Alla manifestazione per il diritto alla casa e alla città a Milano del 3 luglio 2025 Ci Siamo – Rete solidale ha preso parola. Questi alcuni degli interventi durante il corteo:
Il 26 aprile abbiamo occupato questo stabile (Via Brenta 41). Un posto chiuso da tempo, riaperto durante l’ emergenza COVID e poi lasciato di nuovo all’ abbandono. Le famiglie che ora vivono qui hanno conosciuto la strada e ora questo posto é casa, dove anche le famiglie che vengono separate dal sistema dell’ accoglienza posso incontrarsi. Qui vivono lavoratori e lavoratrici che producono la ricchezza di questa città: operai, magazzinieri, facchini, badanti. Sfruttati, con contratti precari e paghe basse. Inoltre il ricatto dei documenti é sempre costante, nei processi infiniti dai processi da seguire per un pezzo di carte, le code, le attese, la precarietà. Qui vivono persone utili a questo sistema e a cui non viene riconosciuta neanche la dignità di avere una casa. 14.000 mila case vuote sono un insulto per noi e per migliaia di lavoratori che vivono le stesse condizioni insieme alle loro famiglie. Siamo qui perché abbiamo bisogno di una casa ma anche perché questa lotta, questa unione ci rafforza e ci toglie da una condizione di assoggettamento. Vogliamo risposte chiare, non vogliamo promesse! Ci uniamo perché vogliamo un cambiamento, perché vogliamo emanciparci da questa miseria . Ci uniamo per lottare. Per mettere al centro le nostre necessità e i nostri desideri, perché non vogliamo essere carne per i profitti dei padroni. Vogliamo infine una vita degna per noi e per i nostri figli.
Conosciamo questo posto (Casa Jannacci in Via Ortles), é un dormitorio in cui vivono quasi 500 persone. Alcune di queste persone le conosciamo, ci incontriamo e discutiamo di ciò che si vive lì dentro. Sappiamo che le famiglie vengono divise, che la responsabilità dei figli é solo sulle spalle della madre mentre i padri vengono lasciati in strada. Le persone vengono continuamente controllate, dai loro oggetti alle loro stanze. Le persone si trovano davanti il ricatto e il disciplinamento. Gli orari di entrata e di uscita non coincidono con i ritmi di vita, di lavoro e della scuola. Vivere lì dentro: é dura! Anche per i bambini non é un luogo adatto. Il garante dell infanzia ha dichiarato che per nessuno bambino é sano passare in questo luogo. Per tutti questi motivi pensiamo che sia necessario continuare a denunciare quello che accade lì dentro e smascherare i responsabili, perché questo luogo non é la risposta ad una necessità, come quella abitativa. Noi la domenica ci incontriamo all’occupazione di via Brenta 41 alle 16.30 . Discutiamo e lottiamo assieme.
In questa fase del capitalismo la città deve essere imprenditrice di sé stessa. Così Milano è diventata la città degli eventi, la città che deve attrarre capitale, la città della finanza. In questo scenario la speculazione edilizia svolge il suo ruolo permettendo la creazione di ricchezza per chi può permettersi questi grandi investimenti.
Come si raggiunge questo obbiettivo? Bisogna lasciare grande libertà agli investitori privati. E’ necessario lasciare migliaia di appartamenti vuoti. Bisogna permettere che gli affitti aumentino senza controllo e che le classi svantaggiate lascino il posto a chi può permettersi di pagare di più e consumare di più.
Qual è il destino degli sfrattati che non possono permettersi una nuova casa in periferia? Qual è il destino dei nuclei familiari proletari che non trovano più posto in questa città? Qual è il destino dei migranti minori non accompagnati che in fuga dalla disperazione si ritrovano a Milano senza niente e senza nessuno? Spesso può succedere che chi si trova in una situazione di emergenza come queste finisca in dormitorio, perché le graduatorie delle case popolari sono bloccate così come i servizi abitativi emergenziali del comune.
Questo luogo ha una storia infame. Da quasi un secolo questo dormitorio è un passaggio praticamente sicuro dei senza casa di Milano, sia autoctoni che immigrati.
Vediamo come la storia inevitabilmente si ripete. Cambiano le epoche, gli enti gestori, mentre spazi come quello di viale Ortles 69 continuano a svolgere il loro ruolo che sempre si è rivelato e sempre sarà un fallimento. Questo ce lo dicono le testimonianze dei proletari immigrati italiani degli anni 60, che giungevano a Milano e proprio in queste mura erano costretti ad una vita da internati, fatta di controllo poliziesco e di cibo scadente. Questo ce lo dicono le persone che oggi, nella Milano del 2025, vivono questo spazio e ci raccontano cose paurosamente simili.
E’ fondamentale sottolineare che tante persone che vivono o sono passate per Casa Jannacci servono alla città di Milano. Mandano avanti gli alberghi, puliscono gli uffici, lavorano nei ristoranti… La Milano che conosciamo non ha posto per queste persone eppure le attrae a sé e campa serenamente sul loro sfruttamento; Milano ha bisogno di queste figure lavorative ma si rifiuta di dare loro e alle loro famiglie un’abitazione dignitosa
Questo intervento non è un attacco personale a chi in viale Ortles ci lavora e lo manda avanti giorno per giorno ma anzi una richiesta di confronto, perché quando lo stato si appoggia ad enti privati come Medihospes, che gestisce casa Jannacci ma anche l’hotspot e il CPR in Albania voluti dall’attuale governo, sempre le esigenze di bilancio verranno prima dei diritti sia dell’utenza che di chi qui lavora.
Rispondere alla questione abitativa (questione e non emergenza, visto che la mancanza di case è un fenomeno perenne e figlio sano di questo sistema economico) con il dormitorio significa non voler risolvere il problema, ma solo tamponarne i suoi effetti più drammatici. Un passo in avanti verso la risoluzione della questione abitativa si fa con la requisizione dei circa 80k sfitti privati, con una revisione strutturale delle politiche abitative e nuovi piani di costruzione di case a canone sociale, non con un uso miope e generalista di un’assistenza sociale snaturata.
