo della parola”, cioè la detenzione di scritti che inneggiano alla lotta – dal momento che, gratta gratta, dietro il ricorso alla categoria “terrorismo”, usato apposta per creare paura, non c’è altro che la lotta di classe e le lotte sociali ed ecologiste.

Il DDL 1660, mentre criminalizza ogni forma di dissenso, prevede la totale impunità per le forze dell’ordine, le quali saranno ulteriormente tutelate nei casi sempre più frequenti di “abuso in divisa” e potranno portare armi anche fuori servizio : massima restrizione della libertà di lottare per tutti/e da un lato, massimo ampliamento della potestà di reprimere, picchiare e punire per le “forze dell’ordine”, messe al riparo da ogni responsabilità per i loro comportamenti.

Questo disegno di legge è parte del più generale programma reazionario del governo Meloni (Dio, patria, famiglia) ed è funzionale all’economia di guerra, alla corsa al riarmo e verso una nuova guerra globale; è scritto sotto dettatura dei comandi militari italiani, europei, NATO, e in linea con il restringimento delle libertà politiche che prende corpo in tutti i paesi del vecchio continente: lo firmano insieme, non a caso, i tre ministri dell’interno, della “difesa” e della “giustizia” (Piantedosi, Crosetto, Nordio).

Una legge liberticida, schiavista, da stato di polizia, che va assolutamente fermata!

Vogliamo unire le nostre forze per respingere questo disegno politico, e affermare che ci riterremo liberi/e di continuare a lottare.

Questo DDL va fermato: ma non saranno certo le opposizioni parlamentari a fermarlo, quelle che negli anni passati hanno varato i decreti Minniti e i decreti Salvini; quelle che sostengono fanaticamente la guerra tra NATO e Russia in Ucraina; quelle che non hanno alzato un dito contro il genocidio in Palestina perché da sempre schierate a favore dell’oppressione coloniale e razzista del sionismo contro le masse palestinesi.

Solo il rilancio delle lotte proletarie, sociali, ecologiste, e contro le guerre in corso, solo un grande movimento unitario contro questo DDL nei luoghi di lavoro, di studio e nelle piazze, potrà impedire l’approvazione della legge e, se questa verrà approvata, contrastarne l’applicazione e fare da argine alla repressione padronale e di stato: è in questa ottica che le nostre assemblee hanno avviato un dialogo tra movimenti ed esperienze che negli anni passati si sono quasi sempre reciprocamente ignorate pur cadendo tutte, in una forma o nell’altra, sotto i colpi di magistratura, polizia e carabinieri.

Per questo, dopo le due assemblee del 21 luglio e del 4 agosto, e l’assemblea indetta dal SI Cobas il 28 luglio, abbiamo messo all’ordine del giorno la costituzione di un coordinamento permanente tra i movimenti, i collettivi, gli organismi, le organizzazioni sindacali, politiche, le singole e i singoli attivisti che condividono l’obiettivo di una mobilitazione unitaria contro il DDL 1660 e il disegno militarista e guerrafondaio che esso esprime, con l’invito a costituire dei nodi locali di questa Rete per promuovere iniziative diffuse di lotta e di sensibilizzazione.

Questo coordinamento prende il nome di Rete Liberi/e di lottare – Fermiamo insieme il DDL 1660 proprio perché in gioco c’è la possibilità stessa di mobilitarsi contro le guerre in corso, contro lo sfruttamento del lavoro, il saccheggio della natura, la speculazione edilizia ed energetica, il razzismo di stato che discrimina le popolazioni immigrate, gli attacchi ai diritti acquisiti delle donne, la possibilità di resistere e lottare per i reclusi nei CPR e nelle carceri, dove ogni giorno si muore di violenza, di torture e di disperazione.

La Rete è aperta ad accogliere chi ne condivida gli obbiettivi, con tre sole (ma imprescindibili) discriminanti: essere per il totale rigetto del DDL, che non è riformabile né emendabile; essere in modo inequivoco contro le guerre in corso e l’economia di guerra, da cui il DDL nasce; impegnare le proprie forze per lo sviluppo di una mobilitazione unitaria, in autunno e oltre l’autunno, con il ricorso a tutti i mezzi di lotta necessari, inclusi quelli che il DDL vuole a tutti i costi interdire.

