19 febbraio ore 18:30 presidio davanti al Consolato francese Via C.Mangili 1 Milano (mm3 Turati) promosso da Solidali con la Palestina
LIBERTÈ POUR GEORGES ABDALLAH – LIBERTÈ POUR LA PALESTINE
Lo scorso novembre il Tribunale che regola l’applicazione delle pene ha autorizzato la liberazione di Georges Ibrahim Abdallah a condizione che lui ritorni in Libano, una decisione storica che però è stata immediatamente sospesa per l’opposizione della Procura nazionale antiterrorismo. La Corte d’Appello di Parigi si pronuncerà quindi il 20 febbraio sulla domanda di liberazione condizionale di quello che viene definito “il più longevo prigioniero politico d’Europa”. Abdallah è in carcere da 41 anni e questo ci ricorda come nelle stesse condizioni anche lo Stato italiano tiene in carcere da più di quarant’anni (alcuni dal 1982) 16 militanti delle Brigate Rosse, oltre a tre compagne/i sottoposti da ormai 20 anni al regime carcerario speciale dell’art. 41Bis, che mira al loro annientamento attraverso il totale isolamento con l’esterno e tra gli stessi prigionieri.
Un punto che deve stimolare una riflessione sull’intera vicenda di Georges Abdallah è ricordare come il governo USA sia intervenuto ripetutamente intimando al governo francese di mantenere gli impegni presi: mantenere in carcere il compagno, utilizzando una motivazione strumentale secondo la quale “Le giurisdizioni per l’applicazione delle pene non prevedono la concessione di libertà condizionale al condannato non ancora posto in regime di semilibertà”.
Così come non va dimenticato il ruolo dell’imperialismo francese nelle politiche di aggressione militare contro i popoli oppressi, spesso celato dagli “interventi umanitari” come nel caso dell’attacco alla Libia, la presenza in Senegal in Costa d’Avorio, e varie operazioni nel Sahel a protezione delle forniture di uranio provenienti dalle miniere del Niger; una presenza coloniale in costante evoluzione.
Ma anche l’Italia è tra gli Stati UE che stanno cercando di giocare un ruolo in vari paesi così come in Libia; in continuità con il proprio passato coloniale, ha assunto il ruolo di controllo dei flussi migratori, in qualità di paese europeo di primo arrivo per i migranti e richiedenti asilo che transitano. Se poi vogliamo sintetizzare la sua strategia, in senso ironico ovviamente, essa sarebbe inquadrabile nel paradigma “guardare l’Africa come opportunità”.
Oltre a tutto questo c’è il ruolo dell’entità sionista nella vita di Georges. Due anni prima dell’arresto in Francia, avvenuto a Lione nel 1984, con l’Operazione Pace in Galilea i sionisti guidati da Ariel Sharon attaccano il Libano e la destra falangista libanese, con l’appoggio israeliano, compiendo la strage nel campo profughi di Sabra e Chatila a Beirut, massacrando per tre giorni, a metà settembre, uomini, donne, anziani e bambini. Un massacro a lungo rimosso, simbolo di come l’Occidente volti lo sguardo altrove quando i propri alleati commettono i peggiori crimini di guerra, come avviene ripetutamente da 77 anni quando si tratta di Palestina e palestinesi. L’attacco sionista fece 25mila morti e quasi il doppio dei feriti tra il popolo libanese e 3.500 nel solo campo profughi di Sabra e Chatila.
Quindi la vita del compagno Georges Abdallah, prima militante del Fronte Popolare della Liberazione della Palestina, ferito nel Sud del Libano nel 1978 durante il primo tentativo di occupazione sionista, si intreccia con la lotta per la liberazione del popolo arabo contro il sionismo e o le complicità occidentali con Israele.
Abdallah, è ancora in carcere come monito/esempio per il rifiuto di disfarsi delle proprie convinzioni politiche e la Francia e i suoi alleati, gli Stati Uniti e Israele, cercano di imprigionare le idee di Georges Abdallah e l’eredità dei movimenti rivoluzionari che hanno agitato il continente negli anni.
E’ in carcere perché si è sempre battuto per la liberazione delle masse popolari arabe e palestinesi, perché appartiene a quella generazione di comunisti, da Che Guevara, a Abu Hani, a George Habash e tanti altri, che hanno dato all’internazionalismo la dimensione di lotta rivoluzionaria senza confini, combattendo su diversi fronti nei paesi semicoloniali e cercando di estenderla anche ai centri del potere imperialista, restituendogli “in casa” la loro guerra contro i popoli.
Georges è sempre stato solidale verso i prigionieri palestinesi e non solo: partecipando ai vari scioperi della fame ha costantemente espresso sostegno alle lotte sociali in Francia portando un contributo attivo contro la repressione dei movimenti.
Durante questi 40 anni di detenzione Abdallah ha mantenuto fermamente la sua posizione di combattente e questo suo atteggiamento ha alimentato, al tempo stesso, il sostegno di chi lo vede come un eroe della resistenza e l’odio dei sionisti e dei loro alleati.
La sua liberazione ed il ritorno in Libano rappresentano un segnale per il movimento di resistenza palestinese ed un valore simbolico innegabile. Per molti libanesi e palestinesi è considerato un prigioniero che ha sacrificato la sua vita per una causa più grande: la liberazione della Palestina. Anche questa può essere parte di una risposta all’arroganza di Trump che, da uomo d’affari, ha avanzato la proposta di comprare la Striscia di Gaza ed espellere tutti i gazawi. Sicuramente il suo ritorno è un implicito riconoscimento delle legittime lotte dei popoli oppressi soprattutto in un momento storico come l’attuale, dove si tenta sotto diverse forme di far passare per “terrorismo” l’appoggio ed il sostegno alla Resistenza palestinese. E, il nostro paese è fra quelli sempre pronti a dare dimostrazioni di “complicità” con la logica imperialista e sionista del diritto del più forte. Emblematico è il caso dei tre palestinesi tutti con protezione speciale o con status di rifugiato: Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh, arrestati un anno fa con l’accusa di terrorismo. Anan è ancora rinchiuso nel carcere di Terni mentre Ali e Mansour sono in libertà provvisoria e il 26 febbraio saranno chiamati all’udienza preliminare, anticamera del processo contro di loro. Cosi come per Abdallah diventa urgente mobilitarsi, esprimendo tutto il nostro sostegno e facendo della solidarietà un’ arma contro la repressione.
Dal giorno del loro arresto ci sono state continue mobilitazioni che hanno richiesto la loro liberazione ed espresso la piena solidarietà alla resistenza palestinese, il rifiuto di giustificare i crimini sionisti e la volontà di unire le varie lotte per la liberazione non solo della Palestina. Il genocidio a Gaza e 15 mesi di devastazioni su tutto il territorio di Palestina, nonostante la sofferenza e la morte, hanno reso ancora più forte il legame fra la popolazione palestinese e la resistenza, di libanesi, yemeniti, altri popoli oppressi che non si arrendono e lottano contro il colonialismo, il sionismo, il capitalismo per la libertà della propria terra, per il futuro. Con tutti loro siamo parte di un fronte di resistenza che non deve fermarsi.
Con questo spirito partecipiamo al presidio di Mercoledì 19 febbraio al Consolato Francese di Milano.
Georges Abdallah nella sua storia racchiude tutto questo.
Panetteria Occupata