GLOBAL MOVEMENTO TO GAZA
organizza mercoledi 10 settembre dalle 20:30
Proiezione con dibattito e collegamento con
LA GLOBAL SUMUD FLOTILLA

GLOBAL MOVEMENTO TO GAZA
organizza mercoledi 10 settembre dalle 20:30
Proiezione con dibattito e collegamento con
LA GLOBAL SUMUD FLOTILLA
PROIEZIONE DEL DOCUMENTARIO E AGGIORNAMENTI SUL PROCESSO DI ANAN, ALI E MANSOUR + CENA SOLIDALE DI SOSTEGNO ALLE SPESE LEGALI
PANETTERIA OCCUPATA (VIA CONTE ROSSO 20)
DOMENICA 14 SETTEMBRE
ORE 17:00
Domenica 14 settembre ci troviamo a Panetteria Occupata per proiettare il nuovo documentario a cura del comitato Free Anan e fare il punto sul processo nei confronti di Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh. Anan è rinchiuso da oltre un anno e mezzo nel carcere di Terni, in quanto parte della resistenza palestinese contro l’occupazione sionista. Il processo al tribunale dell’Aquila, le cui prossime udienze sono state fissate al 19 e 26 settembre, è esemplare di come il sionismo reprime e criminalizza a livello internazionale, con il supporto dello stesso stato italiano, la lotta per la liberazione della Palestina.
In questo quadro si colloca la stretta repressiva che attraversa l’Europa, e l’Italia in particolare, per proteggere gli investimenti nella guerra imperialista dalla possibilità che un fronte di opposizione interna possa bloccarla.
Seguirà una cena solidale i cui ricavati aiuteranno a finanziare le spese legali di Anan, Ali e Mansour.
LIBERTÀ PER ANAN YAEESH
LA RESISTENZA NON SI ARRESTA
LA RESISTENZA NON SI PROCESSA
Da più di 20 anni il Collettivo OLGa ha fatto del rapporto diretto tra interno ed esterno del carcere un elemento di forza in un percorso sia di solidarietà che di liberazione/abolizione dal carcere. Questo rapporto concreto avviene anche tramite la corrispondenza e il libro “Non è più il carcere di una volta” ne analizza la governamentalità carceraria e le opportunità di resistenza partendo dalle parole di detenuti “in lotta”.
VENERDI 12 SETTEMBRE 2025 ALLE ORE 18:30
CON L’AUTORE MARCO NOCENTE E IL COLLETTIVO OLGa presentiamo il libro
“NON E’ PIU’ IL CARCERE DI UNA VOLTA – Lo spazio detentivo nelle lettere al collettivo OLGa” 2025 Meltemi Editore
alla PANETTERIA OCCUPATA – Via Conte Rosso 20 – Milano
Il 25 luglio il compagno Georges Abdallah sarà libero. La liberazione di Georges Abdallah, comunista libanese e combattente della resistenza palestinese, imprigionato in Francia da più di 41 anni, è stata possibile grazie ai decenni di lotte, generazioni dopo generazioni.
Georges è un simbolo della lotta e della dignità di tutti i prigionieri rivoluzionari che hanno difeso in prigione la loro identità politica anche al prezzo della loro vita.
La liberazione di Georges Abdallah è stata possibile grazie alla forte mobilitazione di sostegno e solidarietà che si è sviluppata in tutti questi anni e alla dialettica che sempre è stata viva tra Georges ed il movimento di resistenza in Libano, in Palestina, in tutte le parti del mondo. Solo in Francia il giorno prima della pronuncia della Corte d’Appello di Parigi sulla sua liberazione si sono tenute manifestazioni, che hanno raccolto l’appello della Campagna Unitaria per la Liberazione di Georges Abdallah, in 18 città (da Parigi a Tolosa, da Marsiglia a Rennes, etc…) ed altre a Beirut, Madrid, Valenzia, Barcellona, Tunisi, Vancouver …. L’importanza di questa dialettica tra i compagn* prigionier* e le lotte sociali e rivoluzionarie ci da stimolo per sviluppare anche qui, in Italia, un’ iniziativa di solidarietà e di lotta con le decine di compagne/i rinchiusi nelle carceri italiane alcun* da 43 anni nelle varie sezioni di Alta Sicurezza dove l’isolamento, la differenziazione sono la norma o con i 4 compagn* rinchiusi nel circuito carcerario di tortura del 41bis o per sostenere Anan (che da quasi due anni è detenuto nel carcere di Terni dove ha trovato altri compagni), Ali e Mansour, tre palestinesi, sotto processo all’Aquila per ribadire che la Resistenza non si arresta, la Resistenza non si processa. Una lotta per la liberazione senza condizioni di tutti i compagn*.