La vera sfida che ci attende è quella di raggiungere con la nostra propaganda e agitazione un’area della società molto più ampia di quella abitualmente coinvolta nelle proteste e nelle lotte, composta di lavoratori/lavoratrici, disoccupati/e, studenti/studentesse e persone comuni che forse intuiscono i pericoli da noi denunciati, ma ancora non si sono mossi.

Il percorso di lotta che la situazione interna ed internazionale ci prospetta come necessario non sarà breve, ma per ora cominciamo a fissarne i primi passi:

1) Domenica 8 settembre a Roma un seminario in modalità mista, in presenza e on line, nel quale l’ex-magistrato Livio Pepino, gli avvocati Marina Prosperi ed Eugenio Losco, e l’Osservatorio repressione, dopo un inquadramento di tutta la serie dei “decreti sicurezza” e della logica che li collega, sezioneranno il DDL 1660 per consentire al più largo numero possibile di attivisti/e di impadronirsi di tutti gli aspetti essenziali di esso.

2) Costruzione nel maggior numero di città possibile di coordinamenti cittadini per organizzare iniziative territoriali, “di settore”, tematiche, con l’accortezza di evitare il più possibile sovrapposizioni tra le scadenze e le mobilitazioni contro il DDL 1660, tra le quali ad oggi indichiamo:

-la manifestazione contro guerra, NATO, invio di armi e spese militari, convocata per il 21 settembre a Firenze dal Comitato NO comando NATO né a Firenze né altrove;

-l’assemblea convocata dal SI Cobas a Bologna il 29 settembre per organizzare, con il sindacalismo di base, uno sciopero nazionale contro il DDL – a cui si sono già dichiarati disponibili l’SGB e settori della CUB;

3) Manifestazione nazionale a Roma contro il governo Meloni prima dell’approvazione finale del DDL, nella quale far confluire tutte le iniziative territoriali, “di settore”, tematiche.

4) Fare appello a tutto il sindacalismo di base e combattivo perché si indica in tempi brevi (prima della manifestazione nazionale e in collegamento con essa) uno sciopero generale unitario contro il DDL, con un confronto, a settembre, tra tutte le realtà interessate.

 

Le adesioni prime adesioni (in ordine alfabetico)

Assemblea in solidarietà con la resistenza palestinese, Trento – Associazione Libertade, Sardegnaprime  – Blocchi precari metropolitani, Roma – Brescia anticapitalista – Cagliari Social Forum – Casa del popolo, Teramo – 22 comitati sardi contro la speculazione energetica – Comitato 23 settembre – Comitato No TAV di Trento – Comitato permanente contro le guerre e il razzismo, Marghera – Coordinamento dei Comitati di lotta di Roma e Viterbo – CPA Firenze – CUB Pisa – CUB Rail – “Dobbiamo vivere” / Lavoratori disoccupati e precari, Torino – GPI / Giovani Palestinesi d’Italia – International Migration Alliance / sez. Italia – Laboratorio politico Iskra – Liberare tutt*, coordinamento contro la repressione e il carcere – Madri contro la repressione – Movimento di lotta per il lavoro 7 novembre, Napoli – Movimento NO TAV – Osservatorio Repressione – Panetteria occupata, Milano – SI Cobas – SBM / sindacato di base multicategoriale, Trento – Verona per la Palestina – Tendenza internazionalista rivoluzionaria – UDAP / Unione Democratica Arabo-Palestinese – Ultima generazione – USB sociale Sardegna

per adesione inviate alla seguente email: fermiamoidecretisicurezza@gmail.com:

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3 agosto: Voci dalla Palestina – video chiamate in diretta dalla Palestina

VOCI DALLA PALESTINA
SABATO 3 AGOSTO ORE 20:00
VIDEO CHIAMATE IN DIRETTA DALLA PALESTINA
anche dopo tonnellate di bombe sganciate dall’inizio del genocidio, la voce di Gaza non può e non sarà mai spenta: nè sotto le macerie delle case distrutte nè sotto i terribili crimini del regime sionista.
Per questo motivo abbiamo organizzato un evento sabato 3 agosto dalle ore 20 alla Panetteria Occupata e in diretta su istagram per incontrare e ascoltare direttamente da Gaza le storie eroiche di coloro che vivono e lottano ogni giorno per la sopravvivenza.
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11 luglio: presidio per la liberazione di Anan, Ali e Mansour

