Riportiamo intervento introduttivo per inconto del 28 maggio “Un viaggio in Palestina. Una settimana in aprile 2022”:
Nella locandina di presentazione dell’iniziativa abbiamo posto in modo un po’ provocatorio la domanda “Perché si è deciso di intitolarla Viaggio in Palestina”?
Anche se tutte le ragioni partono da una osservazione della realtà che negli anni abbiamo imparato a conoscere, attraverso i racconti e le immagini dei palestinesi stessi e dei tanti solidali che sono riusciti ad arrivare in Palestina, noi non siamo dei semplici “osservatori” ma abbiamo sempre sostenuto la resistenza del popolo palestinese che dura, nelle sue molteplici forme, da 74 anni.
Un popolo che rifiuta di essere diviso e isolato, che è costantemente sottoposto ad interminabili controlli, a limitazioni nella libertà di movimento, rapinato della terra, dell’acqua, della sua storia e cultura dall’entità sionista; un popolo dove non c’è famiglia che non abbia un parente nelle prigioni israeliane.
Nonostante l’alto prezzo pagato giorno dopo giorno e l’ignobile narrazione fatta dal sionismo al mondo che pone sullo stesso piano oppressore ed oppressi, con una strategia ben precisa volta a far accettare e rafforzare il consenso verso l’occupante e le sue tattiche, ad esempio: il muro dell’apartheid che ha convertito la vita in carcere, i check point, l’arresto dei minori per il lancio di sassi, le strade per soli
israeliani, ecc. Tutto questo attraverso l’uso scientifico dei mass media, mistificando la realtà e imponendo una narrazione nella quale il sistema di occupazione è il risultato del perenne tentativo di “difendersi dagli attacchi” del popolo palestinese.
Quindi con l’occupazione delle terre (basta vedere l’evoluzione dal 1946 della carta geografica della Palestina) e se non avete a casa un vecchio atlante geografico di almeno 70 fa’, fate fatica a rendervi conto che la parola “Palestina” è sparita da ogni testo attuale. Questo popolo sostiene ed unisce vari aspetti della resistenza: quella popolare di Beta (tramite una campagna che chiamano “stato di confusione” che unisce metodi tradizionali a tattiche nuove come l’uso di laser, altoparlanti e rumori
che sembrano esplosioni durante la notte), quella nel campo di Jenin e di altri campi profughi, la coesione delle tribù beduine nonostante il continuo assalto della pulizia etnica, la resistenza di Al-Quds, quella dei territori del ’48 esplosa agli occhi del mondo occidentale con lo sciopero del maggio 2021, la resistenza di Gaza.
Nonostante l’occupazione, il razzismo e l’apartheid mirino allo svuotamento della Terra di Palestina dalla presenza di popolazione autoctona con rappresaglie, eccidi, torture (come quelle subite dalla stragrande maggioranza dei prigionieri palestinesi), nonostante la pianificazione scientifica del contenimento di ogni forma di dissenso
(va ricordato che tali sistemi vengono “esportati” come fossero caciotte e che dopo ogni attacco a Gaza i sionisti organizzano fiere/esposizioni di prodotti militari visitate dagli esperti di tutto il mondo e testate sui Gazawi) e che abbiamo davanti un popolo che si batte contro un esercito agguerrito, nonostante tutto questo i palestinesi non hanno bisogno di lezioni da nessuno su come resistere all’occupazione.
Tanto meno da noi, che nonostante le “parole d’ordine roboanti” attualmente non siamo in grado di resistere neppure a qualunque tipo di riforma capestro. (vedi Sanità, Scuola, Lavoro, Pensioni … ecc.)
Prima di concludere volevamo sottolineare che dopo il ritorno dal viaggio che ci verrà raccontato, si sono verificati tre episodi significativi:
1. La morte della giornalista di Al Jasira Shireen colpita alla testa dalle forze di occupazione mentre seguiva un’invasione del campo di Jenin l’11 maggio ed il ferimento del giornalista Ali Samoudi che era con lei, colpito alla schiena
2. La storia degli otto villaggi di Masafer Yatta e lo sfollamento di circa 1.000 bitanti, che il tribunale israeliano ha deciso di demolire con il pretesto della costruzione di un poligono di tiro. In realtà i terreni saranno ceduti per la costruzione di colonie e l’ampliamento di altre già esistenti, per ospitare ebrei israeliani nati e vissuti altrove. (da notizie riportate da Dirar Taffeche compagno palestinese che alcuni di noi hanno conosciuto)
3. Il tentativo d’intitolare il ponte Adriano di Via Padova, su proposta di De Chirico (F.I.) a David Ben Gurion primo capo di governo di Israele, entità occupante considerata invece “unica democrazia nell’area del Medio Oriente”.Il tutto mentre a Roma vengono intitolati dei giardini al sionista Rabin.
Al termine dei racconti dell’esperienza di viaggio utile a capire quello che un vissuto diretto trasmette, lasceremo spazio alla discussione su quello che noi possiamo e vogliamo fare per lottare contro il sionismo qua ed a sostegno anche delle campagne internazionali per boicottare Israele e l’economia di colonizzazione (vedi BDS, vedi Samidoun, etc…)
Panetteria Occupata – Milano 28 maggio 2022