La liberazione di Georges Abdallah segna un passaggio importante nel processo generale nella lotta per la liberazione dal colonialismo; ogni liberazione di prigionieri/e della causa palestinese è una tappa nella lotta per la liberazione della Palestina.
Nelle carceri imperialiste, fasciste e sioniste, i prigionieri rivoluzionari resistono! La loro lotta è la nostra!
Riportiamo il comunicato del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina del 17/07/2025 (tradotto dal francese da Revue Supernova)
PER GEORGES ABDALLAH
Il Fronte Popolare si congratula con il combattente internazionalista Georges Abdallah per la sua liberazione e considera la sua fermezza una vittoria per la Palestina e la volontà del popolo libero. Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina si congratula con il compagno e combattente internazionalista Georges Abdallah per la decisione di liberarlo dopo oltre quattro decenni nelle prigioni francesi, in un’eroica ed eccezionale sfida ai più odiosi strumenti di oppressione imperialista, e mette in guardia contro ogni pressione o tentativo imperialista e sionista di ostacolare questa decisione, come è accaduto in precedenza.
Questa decisione rappresenta una vittoria per la volontà di fermezza e di resistenza rivoluzionaria e, allo stesso tempo, incarna una vittoria per la causa della Palestina, la cui bandiera questo grande leader progressista ha portato con orgoglio e decisione. La continua detenzione del compagno Abdallah, nonostante una decisione giudiziaria favorevole al suo rilascio, ha costituito una macchia sul fronte dell’imperialismo francese e americano e una palese complicità con l’entità sionista. Ricorda che questo arresto e questa detenzione sono puramente politici e costituiscono una flagrante violazione della legge e delle decisioni della magistratura francese. Egli accoglie con favore la sua posizione di principio, che rifiuta qualsiasi tentativo di ricatto e negoziazione, così come la sua insistenza sulla legittimità della resistenza palestinese, che considera un’opzione legittima e senza compromessi. Il Fronte sostiene che la detenzione di Abdallah negli ultimi anni invia un chiaro messaggio al mondo sulla necessità di combattere le forze del colonialismo e dell’arroganza globale, denunciando i crimini sionisti e imperialisti e rifiutando l’asservimento e la sottomissione. Inoltre, la sua leggendaria fermezza è un modello ispiratore per la sinistra rivoluzionaria araba e internazionale, e dovrebbe segnare l’inizio di un vero risveglio nella lotta per la liberazione nazionale e sociale, e per una Palestina libera dal fiume al mare.
Il Fronte apprezza profondamente gli sforzi di tutti i popoli liberi del mondo, in primo luogo della Campagna Internazionale per la Solidarietà di Georges Abdallah, così come di tutti i partiti, gruppi e internazionalisti progressisti, che non hanno esitato un solo istante a mantenere la pressione e la lotta per la sua liberazione, convinti che difendere Abdallah significa difendere la giustizia e la causa palestinese, che Abdallah ha fatto della sua principale linea di condotta nella sua lotta. Il Fronte apprezza anche le posizioni del compagno Abdallah nella sua prigione e il suo incrollabile sostegno ai prigionieri palestinesi nelle loro lotte, così come il suo impegno negli scioperi della fame simbolici a loro sostegno, in primo luogo per il leader incarcerato compagno Ahmad Sa’adat, segretario generale del Fronte Popolare, sottolineando che la battaglia dei prigionieri è una battaglia contro l’oppressione e il colonialismo e che la solidarietà internazionale con la lotta del popolo palestinese non è limitata dalle sbarre o confinata nelle prigioni.
Il Fronte chiede di intensificare la lotta per la liberazione di tutti i prigionieri politici e dei detenuti nelle carceri sioniste e occidentali e considera questa lotta parte integrante della lotta internazionale contro l’ingiustizia e il colonialismo.
Gloria al combattente internazionalista Georges Abdallah… Libertà per i prigionieri palestinesi nelle prigioni dell’occupazione sionista e nelle prigioni occidentali e vittoria per la Palestina e la resistenza.
PRIDE È RIVOLTA
Ci vediamo sabato 12 luglio in Panetteria Occupata, per una presentazione e discussione della fanzine sul rainbow washing realizzate da Futura.