Per la  liberazione di Anan, Ali e Mansour, tre Palestinesi arrestati dall’Italia con l’accusa di sostegno alla Resistenza Palestinese

In solidarietà alla Resistenza Palestinese, contro il genocidio, per la liberazione dall’occupazione e dal colonialismo sionista

GIOVEDI 11 LUGLIO PRESIDIO ALLA PREFETTURA DALLE ORE 19 CORSO MONFORTE 31 MILANO

LA RESISTENZA NON SI ARRESTA!

Scendiamo in piazza, portiamo la nostra solidarietà ad Anan, Ali e Mansour, mobilitiamoci per la loro liberazione. Lo stato italiano si fà complice dell’entità sionista israeliana arrestando e criminalizzando chi sostiene la lotta del popolo palestinese. Incarcerando, denunciando, reprimendo la solidarietà alla Resistenza si vuole impedire che questo movimento si estenda, si rafforzi. Un operazione preventiva di ciminalizzazione della solidarietà a cui dobbiamo rispondere con fermezza e determinazione. Dobbiamo fare in modo che Anan, Ali e Mansour escano dalle carceri italiane (attualmente sono detenuti nel circuito carcerario di Alta Sicurezza dove hanno incontrato altri compagni italiani alcuni detenuti da oltre 40 anni), che non vengano estradati nelle carceri sioniste dove sistematica è la tortura nei confronti di tutti i prigionieri palestinesi. Nelle carceri sioniste sono detenuti più di 10 mila palestinesi, donne uomini e bambini, molti in detenzione amministrativa, in condizioni disumane. Nonostante questo i prigionieri palestinesi sono un esempio di lotta e di resistenza; un esempio per continuare nella lotta per la liberazione della Palestina tutta, per la fine del colonialismo, per la Rivoluzione fino alla vittoria! Raccogliamo questo spirito rivoluzionario continuando anche nelle nostre città la mobilitazione: contro le guerre dei padroni, contro le politiche repressive dell’Unione Europea e dell’Italia. In solidarietà con tutti i rivoluzionari prigionieri rilanciamo la lotta per la loro liberazione, rafforziamo la Resistenza!

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30 giugno: Assemblea pubblica contro 41bis ed ergastolo

DOMENICA 30 GIUGNO DALLE ORE 17 AL CSOA COX 18 Via CONCHETTA 18 MILANO – L’ASSEMBLEA MILANESE CONTRO 41BIS ED ERGASTOLO

PROMUOVE UN ASSEMBLEA PUBBLICA

per continuare la lotta contro la repressione, il carcere e il 41bis, a partire dal processo per il corteo dell’11 febbraio 2023 in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito, che inizierà il 3 luglio.

Si discuterà di:

– la tortura del 41 bis e l’ergastolo

– i fatti avvenuti al carcere minorile Beccaria

– i prigionieri Palestinesi

– l’appello “Vogliamo rompere un tabù”