A partire da una panoramica storica sui moti di Stonewall, passando per un’analisi politica del movimento queer e trans*, fino al rilancio di una prospettiva rivoluzionaria.
L’assemblea sarà seguita da un live di @siamocyborganafem e @yungpaninaru con il loro ultimo progetto “QUEERINALE”.
Il progetto musicale “QUEERINALE” nasce dalla collaborazione tra due artistx queer e trans*, Anafem e yung paninaru. Spaziando tra generi e confini, lx due rapper esprimono rabbia, euforia, e determinazione nella prospettiva di sganciare la musica trap dal machismo imperante all’interno della scena. L’album è un percorso tortuoso, che culmina nell’immaginazione di un futuro utopico in cui il sistema cis-etero-patriarcale è ormai acqua passata, e ognunx ha la libertà di autodeterminarsi, al di fuori delle logiche capitalistiche di produzione e riproduzione.
Il progetto è segnato, inoltre, da una forte sperimentazione a livello sonoro, attraverso la combinazione di elementi e sonorità proprie di diversi generi musicali (rap, trap, techno, hyperpop, drum&bass…).
SABATO 12 LUGLIO H. 21:00
Alla manifestazione per il diritto alla casa e alla città a Milano del 3 luglio 2025 Ci Siamo – Rete solidale ha preso parola. Questi alcuni degli interventi durante il corteo:
Il 26 aprile abbiamo occupato questo stabile (Via Brenta 41). Un posto chiuso da tempo, riaperto durante l’ emergenza COVID e poi lasciato di nuovo all’ abbandono. Le famiglie che ora vivono qui hanno conosciuto la strada e ora questo posto é casa, dove anche le famiglie che vengono separate dal sistema dell’ accoglienza posso incontrarsi. Qui vivono lavoratori e lavoratrici che producono la ricchezza di questa città: operai, magazzinieri, facchini, badanti. Sfruttati, con contratti precari e paghe basse. Inoltre il ricatto dei documenti é sempre costante, nei processi infiniti dai processi da seguire per un pezzo di carte, le code, le attese, la precarietà. Qui vivono persone utili a questo sistema e a cui non viene riconosciuta neanche la dignità di avere una casa. 14.000 mila case vuote sono un insulto per noi e per migliaia di lavoratori che vivono le stesse condizioni insieme alle loro famiglie. Siamo qui perché abbiamo bisogno di una casa ma anche perché questa lotta, questa unione ci rafforza e ci toglie da una condizione di assoggettamento. Vogliamo risposte chiare, non vogliamo promesse! Ci uniamo perché vogliamo un cambiamento, perché vogliamo emanciparci da questa miseria . Ci uniamo per lottare. Per mettere al centro le nostre necessità e i nostri desideri, perché non vogliamo essere carne per i profitti dei padroni. Vogliamo infine una vita degna per noi e per i nostri figli.
Conosciamo questo posto (Casa Jannacci in Via Ortles), é un dormitorio in cui vivono quasi 500 persone. Alcune di queste persone le conosciamo, ci incontriamo e discutiamo di ciò che si vive lì dentro. Sappiamo che le famiglie vengono divise, che la responsabilità dei figli é solo sulle spalle della madre mentre i padri vengono lasciati in strada. Le persone vengono continuamente controllate, dai loro oggetti alle loro stanze. Le persone si trovano davanti il ricatto e il disciplinamento. Gli orari di entrata e di uscita non coincidono con i ritmi di vita, di lavoro e della scuola. Vivere lì dentro: é dura! Anche per i bambini non é un luogo adatto. Il garante dell infanzia ha dichiarato che per nessuno bambino é sano passare in questo luogo. Per tutti questi motivi pensiamo che sia necessario continuare a denunciare quello che accade lì dentro e smascherare i responsabili, perché questo luogo non é la risposta ad una necessità, come quella abitativa. Noi la domenica ci incontriamo all’occupazione di via Brenta 41 alle 16.30 . Discutiamo e lottiamo assieme.
In questa fase del capitalismo la città deve essere imprenditrice di sé stessa. Così Milano è diventata la città degli eventi, la città che deve attrarre capitale, la città della finanza. In questo scenario la speculazione edilizia svolge il suo ruolo permettendo la creazione di ricchezza per chi può permettersi questi grandi investimenti.
Come si raggiunge questo obbiettivo? Bisogna lasciare grande libertà agli investitori privati. E’ necessario lasciare migliaia di appartamenti vuoti. Bisogna permettere che gli affitti aumentino senza controllo e che le classi svantaggiate lascino il posto a chi può permettersi di pagare di più e consumare di più.
Qual è il destino degli sfrattati che non possono permettersi una nuova casa in periferia? Qual è il destino dei nuclei familiari proletari che non trovano più posto in questa città? Qual è il destino dei migranti minori non accompagnati che in fuga dalla disperazione si ritrovano a Milano senza niente e senza nessuno? Spesso può succedere che chi si trova in una situazione di emergenza come queste finisca in dormitorio, perché le graduatorie delle case popolari sono bloccate così come i servizi abitativi emergenziali del comune.
Questo luogo ha una storia infame. Da quasi un secolo questo dormitorio è un passaggio praticamente sicuro dei senza casa di Milano, sia autoctoni che immigrati.
Vediamo come la storia inevitabilmente si ripete. Cambiano le epoche, gli enti gestori, mentre spazi come quello di viale Ortles 69 continuano a svolgere il loro ruolo che sempre si è rivelato e sempre sarà un fallimento. Questo ce lo dicono le testimonianze dei proletari immigrati italiani degli anni 60, che giungevano a Milano e proprio in queste mura erano costretti ad una vita da internati, fatta di controllo poliziesco e di cibo scadente. Questo ce lo dicono le persone che oggi, nella Milano del 2025, vivono questo spazio e ci raccontano cose paurosamente simili.
E’ fondamentale sottolineare che tante persone che vivono o sono passate per Casa Jannacci servono alla città di Milano. Mandano avanti gli alberghi, puliscono gli uffici, lavorano nei ristoranti… La Milano che conosciamo non ha posto per queste persone eppure le attrae a sé e campa serenamente sul loro sfruttamento; Milano ha bisogno di queste figure lavorative ma si rifiuta di dare loro e alle loro famiglie un’abitazione dignitosa
Questo intervento non è un attacco personale a chi in viale Ortles ci lavora e lo manda avanti giorno per giorno ma anzi una richiesta di confronto, perché quando lo stato si appoggia ad enti privati come Medihospes, che gestisce casa Jannacci ma anche l’hotspot e il CPR in Albania voluti dall’attuale governo, sempre le esigenze di bilancio verranno prima dei diritti sia dell’utenza che di chi qui lavora.
Rispondere alla questione abitativa (questione e non emergenza, visto che la mancanza di case è un fenomeno perenne e figlio sano di questo sistema economico) con il dormitorio significa non voler risolvere il problema, ma solo tamponarne i suoi effetti più drammatici. Un passo in avanti verso la risoluzione della questione abitativa si fa con la requisizione dei circa 80k sfitti privati, con una revisione strutturale delle politiche abitative e nuovi piani di costruzione di case a canone sociale, non con un uso miope e generalista di un’assistenza sociale snaturata.
GIOVEDI 3 LUGLIO PIAZZALE LODI (MM3) MILANO ORE 18:30
MANIFESTAZIONE PER IL DIRITTO ALLA CASA E ALLA CITTA’
partecipiamo alla manifestazione
per difendere e rafforzare le occupazioni abitative e sociali
contro speculazione e privatizzazioni
organizziamoci a partire dai nostri quartieri!
UNIT* SI VINCE
MARTEDI 10 GIUGNO ALLE ORE 11 PRESIDIO AL TRIBUNALE DI MILANO IN SOLIDARIETÀ AGLI E ALLE IMPUTATE DEL CORTEO DELL’11 FEBBRAIO IN SOLIDARIETÀ ALLO SCIOPERO DELLA FAME DI ALFREDO COSPITO.