Il 3 luglio 2024 ci sarà l’udienza di rinvio a giudizio per 13 compagni e compagne imputati
a vario titolo di resistenza aggravata, travisamento e danneggiamento relativi al corteo
dell’11 febbraio 2023.
Quel corteo era stato chiamato in solidarietà ad Alfredo Cospito che stava rischiando la
vita per lo sciopero della fame iniziato il 20 ottobre contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo. È
stato un corteo molto partecipato come le tante iniziative che lo avevano preceduto.
La coraggiosa scelta di Alfredo insieme a quello che si era riusciti a ricavare dalle sue
parole gravemente silenziate dal regime di isolamento e di tortura del 41bis, avevano
spinto a partecipare anche chi era lontano dalle sue posizioni anarchiche.
Il fatto di non farne una battaglia personale ma anzi di estenderla a tutti i reclusi e le
recluse soggetti al regime del 41bis ha fatto sì che la voglia di sostenerlo si allargasse, e
tanto. Volantinaggi, presidi e cortei si sono succeduti sempre molto partecipati.
Il 19 aprile 2023 Alfredo Cospito ha fatto una scelta di vita, interrompendo lo sciopero della fame dopo che la Corte Costituzionale aveva emesso una dichiarazione di
incostituzionalità sui criteri del computo delle attenuanti per tutti i reati la cui pena
contempli il solo ergastolo. Dichiarazione a seguito della quale Alfredo ha ottenuto una
ridefinizione della pena dall’ergastolo a 23 anni.
Alfredo ha interrotto lo sciopero della fame e in poco tempo è tornato il silenzio.
Il 41 bis è stato, in quei mesi di mobilitazioni, messo in discussione come mai era
accaduto, ma oggi esiste ancora come prima e Alfredo, insieme a più di 700 altri detenuti
e detenute, vi è ancora rinchiuso.
Ora, vogliamo rompere questo nuovo silenzio caduto sul 41 bis, sull’ergastolo -ostativo e
non-, sulle gravissime condizioni nelle carceri per l’assenza di cure, per il cibo scadente,
per la mancanza d’acqua calda d’inverno e fredda in estate, per il sovraffollamento, per
l’assenza di quanto necessario alla sopravvivenza dignitosa. Le più recenti disposizioni
vietano pure, in alcune carceri, come quello di Opera, l’invio di pacchi e denaro ai detenuti,
se non si è autorizzati ai colloqui. Quindi, chi non ha nessuno in grado di assisterlo,
resterà ancora più privato di tutto. Senza dimenticare i continui abusi, pestaggi e brutalità
da parte degli agenti di custodia, servili secondini guardiani del potere. Quanto accaduto al
carcere minorile del Beccaria insegna.
Il carcere è la punta dell’iceberg della repressione sociale e politica che diventa sempre
più acuta man mano che le nuvole della guerra si addensano sulle nostre teste.
Polizia e magistratura sono strumenti istituiti allo scopo di contenere le contraddizioni
sociali e di attaccare i movimenti di resistenza economica e sociale contro gli effetti della
crisi, contro la devastazione ambientale, contro le politiche migratorie e le guerre del
capitale.
Nessuno deve essere lasciato solo. Dobbiamo tornare ad essere vicini, solidali e
compartecipi con Alfredo, con tutte le detenute e i detenuti al 41Bis e all’ ergastolo, con
Anan, Ali e Mansour, compagni palestinesi in carcere in Italia, con i migranti reclusi nei
CPR, con le prigioniere e i prigionieri politici rinchiusi da più di 40 anni, con i proletari
incarcerati perché esuberi di un sistema che non riesce più nemmeno a sfruttarli. E così non devono essere lasciati soli i proletari russi, ucraini, palestinesi e tutti gli altri prigionieri delle guerre del capitale.
Il processo che inizierà il 3 luglio sarà l’ occasione per ritrovare la forza di portare di nuovo
in strada il nostro grido contro il carcere e contro il 41 bis. In solidarietà a chi è inquisito
per ciò che insieme abbiamo portato avanti in quei mesi.
Chiamiamo un’assemblea pubblica per il 30 giugno al C.S.O.A Cox18 in via Conchetta, 18
dalle ore 17 per riaprire un confronto di idee e pratiche da riportare nelle strade, sempre
più urgenti in questa fase di guerre e di massacri. La Palestina è sotto un furente attacco,
un genocidio in corso d’opera. Le forze di occupazione israeliane, sostenute e alimentate
dalle potenze occidentali, stanno tentando di realizzare l’infame obiettivo di eliminare da
quella terra i suoi abitanti, i palestinesi. Nelle carceri sioniste le torture, le privazioni, le
uccisioni sono da sempre una costante, che dal 7 ottobre ha visto un atroce crescendo.
Non dimentichiamo che “Israele” è anche un laboratorio delle potenze occidentali su tanti
e diversi fronti, quello della repressione in testa.
Occorre prestare attenzione perché ciò che si sperimenta là prima o dopo arriva anche
alle nostre latitudini.

giugno 2024
Assemblea milanese contro 41 bis ed ergastolo

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