Lo scorso 29 maggio da parte dei PM del tribunale di Milano sono state formulate le richieste di condanna nei confronti di compagn* per la manifestazione dell’11 febbraio 2023, un corteo in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito, contro il 41 bis e l’ergastolo. Richieste di pene che vanno dai sei mesi ai sei anni per differenti reati come resistenza aggravata in concorso, lancio di oggetti, travisamento e concorso morale in danneggiamento… a seguito delle quali, martedì 10 giugno, avrà luogo la sentenza di primo grado presso Il tribunale di Milano. Oltre ad esprimere solidarietà agli e alle imputate in questo processo, tutti compagn* interni a quel movimento che si è espresso, mobilitato e lottato a sostegno della lotta di Alfredo e contro il sistema carcerario, durante e dopo il suo sciopero della fame, vogliamo spendere alcune parole in più su quella lotta animata e partecipata da molti. Il corteo del’11febbraio è stata una fra le molte e differenti iniziative che si sono susseguite a Milano e in altre città d’Italia. Sin dall’inizio della mobilitazione si sono formate assemblee in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito con l’obiettivo di sostenere la lotta contro il 41 bis e l’ergastolo e fare emergere il carattere strettamente politico di tali misure e la necessità di allargare la comprensione e la partecipazione alle lotte a sempre più ampi settori sociali; prerogativa che ancora oggi riteniamo necessaria. La determinazione della lotta di Alfredo e il suo ribadire che non si trattava di una battaglia personale, erano riusciti a rompere il silenzio attorno alla tortura “democratica”, legalizzata ed istituzionalizza che, attraverso l’applicazione del 41 bis, ovvero il regime di detenzione più drastico e punitivo applicato nel circuito carcerario, lo Stato esercita nei confronti dei prigionieri, sottoponendoli all’isolamento pressoché totale, negando anche qualsivoglia “garanzia” borghese e di diritto. Un sistema carcerario il cui scopo, in realtà, è l’annullamento fisico e mentale del prigioniero, la distruzione della sua identità e dignità al fine di indurlo, con la coercizione dell’isolamento assoluto, a collaborare, a pentirsi, a denunciare qualcun altro con cui barattare il proprio posto. Il carcere, come il sistema giudiziario, è cristallizzatore di una società sempre più frammentata e diseguale volta a reprimere tutti coloro che non vogliono o possono allinearsi: un trattamento che viene riservato a chi è incompatibile con un sistema basato sullo sfruttamento. Un sistema che punta all’eliminazione, confinamento e contenimento degli attriti più forti generati dalla contraddizione capitale-lavoro. Il carcere accomuna proletari e sottoproletari, resistenti e rivoluzionari, un’alleanza pericolosa per il capitale, che ne aveva assaporato la forza tra la fine degli anni 60’ e ‘70, quando detenuti proletari e politici si erano “contaminati”, supportati dalla situazione esterna e dal momento sociale generale. La forza che i sei mesi di sciopero della fame ha mostrato, è stata, potenzialmente, la possibilità di una rottura, di scalfire questa frammentazione e divisione tra un dentro e un fuori. Oggi lo Stato rinchiude quelle lotte nelle aule di tribunale mentre le condizioni per cui Alfredo e un ampio movimento ha lottato rimangono: il 41 bis, il fine pena mai, le sezioni di AS dove da più di 40 anni decine di compagni sono sottoposti all’ergastolo, il sovraffollamento, la mancanza di cure, i suicidi e pestaggi nelle carceri. Condizioni carcerarie e aumento delle carcerazioni che peggiorano e peggioreranno contemporaneamente alle condizioni di vita e di disagio sociale, alle lotte sul lavoro, nei territori, contro il razzismo e le disuguaglianze, la guerra imperialista e a cui lo Stato e il capitale, risponde, nel clima di crisi e di guerra che ha generato, in modo sempre più autoritario e repressivo aumentando le pene già esistenti ed allargando le tipologie di reato. Così come sta già accadendo, ma sempre più, i reati contestati, siano questi per un’ occupazione di casa o suolo pubblico contro il riarmo o le fabbriche di morte, un picchetto davanti ad una fabbrica per migliori condizioni di lavoro e salariali, o un atto di disobbedienza a sostegno della resistenza palestinese, saranno reati giudicati per il loro carattere politico, per il contenuto di critica anticapitalista e/o progettualità di cambiamento che esprimono. Quello che verrà processato e la condanna ad Alfredo aveva già messo in luce, non sarà il fatto in sé, ma l’idea che lo muove, il pensiero che lo sorregge, la critica allo stato di cose esistenti. La vicenda di Anan, Alì e Mansour lo mette in luce chiaramente, il processo che si sta svolgendo all’ Aquila, è contro la messa in discussione degli interessi imperialisti, capitalisti (Italia in testa), coloniali e sionisti e con essi il sostegno alla Resistenza e lotta di liberazione del popolo palestinese. È un processo contro l’idea di un progetto di cambiamento politico-sociale- economico in Palestina, ma, potenzialmente, in tutti i paesi capitalisti. Sostenere e solidarizzare con Anan, Mansour, Alì, così come con i prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane dove continuano a resistere, nonostante la tortura e la morte scandiscano la quotidianità e siano costretti a vivere in condizioni disumane, significa contribuire alla loro e nostra resistenza e liberazione dal giogo capitalista. Sostenere oggi i compagni* sotto processo significa mantenere vive le lotte passate e guardare a quelle future. Continuare a rompere questo silenzio, lottare contro questo stato di cose, organizzarsi di fronte alle condizioni e alla natura violenta e strutturale del carcere tutto, allo sfruttamento nei luoghi di lavoro, alle guerre imperialiste e al razzismo di Stato è necessario, è giusto.
PANETTERIA OCCUPATA
Venerdi 6 giugno partecipiamo al presidio in Piazza della Scala ORE 16:45 in solidarietà alla lavoratrice licenziata per aver gridato PALESTINA LIBERA!
Tutta la nostra vicinanza e solidarietà alla lavoratrice del Teatro alla Scala che con
coraggio ha rotto il muro di silenzio in quello che dovrebbe essere il tempio della
cultura, della libertà e dei diritti, rivendicando la libertà per il popolo palestinese.
Una giovane coraggiosa ancor più perché l’ha gridato in faccia a chi è complice* del
genocidio in corso per mano dell’entità coloniale sionista israeliana, a chi ha la
responsabilità degli accordi e degli affari commerciali, soprattutto forniture e
vendite di armi, di cooperazione nella ricerca di tecnologie dell’informazione e
della comunicazione, comunicazioni di dati, software e cybersicurezza con
l’entità sionista e contemporaneamente aumenta le spese militari e toglie
finanziamenti alle scuole, agli ospedali, all’assistenza, alle case popolari… e
reprime, con nuove norme e pene, ogni forma di critica, di dissenso e lotta
anche pacifica attraverso il nuovo pacchetto sicurezza diventato legge.
L’azienda la licenzia perché “ha tradito la fiducia disobbedendo a ordini di
servizio”.
L’obbedienza a cui fa riferimento la direzione della Scala è quella cieca, acritica, della
paura, del silenzio e della complicità; frutto dell’ipocrisia di chi si spende a
profusione ad organizzare eventi in solidarietà e raccolta fondi per l’Ucraina e
davanti ad un genocidio di un popolo in maggioranza bambini , giovani e donne,
chiude gli occhi e criminalizza, per non dispiacere i potenti, chi ha la coscienza e il
dovere morale e politico di denunciarlo.
L’obbedienza a cui fa riferimento la lettera di licenziamento fa ritornare in mente
uno dei periodi storici più neri e la propaganda che sui manifesti infestava i muri
“credere, combattere, obbedire”
È evidente che una sanzione così grave, esagerata, può essere giustificata e letta
solo come una punizione esemplare che serva da esempio per chiunque non si
pieghi all’”obbedienza”; è un monito e un deterrente perfettamente in linea con il
clima di guerra che si sta vivendo e le risposte repressive messe in atto
quotidianamente a colpi di fogli di via, denunce, anni di galera, contro ogni forma di
dissenso sociale, lavorativo, ogni lotta contro il razzismo, lo sfruttamento, il
colonialismo, il progetto di sterminio sionista del popolo palestinese.
Ci uniamo ai 700 lavoratori della Scala e a tutti quelli che hanno e continuano a
manifestare solidarietà nei tuoi confronti, cara giovane lavoratrice.
Non sei sola, continueremo a sostenerti perché la tua battaglia è la nostra ,è la
stessa per la difesa della libertà di critica, di pensiero, per la costruzione di una
società libera dal razzismo, dalla povertà, dall’ingiustizia, dall’oppressione.
PANETTERIA OCCUPATA
*Alla serata del 4 maggio organizzato dall’Asian Development Bank (Adb), dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze e dalla Banca d’Italia erano presenti il presidente del
consiglio Meloni, il ministro Georgetti, il governatore della Banca d’Italia.
Tra i membri del consiglio di amministrazione della Banca Asiatica di Sviluppo
c’è il ministro Bezalel Smotrich, figura nota per le sue posizioni estremiste,
razziste (definisce i palestinesi degli animali ) e per il sostegno attivo
all’occupazione militare..
S.O. FUTURA presenta “PORPORA”: documentario sulla vita e militanza politica di Porpora Marcasciano, figura chiave nel movimento di liberazione queer e trans* degli anni ’70.
H. 19 – ritrovo
H. 19.30 – cena vegana a offerta libera
H. 20 – proiezione documentario
H. 21 – dibattito su lotta queer e trans*: militanza, associazionismo e prospettive future
in seguito: momento di socialità